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domenica 28 ottobre 2012

QUELLO DI WELSH



Me lo trovo davanti all’improvviso. Un vero bestione. La pelle del viso chiara, spruzzata di lentiggini. Cranio rasato. Indossa un vecchio giubbotto di pelle e jeans luridi. Al collo porta una sciarpa bianca e verde. È davvero grosso ma non mi fa paura, perché il suo sguardo non è cattivo.
“È qui che c’è il fùtbal?” mi chiede con voce strascicata. Noto che gli mancano due incisivi.
“Lo stadio, vuoi dire? Sì, si trova due isolati più in là. Anch’io sto andando alla partita.”
“Sai mica chi gioca?” chiede ancora.
Sebbene un po’ sorpreso da tale domanda, glielo dico. Lui approva con un grugnito.
“Dov’è la tua banda?” mi fa.
“Quale banda?”
“I tuoi ragazzi. Mica ci andrai da solo alla partita, no? Se c’è da menare le mani come fai? Gli altri ti rompono il grugno.”
“Ma che dici? Non vado alla partita per fare a botte, ma per tifare per la mia squadra.”
“Una volta non era così. Ci si dava bastonate da pazzi. Sai le teste rotte… E quelli che ci venivano con la lama? Quelli erano i più rognosi, perché proprio quando non te l’aspettavi tiravano fuori il coltello e ti bucavano a tradimento, quei fottuti vigliacchi! E la pula interveniva sempre troppo tardi, prima lasciavano che ci legnassimo per bene, poi arrivavano loro e prendevano qualcuno a caso, sempre quelli che non c’entravano niente, e li portavano al gabbio. Una notte e via, finché non era passata la sbronza.”
Devo togliermi di torno questo esaltato, penso.
“Si può sapere chi sei?” gli chiedo.
“Io? Sono uno di Welsh.”
“Eh? E che sarebbe Welsh? Il posto da dove vieni?”
Lui fa segno di no con la grossa mano. Il giubbotto si apre e vedo il suo ventre prominente, da gran bevitore di birra. Il tanfo che proviene dai suoi indumenti è notevole. Acqua e sapone, del tutto sconosciuti, pare.
“Ma no! È uno scrittore, uno delle mie parti. L’hai mai sentito?”
Rifletto un attimo. In effetti ricordo di aver letto, tempo fa, un romanzo di quello scrittore scozzese, Irvine Welsh. Non era affatto male.
“Aspetta” faccio. “Che cosa vorresti dire?”
“Voglio dire che sono uno di loro, uno di quelli di Welsh, dei suoi libri, cioè…”
“Un personaggio?” domando, sbalordito.
“E che ne so? Sono nei suoi libri, ecco tutto” risponde l’energumeno, un po’ spazientito.
“Se è così come dici, che cosa ci fai qui? Siamo tutto da un’altra parte.”
“Senti, a me non frega un cazzo di dove sono. L’ importante è che ci sia il fùtbal, perché è l’unica cosa che mi interessa.”
“Questo lo avevo capito, però ti ribadisco che questo non è il tuo posto. Tu non stavi a Edimburgo?”
“Sì, quando ero nei libri stavo proprio lì. Sai, sono nato vicino al porto, a Leith per la precisione. Anche tutti gli altri figli di puttana che ho sempre frequentato sono venuti al mondo in quello schifo di posto. Tutta gente delle case popolari, come me. Siamo cresciuti tutti insieme, e ne abbiamo combinate di tutti i colori. Poi però, invecchiando, ci siamo un po’ persi di vista. Qualcuno di loro ha pure fatto una brutta fine. Che vuoi, girava troppa droga e quella merda prima o poi ti distrugge; alcuni avevano la mano lesta e riuscivano a sbarcare la giornata ma alla fine li hanno beccati e sono finiti a marcire in galera.”
“Aspetta, e tutto questo l’avresti fatto nei libri? Cioè, non sul serio?” chiedo.
“E che vuol dire? Tu parli un po’ troppo difficile e non è che ti capisco proprio. L’ho fatto, e basta. Che cazzo c’entra se dentro o fuori dai libri?”
“Ma tu li hai letti quei romanzi? Quelli dove c’eri dentro tu, dico.”
Il vecchio teppista scoppia in una grassa risata. Nel farlo, schizza un po’ di saliva. Mi sposto di lato. Poi si calma.
