Venerdì
11 maggio ho avuto il piacere di presentare, su invito dell’editore Simplicissimus
Book Farm, il mio romanzo “Un anno diverso” al Salone del Libro di Torino.
Il
libro è stato di recente pubblicato in formato digitale (e-book).
Ecco
la trascrizione del mio intervento.
Vorrei iniziare la presentazione partendo
dalla genesi del romanzo, dal momento che la considero, in particolare per un
suo aspetto, piuttosto curiosa.
Dovete sapere che questo libro è stato
scritto in poco più di un mese. Si tratta di un periodo di tempo abbastanza
breve, soprattutto per chi, come me, svolge un’attività lavorativa abbastanza
impegnativa. Infatti mi posso dedicare alla scrittura soltanto nei ritagli di
tempo, e facendo bene attenzione a non sottrarre troppo spazio all’altra mia grande
passione, la lettura.
Ebbene, la domanda che mi sono posto è
stata quindi la seguente: a che cosa era dovuta questa mia sconosciuta e quasi
febbrile rapidità di scrittura? Oltretutto devo confessare che, in seguito,
questo fatto non si è più ripetuto. Sono tornato ad essere un normale scrittore,
che soffre e si tormenta a lungo sulle parole, e sempre alquanto insoddisfatto
del proprio lavoro.
Alla fine quell’interrogativo che mi assillava
ha trovato una risposta. Mi sono reso conto che, in verità, per anni avevo
immaginato questa storia e, anche se non l’avevo mai scritta, era ormai ben
fissata nella mia mente. Nella sua totalità. Non ho dovuto fare altro che
trasformarla in un testo. Perché tutto era già delineato. Sia la trama, che i
temi, le descrizioni. Persino i dialoghi. Mi sono limitato soltanto a meglio
definire e rifinire i vari personaggi. Anche questa, comunque, non è stata un’attività
troppo impegnativa.
“Un anno diverso” è un romanzo ambientato
nel mondo della scuola. Proprio a questo proposito, vi voglio rivelare una
curiosità. Alcuni tra coloro che hanno letto il libro mi hanno scritto. Ho
scoperto così che la maggior parte di questi lettori aveva dato per scontato
che io fossi in insegnante. Questo non corrisponde al vero e, quasi con un po’
di rammarico, ho dovuto dire loro che si erano sbagliati. In fondo, però,
questo piccolo equivoco mi ha gratificato.
In realtà ho frequentato l’ambiente
scolastico soltanto in qualità di studente. In più, da quando ho lasciato la
scuola sono trascorsi ormai parecchi anni. Di quella mia ormai lontana
esperienza ho comunque conservato un piacevole ricordo, unito al rimpianto e ad
una certa nostalgia.
Posso dire di essere stato, all’inizio
della carriera scolastica, un discreto studente. Nulla di più.
Con il trascorrere degli anni è però
maturata in me, poco per volta, una nuova consapevolezza. Spesso mi domandavo a
che cosa potesse servire imparare tante svariate nozioni che, dopo un po’,
puntualmente dimenticavo. La vera illuminazione l’ho avuta quando ho compreso
che quella scolastica non sarebbe stata un’esperienza destinata ad avere un
termine. O meglio, ho capito che, al di là degli anni della scuola, sarei stato
uno studente per tutta la vita. E da quel momento il mio sforzo è stato rivolto
soprattutto all’apprendimento degli strumenti dello studio. In altre parole avevo
inteso che il mio impegno doveva essere indirizzato a imparare un mestiere,
quello dello studente, appunto. Inutile dire che da allora il mio rendimento
scolastico è decisamente migliorato.
Per questo e per altri motivi ho quindi
sempre guardato al mondo della scuola con grande simpatia e con grande
interesse. Una scuola che si trova attualmente in notevole difficoltà,
martoriata dalla cronica mancanza di risorse, da discutibili scelte della
politica, da continue riforme e controriforme che finiscono con l’accentuarne
la fragilità.
La scuola rimane tuttavia un mondo che
merita il massimo rispetto e la massima considerazione da parte di tutti.
