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lunedì 1 ottobre 2012

LO SPAURACCHIO



“Se dopo le prossime elezioni ci sarà ancora bisogno di me, non mi tirerò indietro.”
Così si è espresso alcuni giorni fa il Presidente del Consiglio Mario Monti rispondendo a una domanda che gli era stata posta circa i suoi impegni futuri. Queste parole hanno provocato scompiglio nell’intero mondo politico, tutte le parti sono entrate in fibrillazione, per quanto con motivazioni assai differenti.
È palese a tutti che il premier si riferisse a una presumibile nuova situazione di emergenza, alla malaugurata eventualità che il Paese, dopo le consultazioni politiche del prossimo anno, avesse ancora necessità di un esecutivo di tipo tecnico. Questo aspetto, però,  è stato intenzionalmente trascurato.
Monti ha inoltre precisato che, in ogni caso, non intende candidarsi.
Pierferdinando Casini ha accolto con grande entusiasmo (seguito a ruota da Luca di Montezemolo) le affermazioni del Presidente del Consiglio. Perché è proprio ciò che lui vuole, e che sta tentando invano di proporre da qualche tempo. Vale a dire la formazione di un grande gruppo, posizionato al centro, di esponenti della società civile – impegnati in prima persona – e di cittadini che vedono nell’azione dell’economista lombardo l’unica valida e praticabile risposta a tutti i problemi generati dalla crisi. In pratica, si propone una moderna riedizione della Democrazia Cristiana, un vecchio sogno del leader dell’UDC. Anche Gianfranco Fini, sempre alla ricerca di un rilancio personale che non arriva mai, si è detto disponibile a collaborare al progetto.
Di tutt’altro avviso appare invece il Partito Democratico, l’unica forza in grado di vincere davvero le elezioni, e quindi non disposta a ripiegare (come spesso purtroppo ha fatto) su soluzioni che metterebbero in discussione la vocazione a governare rivendicata dal partito con sempre maggiore forza negli ultimi tempi e confortata dai risultati di tutti i sondaggi.
La mossa di Monti ha provocato sconforto e indecisione (senza che ve ne sia stata l’ammissione) nelle fila del Popolo della Libertà. Il segretario Alfano si è limitato a ribadire banalmente che Monti dovrà, in ogni caso, sottoporsi al giudizio degli elettori. Silvio Berlusconi, come al solito più astuto e più accorto del proprio segretario-burattino, in attesa di sciogliere la riserva sulla nuova discesa in campo, decisione pesantemente condizionata dall’esito dell’ennesimo processo al quale è sottoposto, non si è espresso in senso del tutto negativo riguardo all’ipotesi di un Monti-bis. Ormai rassegnato alla sicura sconfitta elettorale, la vecchia volpe ha preferito mantenere le mani libere, nella prospettiva di poter ancora, in qualche maniera, pesare anche nella prossima legislatura. E l’unica possibilità per farlo è appunto l’adozione di una soluzione politica simile a quella attuale, nella quale Berlusconi recita un importante ruolo di co-protagonista.
Mario Monti ha però precisato che non ha alcuna intenzione di proporre una sua candidatura (al di là della legge elettorale in vigore al momento del voto). D’altra parte è evidente che non possa farlo, considerato che dovrebbe compiere una chiara e netta scelta di campo e, se pure la sua fosse un’opzione verso posizioni neo-centriste, ciò contribuirebbe a indebolire in maniera per lui fatale la rendita di posizione personale acquisita fino a questo momento. Inoltre il Presidente del Consiglio è senatore a vita, dunque il suo sottoporsi alla valutazione degli elettori risulterebbe essere un’iniziativa alquanto anomala.
Si era detto che la soluzione tecnica dovesse essere un qualcosa di provvisorio, tale di consentire di affrontare lo stato di emergenza con maggiore determinazione e serietà di intenti. Così è stato, pur tra luci e ombre, e così deve essere.
Monti passerà la mano (come ha ribadito proprio oggi) a un esecutivo che dovrà essere soltanto politico (anche se potrà avvalersi di qualche personalità tecnica al suo interno), ma che dovrà essere soprattutto forte nei numeri e sostenuto da una maggioranza coesa e omogenea. occorrerà, in ogni caso, proseguire l’azione intrapresa dall’attuale Governo, introducendo però elementi di maggiore equità sociale, e senza perdere di vista l’enorme stato di difficoltà in cui si trova il mondo del lavoro. Tutto ciò può essere messo in pratica con efficacia soltanto da un esecutivo garantito dal passaggio elettorale. L’attuale premier rimane tuttavia una risorsa per il Paese, e la disponibilità espressa gli fa onore perché testimonia il suo indubbio senso del dovere e il suo innegabile spirito di servizio.
Sarebbe bello, nondimeno, poter pensare che del pur valido apporto del professore non ci sarà più bisogno in futuro. In tal caso ne saranno contenti gli italiani, e ne sarà felice, di sicuro, anche lo stesso Mario Monti.  

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