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domenica 30 aprile 2017

LO SPIRITO GIUSTO


Sono in pieno svolgimento le primarie del Partito Democratico, consultazione tra iscritti e simpatizzanti per la scelta del segretario e dei componenti dell'Assemblea Nazionale. Si tratta, senza dubbio, di un momento democratico molto importante. Il PD è l'unico movimento politico italiano che utilizza tale strumento ed è pure il solo partito attuale che, pur tra mille problemi, conserva al suo interno un dibattito politico autenticamente libero e democratico. Anche in questa giornata non sono mancate le polemiche, rinfocolate soprattutto da Beppe Grillo, il quale ha definito le consultazioni del PD "elezioni a pagamento" e le ha messe a confronto con le famigerate primarie on-line messe in pratica dal suo partito (perché di partito si tratta e non di movimento come viene fatto credere) che spesso hanno sfiorato il ridicolo causa il numero irrisorio di partecipanti. Grillo dimentica che il suo partito (e suo sta per "di sua proprietà") il segretario neppure ce l'ha, e tantomeno un'Assemblea Nazionale, mentre ha invece uno (o più) padroni. Ma lasciamo da parte le stupide diatribe e andiamo al seggio.
Giunto di fronte al circolo sede della consultazione ho un sobbalzo: la fila di persone inizia sulla strada per proseguire su una scala e infine nel locale deputato al voto. Un'affluenza alta, ben oltre le previsioni della vigilia. Unica nota stonata è l'età media dei partecipanti al voto: sui sessant'anni. Dove sono i giovani? Che cosa fanno e, soprattutto, che cosa pensano? Mentre attendo con pazienza il mio turno un uomo mi si avvicina.
"Sembra che ci sia l'intera federazione giovanile" dice con ironia. Poi prosegue: "Mi scusi, ma la mia era soltanto una battuta. D'altra parte io ho ottant'anni". Lo guardo bene. Non ne dimostra più di settanta.
Il tempo passa. Prima un quarto d'ora, poi mezz'ora, e io sono sempre in rassegnata attesa. Qualcuno, tra le persone che aspettano, comincia a brontolare. Qualcun'altro manifesta evidenti segni di insofferenza. Si sa, aspettare non è piacevole. In piedi, per giunta. Il brusio si alza di tono. In un angolo, seduta su una sedia che qualche volenteroso ha procurato, c'è una signora anziana, molto anziana, con evidenti problemi di deambulazione, che tuttavia non ha voluto rinunciare ad esprimere il suo voto. A un tratto la donna si alza in piedi, con fatica. In una mano stringe il certificato elettorale, necessario per poter votare, nell'altra impugna un bastone. Lo agita verso i più impazienti e dice: "Bisogna venire a votare con lo spirito giusto, altrimenti è meglio rimanere a casa". Tutti zitti e la coda, come per miracolo, inizia a procedere più spedita.

