“Se dopo le prossime
elezioni ci sarà ancora bisogno di me, non mi tirerò indietro.”
Così si è espresso
alcuni giorni fa il Presidente del Consiglio Mario Monti rispondendo a una
domanda che gli era stata posta circa i suoi impegni futuri. Queste parole hanno
provocato scompiglio nell’intero mondo politico, tutte le parti sono entrate in
fibrillazione, per quanto con motivazioni assai differenti.
È palese a tutti che il
premier si riferisse a una presumibile nuova situazione di emergenza, alla
malaugurata eventualità che il Paese, dopo le consultazioni politiche del
prossimo anno, avesse ancora necessità di un esecutivo di tipo tecnico. Questo
aspetto, però, è stato intenzionalmente
trascurato.
Monti ha inoltre
precisato che, in ogni caso, non intende candidarsi.
Pierferdinando Casini
ha accolto con grande entusiasmo (seguito a ruota da Luca di Montezemolo) le
affermazioni del Presidente del Consiglio. Perché è proprio ciò che lui vuole,
e che sta tentando invano di proporre da qualche tempo. Vale a dire la
formazione di un grande gruppo, posizionato al centro, di esponenti della
società civile – impegnati in prima persona – e di cittadini che vedono
nell’azione dell’economista lombardo l’unica valida e praticabile risposta a
tutti i problemi generati dalla crisi. In pratica, si propone una moderna riedizione
della Democrazia Cristiana, un vecchio sogno del leader dell’UDC. Anche Gianfranco Fini, sempre alla ricerca di
un rilancio personale che non arriva mai, si è detto disponibile a collaborare
al progetto.
Di tutt’altro avviso
appare invece il Partito Democratico, l’unica forza in grado di vincere davvero
le elezioni, e quindi non disposta a ripiegare (come spesso purtroppo ha fatto)
su soluzioni che metterebbero in discussione la vocazione a governare
rivendicata dal partito con sempre maggiore forza negli ultimi tempi e confortata
dai risultati di tutti i sondaggi.
La mossa di Monti ha
provocato sconforto e indecisione (senza che ve ne sia stata l’ammissione)
nelle fila del Popolo della Libertà. Il segretario Alfano si è limitato a
ribadire banalmente che Monti dovrà, in ogni caso, sottoporsi al giudizio degli
elettori. Silvio Berlusconi, come al solito più astuto e più accorto del
proprio segretario-burattino, in attesa di sciogliere la riserva sulla nuova
discesa in campo, decisione pesantemente condizionata dall’esito dell’ennesimo
processo al quale è sottoposto, non si è espresso in senso del tutto negativo
riguardo all’ipotesi di un Monti-bis. Ormai rassegnato alla sicura sconfitta
elettorale, la vecchia volpe ha preferito mantenere le mani libere, nella
prospettiva di poter ancora, in qualche maniera, pesare anche nella prossima
legislatura. E l’unica possibilità per farlo è appunto l’adozione di una
soluzione politica simile a quella attuale, nella quale Berlusconi recita un
importante ruolo di co-protagonista.
Mario Monti ha però
precisato che non ha alcuna intenzione di proporre una sua candidatura (al di
là della legge elettorale in vigore al momento del voto). D’altra parte è
evidente che non possa farlo, considerato che dovrebbe compiere una chiara e
netta scelta di campo e, se pure la sua fosse un’opzione verso posizioni
neo-centriste, ciò contribuirebbe a indebolire in maniera per lui fatale la
rendita di posizione personale acquisita fino a questo momento. Inoltre il
Presidente del Consiglio è senatore a vita, dunque il suo sottoporsi alla
valutazione degli elettori risulterebbe essere un’iniziativa alquanto anomala.
Si era detto che la
soluzione tecnica dovesse essere un qualcosa di provvisorio, tale di consentire
di affrontare lo stato di emergenza con maggiore determinazione e serietà di
intenti. Così è stato, pur tra luci e ombre, e così deve essere.
Monti passerà la mano
(come ha ribadito proprio oggi) a un esecutivo che dovrà essere soltanto
politico (anche se potrà avvalersi di qualche personalità tecnica al suo
interno), ma che dovrà essere soprattutto forte nei numeri e sostenuto da una
maggioranza coesa e omogenea. occorrerà, in ogni caso, proseguire l’azione
intrapresa dall’attuale Governo, introducendo però elementi di maggiore equità
sociale, e senza perdere di vista l’enorme stato di difficoltà in cui si trova
il mondo del lavoro. Tutto ciò può essere messo in pratica con efficacia soltanto
da un esecutivo garantito dal passaggio elettorale. L’attuale premier rimane
tuttavia una risorsa per il Paese, e la disponibilità espressa gli fa onore
perché testimonia il suo indubbio senso del dovere e il suo innegabile spirito
di servizio.
Sarebbe bello,
nondimeno, poter pensare che del pur valido apporto del professore non ci sarà
più bisogno in futuro. In tal caso ne saranno contenti gli italiani, e ne sarà
felice, di sicuro, anche lo stesso Mario Monti.
Nessun commento:
Posta un commento