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sabato 25 dicembre 2010

CAPOLINEA


L’uomo chiuse accuratamente la porta del proprio appartamento. Scese attraverso le scale e uscì in strada. Si guardò attorno. Si sentiva un po’ frastornato, ma poi si avviò con passo rapido e deciso. Un isolato, non di più, e giunse alla fermata del bus. Attese per alcuni minuti, poi vide sopraggiungere il mezzo. Salì. Il bus era completamente vuoto. L’uomo ne fu sorpreso. Scosse il capo, incredulo, poi si sedette. Dopo alcuni istanti, colto da una strana inquietudine, si alzò e cambiò posto. Si collocò nella sua posizione preferita, che raramente riusciva a occupare. Quella sopraelevata, subito dietro al conducente. L’uomo era un viaggiatore corretto e responsabile, esemplare. Non ingombrava mai i passaggi, non disturbava gli altri passeggeri e cedeva sempre il posto a donne e anziani. Cercò di rilassarsi e aprì il libro. Durante i suoi tragitti sui mezzi pubblici, nel corso degli anni, aveva letto centinaia di libri. Quel giorno, però, non riusciva a concentrarsi. Notò che le fermate si susseguivano, ma nessun altro passeggero saliva a bordo. Si alzò nuovamente e si avvicinò all’autista. Lo guardò. E gli sembrò teso. Aveva lo sguardo fisso sulla strada, la fronte corrugata e imperlata da minuscole gocce di sudore. Decise di rivolgergli la parola, anche se ciò era contrario alle sue convinzioni, per chiedere un’informazione. Era stato assalito da un legittimo dubbio.
“Mi scusi. Mi scusi se la disturbo. Questo mezzo è in regolare servizio?” domandò con un filo di voce.
“In servizio? Certo che lo è! E’ al suo completo servizio!” rispose nervosamente il giovane guidatore senza voltare il capo.
L’uomo rimase un po’ stupito da quella risposta. Borbottò qualcosa tra sé e ritornò al suo posto.
Il tragitto verso il centro della città era piuttosto lungo.
L’ennesima fermata. Stavolta salirono a bordo del bus due persone. Indossavano una specie di divisa. Li riconobbe. I controllori!  Tutte le volte, quando gli era richiesto di esibire il documento di viaggio, l’uomo era colto da ansia e agitazione. E quella volta non fece eccezione. Oltretutto, continuava a essere l’unico passeggero sul mezzo. Tale pensiero lo scombussolò ancora di più. Cominciò a frugare in modo frenetico nella tasca dei pantaloni, cercando di estrarre il portafoglio che naturalmente non ne voleva sapere di uscire. Era rimasto incastrato. Divenne paonazzo in volto e cominciò a sudare. I due uomini si avvicinarono e gli sorrisero, rassicuranti. Anche se, in realtà, i loro visi mascheravano a stento turbamento e inquietudine.
“Signore! Lasci stare. Va bene così. Non si preoccupi! Tutto a posto! Non vogliamo vedere nulla!” disse il più anziano.
Mentre l’uomo finalmente si tranquillizzava i due si diressero verso l’autista. Parlottarono un po’ con lui, a voce molto bassa. Non fu possibile cogliere nulla di quella conversazione. I controllori, adesso con un’espressione ancora più seria, quasi contrita, scesero alla fermata successiva. E il viaggio proseguì. L’uomo non era riuscito a leggere una sola riga. Non gli era mai successo. Persino quando il bus era strapieno, nelle ore di punta, era in grado di divorare avidamente qualche pagina. Stando in piedi, incurante di spinte, scossoni e brusche frenate.
Finalmente, il mezzo giunse al capolinea. Durante tutto il rimanente tratto di percorso, nessun altro passeggero era salito a bordo. Un qualcosa d’incredibile!
L’uomo ripose con cura il libro nella sua logora valigetta di pelle. Sospirò. Vide che le porte erano già aperte. Si alzò dal suo posto, fece due passi e poi stramazzò bocconi sul pavimento del bus, senza un lamento. E non si mosse più. L’autista, che aveva assistito alla tragica scena, non sembrava sorpreso più di tanto, anche se le sue mani tremavano. E le gambe pure. Se ne accorse solo quando scese dal veicolo.

Al capolinea si è rapidamente formato un capannello di persone. Il conducente del bus è avvicinato da un anziano collega.
“Ti era mai successo in precedenza?” chiede, premuroso.
“No, mai” risponde il giovane, “è la prima volta”. Adesso appare stravolto e pallido.
“Quando te ne sei accorto?”
“All’inizio non ho capito, poi ho visto che alle fermate la gente era numerosa. Ma nessuno saliva e allora ne ho avuto la certezza”.
“Su, coraggio” dice l’altro affibbiandogli un’amichevole pacca sulla spalla, “per lui è stato un ultimo viaggio molto sereno”. E indica l’uomo, disteso esanime sul pianale del veicolo.
“Forse …” risponde il giovane autista, perplesso e con lo sguardo perso nel vuoto.
Arriva l’ambulanza. Procede lentamente. E la sirena è spenta.

3 commenti:

  1. Ciao Enzo!
    bellissimo racconto, però Ilaria e io siamo rimaste perplesse sul finale...scrivi: "All’inizio non ho capito, poi ho visto che alle fermate la gente era numerosa. Ma nessuno saliva e allora ne ho avuto la certezza". Che certezza ha l'autista? La gente non saliva perché l'uomo risultava ripugnante? Oppure lasci la questione in sospeso per creare maggiore suspence?
    Un carissimo saluto,
    Claudia Tassone

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    1. L'autista aveva avuto la certezza che ci fosse qualcosa di strano in quell'unico passeggero. Alla fine ne comprende anche il motivo: sul bus viaggiava anche la morte.

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    2. :) tutto chiaro! grazie mille per la spiegazione!

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