Gli ultimi sondaggi lo
danno addirittura sotto il quindici per cento. Un disastro, un autentico tonfo,
qualcosa di inimmaginabile fino a pochi mesi fa. Si sta parlando del PDL, naturalmente, il partito di plastica di
Silvio Berlusconi, pure lui in caduta libera in quanto a consenso personale. In
realtà, sarebbe più corretto dire il partito guidato da Angelino Alfano, poiché
il Cavaliere negli ultimi tempi si è un po’ defilato e ha passato la mano al
presunto delfino: tuttavia il giovane politico siciliano non è assolutamente
riuscito a sottrarsi alla curatela del padre-padrino, e la sua azione alla
guida del PDL è risultata più che
fallimentare. Tanto da spingere lo stesso Berlusconi a prendere le distanze da
tale catastrofica gestione. Sarebbe ingeneroso, in ogni caso, attribuire l’intera
responsabilità al comunque incapace Alfano, dal momento che la inarrestabile
decadenza del partito ha origini lontane, fin dalla sua fondazione.
Uno sfascio completo,
dunque. Ognuno tira l’acqua al proprio mulino, tutti appaiono indecisi se
abbandonare la nave che sta affondando oppure se tentare l’ennesima rinascita,
che appare però impossibile e soprattutto improponibile. Anche il vecchio e imbolsito
leader sembra incerto sulla strada da percorrere per arrestare la china che
porta al mortificante oblio. Un capo che è confuso, senza idee, privo del tutto
proprio di quelle spettacolari (e ingannevoli) trovate che ne hanno
caratterizzato l’operato fin dalla discesa in politica. Un Berlusconi, come
sempre, impegnato a difendersi in Tribunale e, nel contempo, ad attaccare e
delegittimare la Magistratura. Un giochetto che non riesce più bene come una
volta, che è diventato penoso. Così come sono apparse patetiche le sue
dichiarazioni spontanee, l’altro giorno, di fronte ai giudici milanesi. Come
avrà fatto, ci si domanda, la procuratrice Boccassini a reprimere le risate
ascoltando quelle parole farneticanti, quasi comiche. Professionalità, tanta
professionalità…
Berlusconi, nell’eventualità
di una sua candidatura, sta pensando di formare una lista personale che possa
coalizzarsi con ciò che rimane del suo vecchio partito (trasformato così in bad
company!), lo stesso progettano di fare gli ex-AN,
alcune deputate vicine al vecchio (quanto vicine?) hanno costituito un gruppo a
sé, i “Fratelli d’Italia”, l’inguardabile Santanché propone invece di azzerare
tutto, di ripartire da capo, anche se non si comprende in che modo, perché lei
non lo dice. Ma poi nessuno fa nulla, tutti stanno a guardare, desolati e
impotenti di fronte a un tale sfacelo, a una tanto vertiginosa perdita di
consensi.
Eppure queste sono
tutte persone che hanno attraversato un’intera stagione politica, durata quasi
un ventennio. Individui indecorosi che, tranne brevi intermezzi, hanno
governato il paese, determinandone il completo sfacelo, a tutti i livelli, non
ultimo quello morale.
Ognuno dà la colpa all’altro,
tutti danno la colpa a Gianfranco Fini, il traditore, l’uomo che, con la sua
diserzione, ha avviato il triste epilogo. Nessuno compie la minima autocritica,
meno di tutti Silvio Berlusconi, il vero responsabile della deriva, l’anima
nera.
Un intero elettorato,
quello di destra, rischia di non avere nessuno a cui rivolgersi per essere
rappresentato, e questo a pochi mesi dalle elezioni politiche. Un’occasione
forse irripetibile per la sinistra, predestinata a vincere, al di là della
legge elettorale che sarà utilizzata per il voto. Una possibilità, forse l’ultima,
per dimostrare che è possibile governare bene, perseguendo il rigore necessario
per questi tempi difficili, ma senza perdere di vista equità e solidarietà,
senza lasciare indietro chi è più disagiato, chi ha tanto patito la crisi
economica. E tutto questo in un paese nel quale le idee conservatrici comunque continuano
a essere prevalenti, e che forse prevarranno anche in futuro. Un modello che,
tuttavia, nel futuro passaggio elettorale risulterà gioco forza minoritario,
causa delusione, scoramento e indifferenza di tante persone che non si
sentiranno rappresentate e che si tireranno indietro, preferiranno rimanere in
attesa. Un varco nel quale dovranno insinuarsi le forze del progresso, una
posizione che poi dovrà essere difesa con decisione. E questo potrà essere
fatto con successo in una sola maniera, l’unica possibile, attraverso un’azione
di governo finalmente virtuosa.
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