Perché riguarda un passaggio formativo fondamentale per le giovani generazioni,
nel quale avviene il primo autentico impatto con elementi quali la conoscenza,
la socializzazione, il confronto con gli altri. Tutti componenti di primaria
importanza per la vita futura dei ragazzi, destinati ad avere rilevanti
ripercussioni sulla società intera. In conseguenza di ciò, è doveroso avere un
occhio di riguardo nei confronti della scuola. Non sempre, purtroppo, questo
accade.
Torniamo al libro.
Il titolo, “Un anno diverso”, è naturalmente
riferito a un anno scolastico particolare, del tutto differente dai soliti. Ed è
proprio ciò che si ritroveranno a vivere gli studenti protagonisti del romanzo.
Loro malgrado, direi.
Come avrete già capito, il mondo della
scuola è il tema principale del libro, ma non è l’unico. L’altro tema di rilievo
è il concetto di democrazia. In particolare, la domanda che mi sono posto e
alla quale ho cercato di dare risposta è la seguente: la democrazia può essere
insegnata come sono insegnate tutte le altre materie?
Nell’ultimo decennio abbiamo assistito a
innumerevoli tentativi di esportare la democrazia, laddove non c’è mai stata.
Questi tentativi hanno prodotto risultati ben miseri, e spesso hanno portato a
conseguenze tragiche. A questo punto dovremmo ormai avere compreso come la democrazia non sia
esportabile. Al massimo può essere favorita e assecondata, tentando di creare
le condizioni socio-economiche necessarie alla sua nascita e alla sua
conservazione. E proprio questo dovrebbe essere il compito degli organismi
sovranazionali e diretta responsabilità dei grandi stati democratici
occidentali. Le imposizioni e l’impiego della forza con occupazioni e
interventi militari si sono rivelati inutili e comunque sempre deleteri.
La spinta alla democrazia deve nascere
dal basso, generata dalla presa di coscienza dei singoli individui. Deve essere
un’aspirazione all’ottenimento di diritti in cambio dell’assolvimento di
doveri. A tale proposito devono essere ben chiari i concetti di ricerca del consenso
e di rappresentanza, quello di governo della maggioranza. Occorre perseguire,
attraverso lo sforzo e l’impegno delle persone, la libertà di espressione, la libera
e incondizionata circolazione delle informazioni e delle idee, la libertà di
associazione in una pluralità di soggetti politici, i partiti, fondamentali per
il corretto funzionamento di un sistema politico democratico.
Ecco, sono proprio queste alcune delle
idee che, sotto forma di nozioni, possono essere insegnate. In tutto ciò, il
ruolo della scuola può e deve essere determinante. Una funzione civica alla
quale la scuola ha un po’ abdicato. Occorre ritrovarla al più presto, anche
perché la democrazia può rivelarsi assai fragile. Soltanto in questo modo, e
proprio durante il percorso scolastico, i ragazzi potranno avviarsi a diventare
cittadini consapevoli.
Questo discorso ci riporta
inevitabilmente al romanzo. Un romanzo che è innanzitutto un’opera corale. I
protagonisti infatti sono tutti gli studenti, e tutti in uguale maniera, di
questa classe liceale, una classe come ce ne sono tante, scelta a caso.
Soltanto un personaggio spicca rispetto a
tutti gli altri. Ed è la figura professor Sentieri, il nuovo insegnante di storia
e filosofia di questa classe.
Il professor Sentieri è senza dubbio un
tipo un po’ stravagante, eccentrico e bizzarro. Forse addirittura strambo. Veste
in maniera piuttosto scombinata, i suoi abiti sono sempre stazzonati, la cura
per la sua persona è minima e lascia sempre un po’ a desiderare.
Ecco come lui stesso si vede, di fronte
allo specchio:
“Si
ritrovò di fronte allo specchio e si osservò. Capelli castani ancora folti,
guance scavate ricoperte da una barbetta rada. Sguardo malinconico. Fece una
smorfia. Non si era mai piaciuto, ma ormai si era abituato al suo aspetto
insignificante. Il suo viso e la sua figura gli erano ormai del tutto indifferenti.”
Un uomo triste e solitario, dunque,
addirittura asociale. Di sé non lascia trapelare nulla, nessuno conosce le sue
passioni, i suoi interessi, che poi non sono altro che la letteratura, il
cinema e la musica. Lui non frequenta i colleghi, i suoi rapporti con loro sono
limitati all’indispensabile, e non compie alcun sforzo per conoscerli meglio.
