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venerdì 26 ottobre 2012

L'ACCORDO



Lui lo stava aspettando, immobile, sulla soglia di quella povera abitazione. Giuda si avvicinò con cautela, con quella particolare circospezione che contraddistingueva ogni suo gesto. Conosceva bene quell’uomo, eccome se lo conosceva, eppure provava sempre nei suoi confronti un certo timore. Non che ne avesse paura, ciò che sentiva era piuttosto una sorta di trepidazione dovuta alla soggezione, alla preoccupazione di essere di continuo valutato e di conseguenza giudicato. Un’inquietudine strana, segno tangibile della consapevolezza della sua inferiorità, di una sua evidente inadeguatezza di fronte a quell’individuo provvisto di enorme carisma, di un fascino mistico al quale non era possibile sfuggire. Giuda salutò con un profondo inchino, quale segno di grande umiltà.
“Mio padre vuole vedermi morto” disse l’uomo dai lunghi capelli, facendogli cenno di rialzarsi.
Giuda fu sorpreso da quelle parole dirette, che non ammettevano replica. Senza comprendere, e non sapendo che cosa rispondere, si limitò ad annuire. Poi seguì l’uomo all’interno della casa.
Si ritrovarono in una grande stanza spoglia. Al centro c’era un lungo tavolo, ed era imbandito.
“Maestro, perché dici questo?” domandò Giuda, più che altro per rompere quel silenzio che lo metteva a disagio.
“Siediti” fu la risposta, accompagnata da un lieve sorriso. Giuda obbedì, e subito dopo gli fu servita una coppa di vino. Aveva sete, e bevve il fresco nettare con avidità. 
“Tra un po’ arriveranno anche tutti gli altri” disse l’uomo. “Nel frattempo desidero parlare con te, da solo.”
“Dimmi, Maestro.”
“Starai di sicuro pensando che il mio è un genitore crudele.”
“No, non intendo…” cercò di ribattere Giuda, ma l’uomo dai lunghi capelli gli intimò di tacere con un lieve cenno.
“All’improvviso non sono più confuso” disse. “Ho finalmente compreso quale sia il suo progetto. E ho capito quale ruolo ricoprirò in esso: si tratta di una parte che prevede la morte.”
Giuda rabbrividì, l’ultimo sorso di vino gli andò di traverso. Iniziò a tossire.
“Non ti turbare, amico mio. Guardami, non sono mai stato così sereno. In ogni caso, anche tu fai parte di questo grande disegno, nel quale gli uomini sono semplici pedine. Ed io ho bisogno del tuo aiuto.”
“Maestro, puoi chiedere al tuo servo qualsiasi cosa. Anche l’estremo sacrificio” disse Giuda, con enfasi.
L’altro piegò il capo di lato, lo squadrò a lungo, poi gli appoggiò una mano sulla spalla.
“Non sarà necessario arrivare a tanto. Il tuo compito sarà più semplice, non dovrai sacrificare la tua vita.”
“Ordina, ed io eseguirò” disse Giuda, e nello stesso tempo si domandò perché il Maestro avesse deciso di rivolgersi proprio a lui tra tutti i suoi discepoli.
“Dovrai recarti al Tempio e parlare con i sacerdoti.”
“Lo farò, anche se ho paura. Il coraggio mi ha sempre fatto difetto ma riuscirò a vincere la mia solita apprensione. Dimmi, che cosa dovrò riferire loro?”
“Dovrai confermare i loro sospetti. Dirai loro che sono a capo di una cospirazione, che ne hai avuto prova frequentandomi. È ciò che loro vogliono sentire, non aspettano altro. Riceverai una ricompensa, ti daranno del denaro in cambio delle tue informazioni.”
“No!”
“Lo accetterai, invece. A quel punto il tuo incarico sarà terminato, dovrai tornare a casa e attendere il procedere degli eventi.”
“Che cosa ne dovrò fare del denaro?” domandò Giuda, ancora sbigottito.
L’uomo dai lunghi capelli sorrise di nuovo.
“Non temere, quel denaro non sarà il prezzo del tradimento, come tu di certo paventi, ma soltanto il compenso per il nostro accordo, del quale nessuno dovrà sapere nulla. Lo puoi tenere, dunque. E farne ciò che vuoi.”
“Che ne sarà di te, Maestro?”
“Nulla che non sia già stato scritto. Mi verranno a prendere, ed io lascerò fare. Sarò processato e poi giustiziato.”
“No! È terribile!”
“Amico mio, così è stato deciso e questo accadrà. Non è possibile interferire con la volontà del Padre.”
Giuda si inchinò nuovamente, questa volta in segno di sottomissione e assoluta obbedienza.
Poi si udirono delle voci provenire dall’esterno. E risate.  
“Sono arrivati” disse Giuda.
Il Maestro assentì. Il suo sguardo era vuoto, la sua espressione divenne all’improvviso pensierosa. Sembrava stare in quella nuda stanza soltanto con il corpo, non più con la mente.
                                                                              
Giuda percorre senza meta quel terreno di roccia e sabbia, al di fuori delle mura. Accanto a lui sfilano miseri arbusti assetati e ricoperti di polvere fine. È livido in volto, disperato, colmo di angoscia. Non sa che cosa fare, non sa dove andare. La sua mente è annebbiata e confusa. A tratti si ferma, si batte più volte un pugno sul petto, si maledice. Poi riprende a camminare a capo chino. In una mano stringe una piccola borsa di cuoio. A un certo punto sembra notarla, allora si ferma di nuovo. La soppesa a lungo, poi slega il laccio che la chiude. Lascia sfilare sul palmo quelle grosse monete luccicanti, una dopo l’altra, quindi stringe le dita e, portando di scatto il braccio dietro la schiena, lancia il denaro che si spande nel deserto. Una semina tragica, che non darà mai alcun frutto. Quindi suggella l’azione con un grido bestiale, poi inizia a correre, una corsa folle tra le pietre, che termina soltanto quando prevale il completo sfinimento.
Giuda allora si inginocchia a terra, sul volto impolverato una smorfia di infinito dolore, la sofferenza di un animale ferito, e piange.
Quando infine rialza il capo, in direzione del sole che sta calando, li vede. Dapprima riconosce Pietro, poi Giacomo e Andrea, quindi tutti gli altri. Vorrebbe scappare, andare a rintanarsi in qualche anfratto buio per non uscire mai più, invece rimane immobile. I suoi amici lo raggiungono e, senza pronunciare una sola parola, lo attorniano. Sui loro volti, un tempo benevoli, Giuda legge soltanto odio e disprezzo.
“Alzati, traditore!” dice infine Pietro. “Vattene, e non farti vedere mai più!” Poi sputa nella sua direzione, con rabbia.
Giuda, con gli occhi bassi, curvo come un vecchio, si allontana con passi incerti. Dietro di lui percepisce soltanto cupi borbottii, qualche ringhio sordo, un digrignare di denti. Allora si ferma e si volta.
La prima pietra lo colpisce in piena fronte. È grossa e aguzza, e provoca una profonda lacerazione. Sente il sangue scorrere, inondare gli occhi. Le altre arrivano subito dopo, in rapida successione. E poi ancora e ancora, tra sbuffi cupi e grida bestiali. Quando i sassi cominciano ad accumularsi sul suo corpo martoriato e steso a terra, Giuda ormai non sente più nulla.

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