Il ragazzo si avvicinò
con cautela al portone del fatiscente palazzo e iniziò a scorrere le varie
targhe di ottone, di tutte le forme e ormai annerite dallo smog, finché riuscì
a trovare quella che cercava. Salì le scale di pietra dai gradini consumati, perché
l’ascensore non c’era, e si ritrovò, ansimante, al terzo piano. Sul
pianerottolo c’erano due porte. Da una, sebbene fosse chiusa, proveniva un
terribile lezzo di cavoli bolliti. L’altra invece era solo accostata, e fu
quella che lui scelse. Bussò ed entrò senza aspettare un’eventuale invito.
Superò un minuscolo ingresso, le cui pareti erano spoglie e scrostate, e si
ritrovò in quello che sembrava un ufficio. Si fermò di fronte a una vecchia
scrivania, che di sicuro era stata recuperata in strada, tra i rifiuti, e
attese.
“Un attimo! Arrivo!”
Una voce dal timbro profondo, proveniente da un piccolo locale adiacente, forse
il cucinino.
Poi sbucò un uomo su
una sedia a rotelle. Era molto grasso, e aveva una folta barba. Avanzò
lentamente e si sistemò dietro il tavolo.
Il giovane salutò con
un cenno del capo.
“È qui l’associazione?”
domandò.
L’altro soffocò un
rutto e poi si passò il dorso della mano sulle labbra unte.
“Quale associazione?”
“I Cavalieri della
strada.”
“Che vuoi, ragazzo?”
“L’ho detto, sto
cercando la sede dell’ass…”
L’altro picchiò un
pugno sulla scrivania.
“Se stai cercando
l’Ordine dei Cavalieri della strada sei nel posto giusto, altrimenti usa quelle
tue lunghe gambe, finché funzionano, per smammare all’istante!” ringhiò
l’invalido.
“Mi scusi…”
“Sono George, e sono il
fondatore e il Presidente dei Cavalieri. Ordine, hai capito bene? E non
associazione!”
“Ho capito” rispose il
giovane, un po’ intimorito.
“Hai presente i
Templari? Sai chi erano?” chiese l’altro.
“Più o meno. Erano una
roba tipo i Cavalieri della Tavola Rotonda?”
“Ragazzo, sei ignorante
forte. Allora, si può sapere che cosa vuoi? Non ho tempo da perdere con te,
devo ancora mangiare la frutta.”
“Vorrei entrare a far
parte dei Cavalieri.”
George scoppiò in una
rumorosa risata, lunga e beffarda. E per poco non ribaltò la sedia a rotelle.
Il ragazzo lo guardò, sorpreso e avvilito.
“Ho forse detto
qualcosa che non va?” riuscì a domandare con un filo di voce.
“Non è ciò che hai
detto che non va, sei tu che non vai!” disse George, e poi riprese a
sghignazzare.
“Ho sempre sognato di
poterla incontrare, fin da quando ero bambino” aggiunse il giovane.
A quelle parole
l’invalido divenne subito serio.
“Eh? Che hai detto,
ragazzo? Tu conosci la mia storia?”
“Certo, e le chiedo
scusa se prima ho fatto confusione tra associazione e ordine…” George fece un
cenno con la mano, come se dovesse scacciare una mosca molesta.
“So che George non è il
suo vero nome” proseguì il giovane. “E conosco alla perfezione le gesta
valorose dei suoi Cavalieri. Per questo vorrei tanto essere uno di loro.”
“Mmm… e sai pure perché
mi ritrovo su questa carrozzella?” domandò George.
L’altro scosse il capo,
dispiaciuto.
“Presumo sia a causa di
un grande atto di coraggio…” azzardò.
E il corpulento
invalido confermò annuendo beato. Poi rivolse lo sguardo verso il soffitto, colmo
di ragnatele, e iniziò a raccontare.
“All’epoca i Cavalieri
non esistevano ancora. Mi ritrovai su quel tratto di strada quasi per caso,
perché non lo percorrevo quasi mai. Stavo camminando quando vidi una vecchietta
che stava attraversando la via. Ricordo che si appoggiava a un bastone, e la
sua andatura era molo lenta. Di sicuro quella donna era pure sorda e mezza
cieca, perché non sentì né vide il grosso camion che stava sopraggiungendo.”
“Riuscì a frenare? Lei
riuscì ad avvertirla del pericolo?” lo interruppe il giovane.
George lo guardò,
stupito.
“Stai forse scherzando,
ragazzo? Ricordati che i draghi non frenano mai! Infatti quello, avvistata la
sua preda, accelerò.”
“Accelerò?”
“Ci puoi scommettere! A
quel punto mi rimaneva un’unica cosa da fare e così mi lanciai in mezzo alla
carreggiata. Riuscii a spingere via la vecchia dalle fauci del drago famelico,
che però si serrarono sulle mie povere gambe!”