lunedì 24 aprile 2017

VACCINO? SÌ, GRAZIE


Luis Pasteur ed Edward Jenner si rivoltano nella tomba. Emil Adolf von Behring si copre gli occhi per non vedere, sconsolato. Albert Bruce Sabin e Jonas Edward Salk mettono da parte tutte le reciproche incomprensioni e, dal loro sonno eterno, esprimono comune indignazione. Di che cosa stiamo parlando? Di vaccinazioni, naturalmente.
Negli ultimi tempi, a più riprese, sempre di più viene messa in discussione l'efficacia dei vaccini. Qualcuno parla di una loro presunta pericolosità. Si è venuta così a creare una combattiva fazione anti-vaccini spinta, come sempre accade in questi casi, da ragioni puramente ideologiche, se non addirittura integraliste, e non supportata da significative motivazioni scientifiche.
Vengono tirate in ballo le presunte speculazioni delle grandi aziende farmaceutiche, che pure esistono e sono sempre esistite, come se tali mercanteggiamenti non avvenissero anche su altri prodotti farmaceutici. Eppure nessuno si è mai sognato di mettere in discussione, per esempio, l'utilità degli antibiotici, farmaci che anch'essi possono, in teoria, produrre gravi effetti collaterali nonché indurre intolleranze individuali. La verità è che tutti hanno paura di ammalarsi di polmonite mentre nessuno nutre il reale timore di poter contrarre il vaiolo. Spetta allo Stato, in ogni caso, operare i necessari controlli e mettere in atto la doverosa sorveglianza affinché non vi siano speculazioni sulla salute dei cittadini e che i prodotti commercializzati risultino verificati e sicuri. E questo senza dubbio avviene.
I maestri di scuola elementare, quando chi scrive era un ragazzino, durante gli anni Sessanta, elogiavano gli scienziati citati in apertura, li indicavano come veri e propri benefattori dell'umanità. Che cosa è cambiato da allora?
Partiamo dall'inizio. Che cosa sono le vaccinazioni? Sono una difesa preventiva indispensabile per la salute, il cui utilizzo ha consentito di limitare e, in alcuni casi, di annullare nel corso di pochi decenni la mortalità dei bambini vaccinati e di molteplici forme di disabilità. Una protezione, sicura e assai rilevante, avvenuta contro patologie gravi e potenzialmente mortali che erano diffuse da millenni.
Quali sono i vaccini più comuni? Sono: antivaioloso, antirabbico, antitetanico, antipoliomielitico, antitubercolare, antinfluenzale, antiepatite-A e i vaccini plurivalenti (ad esempio quello trivalente) e molti altri. Il ministero della Sanità del nostro paese ha stabilito che, attualmente, le vaccinazioni obbligatorie debbano essere quattro: antidifterite, antitetanica, antipoliomielite, antiepatite virale B. Si sta comunque pensando di estendere tale obbligo anche ad altre vaccinazioni.  
Su che cosa si basa il meccanismo della vaccinazione di massa? Una delle sue principali caratteristiche è la capacità di provocare la cosiddetta immunità di gruppo (o di branco), vale a dire il fatto che rendendo immune la maggior parte degli individui di una popolazione, anche chi  non è venuto in contatto con il microrganismo causa della malattia risulta protetto. In tal modo si  interrompe la catena di contagio. Naturalmente in base a quanto è infettivo un microbo sono necessarie percentuali diverse di individui vaccinati per indurre un'immunità di gruppo. Si ritiene generalmente che serva almeno l'80% della popolazione vaccinata per permettere che questo succeda. Ci sono molte dimostrazioni di epidemie scoppiate a causa di più o meno sensibili diminuzioni della percentuale di vaccinazione nella popolazione, che hanno determinato una riduzione dell'immunità di branco. Ne rappresentano un esempio i casi di morbillo nel Regno Unito del 1988, l'epidemia di difterite nei paesi ex-URSS della metà degli anni Novanta. nonché altri casi di morbillo negli Stati Uniti nel 1980.
Quali possono essere invece i possibili rischi legati alle vaccinazioni? Dal momento in cui fu stabilito di somministrare in via organizzata i vaccini per proteggere le popolazioni da malattie infettive potenzialmente mortali, la comunità scientifica ha ammesso nei vaccini stessi un certo livello di rischio e di incertezza, poiché errori durante la preparazione degli stessi possono condurre alla contaminazione con proteine e organismi non attenuati e i microbi stessi possono regredire allo stato non attenuato. Esistono poi, a livello individuale, delle ipersensibilità da parte di alcuni individui, delle quali si deve sempre tenere conto. L'efficacia e la sicurezza di ogni vaccino, così come per i farmaci, sono controllate tramite sperimentazioni cliniche concentrate anche su .possibili effetti collaterali. Complicanze e rischi, che sono comunque rari, non incidono tuttavia sull'efficacia della vaccinazione, la quale non porta quasi mai a conseguenze gravi come numerosi studi hanno dimostrato. Inoltre è sempre opportuno ricordare che, per quanto i soggetti vaccinati siano esposti agli stessi antigeni che causano la malattia, la quantità di antigeni presenti nel vaccino sarà sempre minore rispetto alla quantità di batteri vivi e microrganismi a cui si è esposti quotidianamente. Infine non bisogna dimenticare che molte delle malattie infettive che i vaccini hanno contribuito e contribuiscono a debellare non sono più presenti da anni nei paesi sviluppati e le popolazioni di questi paesi spesso non sono più consapevoli degli effetti devastanti a cui queste patologie possono condurre.