Anzi, cerca di passare il più possibile inosservato, fa di tutto per
mimetizzarsi. L’unica eccezione è forse rappresentata da una giovane insegnante
di scienze, anche lei nuova nella scuola, una ragazza un po’ spaesata e
impaurita e, forse proprio per questo, meritevole di maggiore attenzione e
solidarietà. I rapporti di Sentieri con il dirigente scolastico, un uomo
severo, all’antica, attento soltanto alla forma, inutile dirlo, sono
burrascosi. Tra i due non esiste e non può esistere il minimo punto di
contatto.
Il
passato del professore è oscuro, sconosciuto e misterioso. Dai suoi
comportamenti tuttavia si intuisce che si tratta di un uomo profondamente
segnato dai suoi trascorsi di vita. Un passato, con tutta probabilità, contrassegnato
da delusioni e fallimenti. Sia a livello personale che professionale. Eppure lui
non si considera uno sconfitto. Anzi, approfitta di questa esperienza – una
nuova scuola, una nuova classe – per mettersi in gioco ancora una volta.
Nessuno lo conosce, nessuno lo può giudicare per ciò che è avvenuto in passato,
e quindi lui intravede la possibilità di attuare quello che chiama
semplicemente “il progetto”. Un piano da
attuare, tra l’altro, all’insaputa delle famiglie dei ragazzi e all’insaputa
delle autorità scolastiche. E alla fine lo fa. Gli studenti, all’inizio, sono perplessi
e faticano a comprendere dove voglia andare a parare quel bislacco insegnante.
Capiranno soltanto in seguito, quando ne saranno ormai pienamente coinvolti. Invece
lui, il professor Sentieri, come sempre ha le idee molto chiare: si tratta, in
fondo, di dar corpo a quella che è diventata un’autentica ossessione, vale a
dire l’insegnamento della democrazia, per poter così trasformare i ragazzi in
cittadini informati e consapevoli del loro importante ruolo futuro. Il suo è un
metodo basato sulla pratica. La democrazia, a suo parere, si può imparare
soltanto praticandola, ed proprio questa la chiave del suo misterioso progetto:
la pratica.
Il professor Sentieri è comunque
l’insegnante di storia e filosofia. Nondimeno anche l’approccio
all’insegnamento di queste materie è, nel suo caso, piuttosto originale.
Sentieri ignora i registri di classe e
tutte quelle che lui ritiene inutili scartoffie e banali incombenze
burocratiche. Mettere voti è una pratica che lo infastidisce molto. Non lo fa quasi
mai. Le sue interrogazioni sono stravaganti almeno quanto lui. Inoltre è
contrario all’adozione di libri di testo. Perché non lo ritiene necessario.
Tocca agli studenti ingegnarsi nella scelta dello strumento o degli strumenti
ritenuti più utili per lo studio delle sue materie. Un modo per stimolare e
responsabilizzare fino all’estremo i ragazzi.
Vi leggo quelle che, per il professore,
sono le definizioni delle materie che insegna, la storia e la filosofia, così
come lui le illustra ai suoi studenti durante la prima ora di lezione di quel
nuovo, singolare anno scolastico:
“La
storia è la disciplina più semplice che esista. Fatti, eventi, fonti,
testimonianze: ciò che sta avvenendo,
ciò che è già avvenuto. Tutto ciò che riguarda noi e chi ci ha preceduto. Tutto qui! Chiaro, elementare. Voi
non dovrete fare altro che mettere un po’ d’ordine tra questi elementi,
analizzarli, porli in relazione tra loro e rivolgervi delle domande; infine,
tentare di dare delle risposte.”
“La
filosofia! È nata con l’essere umano. Da sempre gli uomini pensano. Cercano di
trovare soluzioni a interrogativi legati alla natura stessa dell’esistenza. Ma
questo non è possibile! Tuttavia noi siamo testardi. Proviamo e riproviamo. Ci
ostiniamo. Senza approdare ad alcun risultato. Voi non dovrete fare altro che
perpetuare questo antico gioco. Naturalmente non otterrete nulla. Nel
frattempo, però, avrete imparato a ragionare. Perché avrete attinto alla
conoscenza e al sapere di grandi pensatori, di menti acute e profonde,
arrivando a comprendere come sia possibile collegare questa disciplina alla
storia stessa, alla politica, all’etica e, perché no, alle scienze naturali.”