“In che senso, scusi?”
“Non badare al mio
linguaggio enfatico! Cerca invece di immaginare che cosa accadde veramente. Il
grosso camion calpestò le mie gambe con le sue dieci ruote, o forse erano addirittura
dodici, e le ridusse in poltiglia.”
“Terribile! Almeno
quella vecchia signora si salvò e…” disse il giovane, ma fu subito bloccato.
“Che dici, ragazzo? Non
si salvò affatto! La mia spinta risultò un po’ troppo… poderosa e lei si
sbriciolò sul palo del semaforo. Morta stecchita! Parola di George.”
“Ah…”
“Tuttavia l’esito
funesto non svalutò la mia azione eroica, che tra l’altro mi aveva condotto al
martirio. Fui insignito di numerose onorificenze e, appena mi fui ripreso,
fondai i Cavalieri della strada, con lo scopo di non lasciare mai soli i
pedoni, i ciclisti e gli automobilisti, di assisterli in caso di bisogno, di
confortarli, e di non farli sentire mai soli. Ma l’altra grande finalità
dell’Ordine è quella di combattere i draghi! ”
“Si riferisce ai
camion, vero?”
“E a chi, se no?
Sveglia, ragazzo! Non ti sei mai reso conto che i camion sono simili a immensi
draghi? Rombano, ringhiano, sbuffano, mordono, lacerano, schiacciano,
distruggono, e se pure non emettono fiamme sputano comunque un fumo disgustoso.
Per queste e altre mille ragioni meritano di essere annientati!”
Proprio in quell’attimo
si udirono dei passi pesanti risalire le scale. George tacque e si mise in
ascolto.
“Sta arrivando Mercedes”
disse infine.
“Chi è? Una donna?”
domandò il ragazzo.
“Una donna? E perché
mai?”
Un uomo alto e secco
fece irruzione nell’ufficio. Aveva un naso enorme, tutto rosso, e indossava la
divisa di ordinanza, una felpa blu con un grande stemma rotondo sul quale era
raffigurato un cavaliere medioevale appiedato che fronteggiava, con la sola
lancia, un immenso autotreno.
“Mercedes, il direttore
operativo dei Cavalieri” lo presentò George.
Il nuovo venuto prese a
fissare il giovane, che indietreggiò fino ad appoggiarsi al muro, intimidito da
quello sguardo carico di sospetto.
“E questo chi sarebbe?”
chiese l’uomo chiamato Mercedes, senza perdere di vista il visitatore. “Sarà
mica un ficcanaso?”
George gli fece cenno
di calmarsi.
“Questo giovanotto
vorrebbe diventare un Cavaliere” spiegò l’invalido.
L’altro scosse il capo
più volte.
“Ma lo hai visto? Al
più potrebbe farmi da scudiero” disse, senza abbandonare l’espressione
disgustata.
“Ehi! E il tuo, di
scudiero, che fine ha fatto?”
Finalmente il direttore
operativo rivolse la sua attenzione a George. Appoggiò le mani sul piano della
scrivania, si protese e sussurrò: “Si è fatto beccare completamente ubriaco
alla guida dell’auto.”
“Espulsione!
Espulsione!” sbottò George indignato, sputando saliva.
“Non preoccuparti, già
fatto” rispose Mercedes.
“Ben fatto. Ragazzo,
che ne dici della proposta del nostro direttore? Puoi iniziare come scudiero
poi, dopo aver fatto un po’ di gavetta…”
“Per almeno dieci anni!”
lo interruppe Mercedes. George gli fece segno di tacere.
“…potremmo proporti per
la promozione a Cavaliere. Allora?”
“Scusate, ma io
desidererei diventare subito Cavaliere…” disse il giovane.
“Ehi!” proruppe
Mercedes. “L’umiltà l’hai forse lasciata a casa?”
“Aspetta, ragazzo. C’è
un solo modo per entrare nei Cavalieri evitando tutta la trafila” intervenne l’invalido.
“Sarebbe?”
“Devi compiere un atto
eroico” disse George, con solennità.
“Tipo il suo?” domandò
il giovane.
“Rispetto per il
Presidente, ragazzo!” esplose Mercedes stringendo i pugni nodosi. George lo zittì
e proseguì.
“Dovrai abbattere un
drago!” disse.
“Uno in meno?”
“Esatto” confermò l’uomo
sulla carrozzella. “Un drago in meno e un Cavaliere in più!”
“Ci sto” disse il
giovane. “Da domani ci sarà uno di quei bestioni in meno. Garantito.”
“Ragazzo, hai del
fegato. Mi devo ricredere sul tuo conto. Tra l’altro non ti ho chiesto quale
sia il tuo lavoro” disse George.
“Uh? Il mio lavoro?
Faccio il camionista. Da domani non più, naturalmente. Quando potrò avere la
felpa?”
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