Quali sono le eventuali complicanze legate alle vaccinazioni? Le complicazioni, anche se rare, esistono soprattutto per i vaccini attenuati che possono indurre aggravamenti simili a quelli causati dal decorso naturale dell'infezione. Ciò che interessa ai fini della sicurezza dei vaccini è che la rilevanza di effetti collaterali dopo una vaccinazione è comunque inferiore a quella dopo l'infezione naturale. Studi indipendenti hanno provato che dei 75 milioni di vaccini anti-morbillo somministrati tra il 1970 e il 1993, solo 48 hanno portato allo sviluppo di una encefalopatia. Il rischio di sviluppare complicanze in seguito a un'infezione naturale di morbillo e in seguito alla vaccinazione non sono, a livello statistico, assolutamente paragonabili, talmente è bassa l'incidenza nel secondo caso.
È necessario, a questo punto, e sempre deve essere fatto quando si affronta un argomento di rilievo nonché controverso, ricorrere all'aiuto della storia e ai suoi insegnamenti. A tale proposito si ritiene opportuno considerare e ricordare una vicenda-simbolo: la lotta contro la poliomielite.
La poliomielite è stata una malattia che, per anni, stupì i ricercatori. I primi casi si registrarono a partire dal 1835 e la sua diffusione fu continua e sempre più estesa. Occorse molto tempo per comprendere che il virus veniva trasmesso tramite le feci e le secrezioni di naso e gola, risiedeva nell'intestino per poi muoversi fino al cervello e al midollo spinale. Negli Stati Uniti, durante le grandi epidemie di polio del 1914 e del 1919, medici e infermieri procedevano a ispezioni casa per casa per identificare le persone infette. I bambini sospettati di essere malati di poliomielite venivano ricoverati in ospedale e i loro parenti erano messi in quarantena finché si era sicuri che non fossero infetti. Non potevano neppure andare al funerale se il bambino moriva in ospedale. Pochi minuti dopo l'annuncio che la grave malattia era stata finalmente sconfitta, (era il 12 aprile 1955) la notizia dell'evento si diffuse rapidamente attraverso i notiziari radio e i telegiornali. Da una parte all'altra degli Stati Uniti ci furono festeggiamenti spontanei. Tutte le attività si fermarono al giungere della notizia: il sindaco di New York interruppe un consiglio cittadino per dare il lieto annuncio. Dal mattino successivo i politici di tutto il paese fecero di tutto per riuscire a congratularsi con Jonas Salk, e parecchi di loro si proposero di conferirgli onori e medaglie speciali. Alla Casa Bianca fu messa in programma una cerimonia per la consegna a Salk di una speciale medaglia presidenziale che lo designasse quale benefattore dell'umanità. Il suo successo fu dichiarato "una vittoria per l'intera nazione". Jonas Salk divenne così famoso in tutto il mondo nel giro di una notte e fu ricoperto di onorificenze. Il governatore della Pennsylvania fece coniare un'apposita medaglia, e il legislatore di Stato gli assegnò una cattedra universitaria. Furono inoltre istituite otto borse di studio a suo nome per studenti di medicina. Il 12 aprile divenne quasi un giorno di festa nazionale: le persone osservavano qualche minuto di silenzio, suonavano le campane, davano fiato alle trombe e ai fischietti, sparavano a salve, brindavano, abbracciavano i bambini, frequentavano le chiese e sorridevano agli estranei. Non sempre, tuttavia, tutto procede nel migliore dei modi. Proprio in riferimento al vaccino anti-polio, l'onestà intellettuale impone di riferire di quello che fu chiamato il Cutter Incident. I Cutter Laboratories erano, nel 1955, una delle numerose case farmaceutiche che avevano ottenuto la licenza dal governo degli Stati Uniti per produrre il vaccino antipolio di Salk. Un errore determinò la produzione di un'ingente quantità di vaccini Cutter contaminati dal virus vivo. Si trattò di uno dei peggiori disastri farmaceutici nella storia degli Stati Uniti e provocò l'esposizione al virus della poliomielite da parte di diverse migliaia di bambini, con 56 casi di paralisi e cinque decessi. Un tragico errore, uno dei tanti di cui è purtroppo costellata l'ormai lunga storia della farmacologia, ma non per questo si deve buttare via il bambino con l'acqua sporca, cioè non bisogna buttare via ciò che vale insieme a ciò che va eliminato.
La morale finale di tutto il discorso è che argomenti così delicati come quello delle vaccinazioni devono essere affrontati con equilibrio e razionalità, senza giudizi pre-confezionati e senza considerare più di tanto chi, privo di alcun titolo e di alcuna specifica preparazione e conoscenza, pronuncia valutazioni e opinioni del tutto concettuali e senza fondamento.

