Oggi si sono svolte, in
numerose città, nuove manifestazioni di protesta da parte di docenti e studenti
della scuola. L’espressione di un malcontento generale e diffuso che dura ormai
da tanto tempo. Ci si lamenta, giustamente, dei tagli che hanno colpito in
maniera dura e indiscriminata l’intero impianto del sistema educativo. Il
ministro Profumo, in fondo quasi incolpevole, che si è trovato a gestire una
riforma sciagurata e non sua, è sempre più oggetto di aspre contestazioni.
La scuola italiana si
trova in una condizione di grande crisi, le numerose e dissennate riforme e
controriforme degli ultimi anni la stanno precipitando su una china pericolosa,
si rischia di non riuscire più a tornare indietro, a invertire la disastrosa tendenza.
Unica nota positiva
odierna, in un quadro comunque triste e desolante, è che non ci sono stati, tra
i dimostranti e le forze dell’ordine, gli incidenti che al contrario avevano
turbato le manifestazioni della scorsa settimana.
Allora la polizia era
intervenuta in modo assai violento: cariche del tutto inopportune, manganellate
a destra e a manca, studenti trascinati a forza su selciato, strattonati e malmenati,
abbondante utilizzo di lacrimogeni. Insomma, uno spettacolo indegno per un
paese che si definisce democratico. I piccoli gruppi di dimostranti più
facinorosi, comunque disarmati, potevano e dovevano essere resi innocui
adottando sistemi più morbidi. I cortei, anche quando non ottemperano agli
accordi presi su modalità di svolgimento e percorso, possono comunque essere
contenuti senza necessariamente intervenire con misure aggressive e finalizzate
soltanto alla pura repressione. Come sempre avviene in questi casi, non sarebbe
corretto imputare ai singoli agenti impegnati la responsabilità riguardo al comportamento
poco ortodosso da loro tenuto. Le manchevolezze stanno più in alto, ai vertici,
a livello di Questure e Prefetture e, perché no, di Ministero dell’Interno.
Nessuno, tra questi personaggi, ha avuto la sensibilità istituzionale di
tentare di spiegare, se non di giustificare, un atteggiamento così punitivo nei
confronti degli innocui studenti. Tantomeno si è sentita in dovere di farlo,
meglio se in Parlamento, la ministra Cancellieri, e ciò ha rappresentato per
molti una inaspettata delusione.
I giovani devono
crescere e maturare nella consapevolezza di avere sempre la possibilità di manifestare
(in modo pacifico) il loro dissenso, esercitando così una libertà fondamentale.
Il soffocamento delle forme di disaccordo e di critica, se condotto dallo Stato
con un eccessivo uso della coercizione, indebolisce il tessuto democratico, nel
nostro caso già assai sfrangiato.
I ragazzi, inoltre, nel
loro percorso educativo, dovrebbero imparare a nutrire una fiducia assoluta nei
confronti delle forze dell’ordine, elemento importante e fondamentale per il
mantenimento della sicurezza di tutti e della pacifica convivenza tra i cittadini.
Operando come è stato fatto, tale credito si depaupera rapidamente e la
conflittualità sociale aumenta a dismisura, così come diminuisce in maniera
altrettanto rapida l’assegnamento sulla funzione dello Stato stesso.
Ci si ricordi senza
sosta che stiamo parlando di giovani, più o meno meritevoli, più o meno
informati, più o meno impegnati, ma che saranno in ogni caso i cittadini di
domani.
È preferibile
ascoltarli, questi ragazzi, sia quando hanno ragione sia quando hanno invece
torto, piuttosto che prenderli a botte. Si tratta pur sempre di un ottimo
investimento.
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