“Quando andavo al pub vedevo che gli altri si passavano di mano quei giornali, quelli del fùtbal, ma a me non interessavano. Lì sopra ci scrivevano solo delle cagate, e io preferivo parlare e ridere con gli amici e sfotterli. I libri non so neppure da che parte prenderli in mano, invece.”
“Sai leggere, vero?”
“Ehi! Stai in guardia, amico! Per chi cazzo mi hai preso? Per un ignorante? Guarda che io scuola ci sono andato, eccome se ci sono andato! Ho fatto tutte le elementari ed ero uno dei più bravi, perché gli altri mi sembravano tanti idioti. I miei vecchi ci tenevano che andavo a scuola! Ma poi dopo, alle medie, mi sono un po’ perso. Preferivo andarmene in giro per le strade a cazzeggiare e a combinare guai e a scuola ci andavo un giorno sì e tre no e sempre i vecchi a quel punto non sapevano più che farne di me. Alla fine ho smesso e mi hanno mandato a lavorare. Facevo un po’ di tutto, consegnavo le bibite e i giornali e altre cose così perché in fabbrica non ci volevo andare e tanto non mi avrebbero manco preso perché ero troppo giovane.”
Sono sempre più sbalordito. Da dove diavolo è spuntato fuori un simile elemento?
“Quindi te ne ha fatto fare di cose il buon Welsh!” esclamo, non sapendo cos’altro dire.
“Ci puoi scommettere! Quello è un tipo tosto. Ci ha sempre passato, a me e ai miei amici, tutta la roba che volevano: erba, coca e anfe voglio dire, a volte persino troppa tanto che eravamo sempre sballati e fuori di testa. Per non parlare del bere. Ogni volta che entravo al pub una bella pinta non mi è mai mancata. E quando scolavo la prima, tutta di un fiato, ne arrivava subito un’altra. Che serate, cazzo!”
“E poi, che hai fatto?” chiedo.
“E che ne so! Ne ho fatte talmente tante che non me le ricordo tutte. Sai che mi sono pure sposato?”
“Sul serio?”
“Sì, roba da non crederci! Lei era una cassiera del market, una sciacquetta tutta brufoli e con le gambe storte. Mi sono rotto le palle di mia moglie dopo pochi mesi e me ne sono andato perché quel tipo di passera ti riesce a rovinare. l’esistenza. D’accordo, l’ho lasciata un po’ nella merda perché quella stronza era pure incinta, ma non me ne fregava nulla. Quando poi ho saputo che aveva scodellato il pupo volevo tornare, per dare almeno un’occhiata al prodotto finito, ma lei e quei bastardi dei suoi genitori non me l’hanno permesso. Pensa che sono persino andati dal giudice, quei fottuti rotti in culo! Allora ho mandato tutti al diavolo e me ne sono andato a Londra, ma questo nel libro successivo.”
“Accidenti! Che vita romanzesca!” gli faccio, ma lui non si accorge della presa per il culo, per mia buona sorte.
“Puoi ben dirlo! Garantito!” risponde lui, piuttosto compiaciuto. “Ehi! Che ne dici se andiamo a farci un goccetto al pub?” aggiunge, entusiasta all’idea.
“Guarda che qui non ci sono pub. Non siamo a Edimburgo, e neppure a Londra.”
“E chi se ne fotte? Ci sarà pure un qualche lurido locale dove danno da bere a chi ha la gola asciutta, no?”
“Possiamo andare in un bar, ma siamo troppo vicini allo stadio e non credo ci serviranno alcolici. Mi dispiace.”
“Cristo! In che razza di merdoso paese sono capitato? Che cazzo sta combinando Welsh?”
“Welsh? Il tuo scrittore? Scusa se te lo dico ma ho l’impressione che il tuo amico ti abbia abbandonato. Non gli servi più, ormai ti ha completamente spremuto.”
“Ehi! Bada a come parli, ti vuoi beccare un cazzottone sul muso?”
“Stai calmo, amico. Volevo soltanto che tu ti rendessi conto che non sei più dentro a un libro. Devi decidere tu che cosa vuoi fare, ora.”
Il bestione cambia espressione. Corruga la fronte e riflette a lungo. Mi fa un po’ pena, in verità.
“Cazzo! Non ne ho la minima idea!” dice infine.
“Non ti preoccupare, ti ci abituerai. Vieni, andiamo alla partita, poi si vedrà. Mani a posto, però!”

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