domenica 16 aprile 2017

CULLE VUOTE

Periodicamente si torna a parlare, quasi sempre in maniera allarmistica, del calo di natalità che interessa la società occidentale. A fare la voce più grossa, in queste occasioni, sono i paladini della difesa dell'identità nazionale. La diminuzione del numero di nascite significa, per loro, una minaccia seria alla tipicità della nazione. Sgombriamo subito il campo da qualsiasi fraintendimento e diciamo che, in assoluto e con il significato di solito attribuito, l'identità nazionale non esiste. Così come, logica conseguenza, non sussiste il concetto di razza, se non nella mente disturbata di qualche fanatico.
L'identità nazionale, se proprio la si vuole in qualche modo definire, non è altro che la cultura di una nazione. E per cultura si intende l'insieme delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di un popolo, collegate ai vari passaggi evolutivi, al contesto storico e alle condizioni ambientali. In sintesi gli aspetti culturali sono in continua trasformazione e, soprattutto, prodotti e alimentati dalla contaminazione, la quale contribuisce in maniera determinante ad arricchirli e ad incrementarne il valore.
Tutt'altra questione è quella rappresentata dall'aspetto puramente demografico del problema. Il nostro pianeta conta, allo stato attuale, quasi sette miliardi e mezzo di abitanti. Stime attendibili dell'ONU prevedono che, nel 2050, i dimoranti sulla terra saranno circa nove miliardi. Una cifra enorme, alla quale contribuiranno in special modo i paesi in via di sviluppo. La domanda è: il nostro esausto pianeta è in condizione di ospitare una tale esorbitante massa di abitanti? In teoria sì, in pratica la faccenda è assai diversa, e seria. Le risorse potrebbero essere, secondo ipotesi, sufficienti. Tuttavia l'enorme disparità nella distribuzione di tali risorse, e della derivante ricchezza, destinata a pochi, suscita preoccupazione riguardo la sorte delle future generazioni. E tutto fa prevedere che la sperequazione rimarrà tale, anzi sarà destinata ad avere un ancora maggiore incremento.
Alla luce di tutto ciò gli allarmismi riguardanti i massicci fenomeni migratori in atto negli ultimi anni appaiono essere eccessivi, fermo restando la necessità di un loro, seppure minimo, governo. La redistribuzione regolata sul pianeta di una quantità di abitanti (molti dei quali giovani) non può che rappresentare una salutare valvola di sfogo per ridurre la pressione demografica in zone del pianeta povere o tormentate da conflitti nonché contribuire a trasfondere energia nuova in realtà vecchie, stanche e immobili.
Pur nell'esistenza di un quadro così inquietante è comunque opportuno tenere sempre conto di un punto di vista tutt'altro che trascurabile, vale a dire la libertà, per qualsiasi essere umano, di poter mettere al mondo un figlio. Prerogativa che, per nessuna ragione, può essere limitata o, ancora peggio, negata.