Questo, naturalmente, non è che l’inizio
della vicenda.
La storia è ambientata, in gran parte e
per forza di cose, tra i muri di un vecchio liceo. Nel romanzo, tuttavia, si
avvicendano anche altri scenari. La grande città, innanzitutto, con il suo
respiro corto, con il degrado delle sue periferie cementificate e tutte uguali,
e con le sue storie di disagio e di emarginazione: la povertà, l’immigrazione,
i problemi legati al lavoro. Ma anche la grande città con il suo centro
elegante e allettante. Insomma, una città che potrebbe benissimo essere Torino,
ma pure qualsiasi altro grande agglomerato urbano. Tutti questi diversi aspetti
si intrecciano inevitabilmente con la quotidianità dei ragazzi, e determinano o
condizionano i comportamenti degli stessi. Condotte che, di riflesso, si
ripercuotono in maniera profonda sulla vita di ognuno di loro e delle loro
famiglie e poi sulle vicende scolastiche di tutti.
Parlando ancora di ambientazione, in un
romanzo incentrato principalmente sulla scuola non può di certo mancare
l’episodio ludico per eccellenza, vale a dire la gita scolastica. Un momento
ricreativo, certamente di svago, ma anche un’occasione formativa, utile per
consolidare rapporti di amicizia e piccoli affetti, per approfondire
conoscenze. I ragazzi, ognuno nel proprio singolare modo, scoprono così le
bellezze e le insidie di Parigi. Il professor Sentieri, naturalmente, vive il
suo ruolo di forzato accompagnatore con tragica rassegnazione. Anche per lui,
però, la gita costituisce un’occasione per scoprire meglio le qualità di una
persona, dell’unica persona adulta che nutra per lui una certa simpatia, o
forse anche qualcosa di più. Ma anche un’occasione per constatare, allo stesso tempo,
e ancora una volta di più, la sua inadeguatezza di fronte ai semplici
accadimenti della vita.
Un anno scolastico, comunque, non è composto
soltanto da studio, impegno, fatica e piccoli drammi. Gli studenti, i ragazzi
in genere sanno essere, durante la maggior parte del tempo, lievi e
spensierati. Una piacevole caratteristica legata senza dubbio alla giovane età,
alla vitalità che è loro propria, alla incredibile capacità di sviare e
rimuovere le difficoltà semplicemente pensando ad altro, e alla loro
inesauribile voglia di divertimento. Non mancano quindi, nel romanzo, le
vicende buffe o addirittura venate di comicità, i dialoghi leggeri, ironici o
pungenti. Gli scherzi, le prese in giro e le immancabili goliardate.
Giunti a questo punto è inutile
dilungarsi ulteriormente sulle vicende del libro. Gli avvenimenti che si
succedono sono vari e numerosi e riguardano sia episodi personali della vita
degli studenti che vicissitudini legate all’ambiente scolastico e in gran parte
connesse con l’attuazione del famoso progetto educativo del professor Sentieri.
Così come accade in tutte le storie si
giunge inevitabilmente ad un epilogo. Un
epilogo soltanto in parte definitivo. Ciò che davvero interessa, in
conclusione, è che tutti i protagonisti del romanzo – e mi riferisco in
particolar modo agli studenti - alla fine si ritrovano cambiati. E,
soprattutto, arricchiti e migliori. Chi più maturo, chi più consapevole, chi
più responsabile. E così via.
E questo mutamento positivo riguarda davvero
tutti, sia quelli che, pur avendo vinto, in realtà hanno perso. Sia quelli che,
pur avendo perso, hanno invece vinto.
In ogni caso, per tutti sarà stato un…
anno diverso!
uè alla fine hai scritto e parlato ...abbastanza!! con tre punti fondamentali: la scuola -il Sentieri e la democrazia...molto esaustivo BRAVO E COMPLIMNTI!!!!!!! Gianni
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