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martedì 16 ottobre 2012

RINNOVAMENTO?



Mai come in questi tempi travagliati si presenta così attuale il tema del ricambio della classe politica. Nei giorni scorsi Walter Veltroni, uno degli esponenti storici del Partito Democratico, ha annunciato che non si candiderà alle prossime elezioni politiche, considerando esaurita la sua esperienza nelle istituzioni.
Veltroni, ricordiamolo, è stato il primo segretario del PD, nonché deputato per tre legislature, candidato premier nel 2008, Vicepresidente del Consiglio e ministro della Cultura nel primo governo Prodi, sindaco di Roma. La sua mossa a sorpresa ha naturalmente ricevuto il plauso di tutti, anche se ha creato alcune comprensibili difficoltà ai colleghi di partito con analoga, lunga militanza parlamentare. Al di là di una decisione che comunque è da ritenersi personale, degna del massimo rispetto, la questione del rinnovamento della classe dirigente si ripropone, dopo questo fatto di rilievo, con ancora maggiore forza.
Walter Veltroni non sarà quindi uno dei politici messi da parte, nel perseguimento della sua furia rottamatrice, da Matteo Renzi, il sindaco di Firenze candidato alle elezioni primarie del Partito Democratico.
La battaglia di Renzi, pur encomiabile sotto alcuni punti di vista, appare però ristretta a una disputa di natura strettamente generazionale: i vecchi costretti a farsi da parte, con le buone o con le cattive, per fare spazio ai giovani. Una conclusione, forse eccessivamente semplificata, che non sempre in politica si è dimostrata valida. Il rischio, che è facile intuire, è quello dei “dilettanti allo sbaraglio”. Da evitare.
Nell’ultimo periodo è cresciuta sempre di più l’ostilità, da parte di un’ampia fetta di cittadini, nei confronti dei politici di professione. La causa è da ricercarsi, oltre che nei ripetuti esempi di cattivo governo degli ultimi anni, soprattutto nel moltiplicarsi di scandali e episodi di malaffare con politici quali protagonisti. Ci si chiede, a questo punto, quanto questi due aspetti siano legati. È alquanto problematico poter fornire una risposta soddisfacente. Un tentativo di analisi, seppure superficiale, porterebbe a ipotizzare che tale legame in realtà non esista. Oppure che sia assai debole. Un conto sono la scarsa competenza, l’incapacità manifesta e l’assoluta improvvisazione, un altro è la disonestà sempre più diffusa.
Quali dovrebbero essere, allora, i criteri ai quali ispirarsi nella selezione della classe politica?
Innanzitutto non l’età anagrafica. Un paese ha necessità dell’apporto, e dell’impegno diretto, di tutti i suoi cittadini, giovani e meno giovani. La data di nascita non conta, poiché in tutti è possibile riscontrare doti di abilità e preparazione, attingere a nuove idee o affidarsi a esperienze consolidate.
La qualità principale dell’aspirante governante dovrebbe essere la passione, mai inquinata da interessi personali, sempre accompagnata dal desiderio di lavorare per gli altri.
L’attività politica, inoltre, può essere interpretata sia come un servizio da rendere al proprio paese per un periodo limitato di tempo sia come un impegno a vita. L’uno non esclude l’altro. In base a ciò, non è possibile dunque escludere a priori la presenza di politici di professione, a condizione che questi ultimi si siano dimostrati all'altezza dell'importante incarico ricoperto e abbiano conseguito buoni risultati.
La selezione, in ogni caso, spetta in prima battuta ai partiti, poi agli elettori.
Sarebbe sbagliato buttare via tutto, e lasciare così prevalere l’insana volontà di cambiare a tutti i costi, tanto per il gusto di farlo. Ci si potrebbe trovare di fronte a sgradevoli sorprese.

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