Lui lo stava
aspettando, immobile, sulla soglia di quella povera abitazione. Giuda si avvicinò
con cautela, con quella particolare circospezione che contraddistingueva ogni
suo gesto. Conosceva bene quell’uomo, eccome se lo conosceva, eppure provava sempre
nei suoi confronti un certo timore. Non che ne avesse paura, ciò che sentiva
era piuttosto una sorta di trepidazione dovuta alla soggezione, alla
preoccupazione di essere di continuo valutato e di conseguenza giudicato.
Un’inquietudine strana, segno tangibile della consapevolezza della sua
inferiorità, di una sua evidente inadeguatezza di fronte a quell’individuo
provvisto di enorme carisma, di un fascino mistico al quale non era possibile
sfuggire. Giuda salutò con un profondo inchino, quale segno di grande umiltà.
“Mio padre vuole
vedermi morto” disse l’uomo dai lunghi capelli, facendogli cenno di rialzarsi.
Giuda fu sorpreso da
quelle parole dirette, che non ammettevano replica. Senza comprendere, e non
sapendo che cosa rispondere, si limitò ad annuire. Poi seguì l’uomo all’interno
della casa.
Si ritrovarono in una
grande stanza spoglia. Al centro c’era un lungo tavolo, ed era imbandito.
“Maestro, perché dici
questo?” domandò Giuda, più che altro per rompere quel silenzio che lo metteva
a disagio.
“Siediti” fu la
risposta, accompagnata da un lieve sorriso. Giuda obbedì, e subito dopo gli fu
servita una coppa di vino. Aveva sete, e bevve il fresco nettare con
avidità.
“Tra un po’ arriveranno
anche tutti gli altri” disse l’uomo. “Nel frattempo desidero parlare con te, da
solo.”
“Dimmi, Maestro.”
“Starai di sicuro
pensando che il mio è un genitore crudele.”
“No, non intendo…”
cercò di ribattere Giuda, ma l’uomo dai lunghi capelli gli intimò di tacere con
un lieve cenno.
“All’improvviso non
sono più confuso” disse. “Ho finalmente compreso quale sia il suo progetto. E
ho capito quale ruolo ricoprirò in esso: si tratta di una parte che prevede
la morte.”
Giuda rabbrividì,
l’ultimo sorso di vino gli andò di traverso. Iniziò a tossire.
“Non ti turbare, amico
mio. Guardami, non sono mai stato così sereno. In ogni caso, anche tu fai parte
di questo grande disegno, nel quale gli uomini sono semplici pedine. Ed io ho
bisogno del tuo aiuto.”
“Maestro, puoi chiedere
al tuo servo qualsiasi cosa. Anche l’estremo sacrificio” disse Giuda, con
enfasi.
L’altro piegò il capo
di lato, lo squadrò a lungo, poi gli appoggiò una mano sulla spalla.
“Non sarà necessario
arrivare a tanto. Il tuo compito sarà più semplice, non dovrai sacrificare la
tua vita.”
“Ordina, ed io
eseguirò” disse Giuda, e nello stesso tempo si domandò perché il Maestro avesse
deciso di rivolgersi proprio a lui tra tutti i suoi discepoli.
“Dovrai recarti al
Tempio e parlare con i sacerdoti.”
“Lo farò, anche se ho
paura. Il coraggio mi ha sempre fatto difetto ma riuscirò a vincere la mia solita apprensione. Dimmi, che cosa dovrò riferire loro?”
“Dovrai confermare i
loro sospetti. Dirai loro che sono a capo di una cospirazione, che ne hai
avuto prova frequentandomi. È ciò che loro vogliono sentire, non aspettano
altro. Riceverai una ricompensa, ti daranno del denaro in cambio delle tue
informazioni.”
“No!”
“Lo accetterai, invece.
A quel punto il tuo incarico sarà terminato, dovrai tornare a casa e attendere
il procedere degli eventi.”
“Che cosa ne dovrò fare
del denaro?” domandò Giuda, ancora sbigottito.
L’uomo dai lunghi
capelli sorrise di nuovo.
“Non temere, quel
denaro non sarà il prezzo del tradimento, come tu di certo paventi, ma soltanto
il compenso per il nostro accordo, del quale nessuno dovrà sapere nulla. Lo puoi
tenere, dunque. E farne ciò che vuoi.”
“Che ne sarà di te,
Maestro?”
“Nulla che non sia già stato scritto. Mi verranno a prendere, ed io lascerò fare. Sarò processato e poi giustiziato.”
“No! È terribile!”
“Amico mio, così è
stato deciso e questo accadrà. Non è possibile interferire con la volontà del
Padre.”
Giuda si inchinò
nuovamente, questa volta in segno di sottomissione e assoluta obbedienza.
Poi si udirono delle
voci provenire dall’esterno. E risate.
“Sono arrivati” disse
Giuda.
Il Maestro assentì. Il
suo sguardo era vuoto, la sua espressione divenne all’improvviso pensierosa.
Sembrava stare in quella nuda stanza soltanto con il corpo, non più con la
mente.
Giuda percorre senza
meta quel terreno di roccia e sabbia, al di fuori delle mura. Accanto a lui sfilano
miseri arbusti assetati e ricoperti di polvere fine. È livido in volto,
disperato, colmo di angoscia. Non sa che cosa fare, non sa dove andare. La sua
mente è annebbiata e confusa. A tratti si ferma, si batte più volte un pugno sul
petto, si maledice. Poi riprende a camminare a capo chino. In una mano stringe
una piccola borsa di cuoio. A un certo punto sembra notarla, allora si ferma di
nuovo. La soppesa a lungo, poi slega il laccio che la chiude. Lascia sfilare
sul palmo quelle grosse monete luccicanti, una dopo l’altra, quindi stringe le
dita e, portando di scatto il braccio dietro la schiena, lancia il denaro che
si spande nel deserto. Una semina tragica, che non darà mai alcun frutto.
Quindi suggella l’azione con un grido bestiale, poi inizia a correre, una corsa
folle tra le pietre, che termina soltanto quando prevale il completo
sfinimento.
Giuda allora si
inginocchia a terra, sul volto impolverato una smorfia di infinito dolore, la sofferenza di un animale ferito, e
piange.
Quando infine rialza il
capo, in direzione del sole che sta calando, li vede. Dapprima riconosce
Pietro, poi Giacomo e Andrea, quindi tutti gli altri. Vorrebbe scappare, andare
a rintanarsi in qualche anfratto buio per non uscire mai più, invece rimane
immobile. I suoi amici lo raggiungono e, senza pronunciare una sola parola, lo
attorniano. Sui loro volti, un tempo benevoli, Giuda legge soltanto odio e
disprezzo.
“Alzati, traditore!”
dice infine Pietro. “Vattene, e non farti vedere mai più!” Poi sputa nella sua
direzione, con rabbia.
Giuda, con gli occhi
bassi, curvo come un vecchio, si allontana con passi incerti. Dietro di lui
percepisce soltanto cupi borbottii, qualche ringhio sordo, un digrignare di
denti. Allora si ferma e si volta.
La prima pietra lo
colpisce in piena fronte. È grossa e aguzza, e provoca una profonda
lacerazione. Sente il sangue scorrere, inondare gli occhi. Le altre arrivano
subito dopo, in rapida successione. E poi ancora e ancora, tra sbuffi cupi e grida
bestiali. Quando i sassi cominciano ad accumularsi sul suo corpo martoriato e
steso a terra, Giuda ormai non sente più nulla.
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