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lunedì 13 febbraio 2012

TRAGEDIA GRECA



Il parlamento di Atene, dopo un’interminabile e sofferta discussione, si è espresso a favore delle misure richieste (imposte?) da Unione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale, da accogliere in cambio di ulteriori aiuti da utilizzare per tentare di scongiurare una bancarotta che in verità sembra ormai difficile evitare. Per l’intera giornata di ieri, fino al voto finale avvenuto in tarda serata, una folla di manifestanti ha stretto d’assedio la sede dell’organo legislativo. Ci sono stati incidenti, scontri con le forze dell’ordine, palazzi date alle fiamme e numerosi feriti. Tra i contestatori hanno fatto la loro apparizione gruppi di black-bloc, incoraggiati nella loro azione dai comuni cittadini, esasperati e disperati. La decisione dei parlamentari ha avuto pesanti ripercussioni anche sulle forze politiche. Alcuni deputati appartenenti ai partiti che sostengono il governo Papademos si sono rifiutati di dare l’assenso all’ennesima dura manovra economica e sono stati espulsi dai rispettivi gruppi. Sono state indette in gran fretta le elezioni politiche anticipate, che si terranno già ad aprile. Insomma, la Grecia sta precipitando nel caos. La sua tenuta sociale è sempre più in bilico, i disordini sono purtroppo destinati ad aumentare.
I provvedimenti adottati riguardano, tra l’altro, l’abbassamento del salario minimo garantito, interventi sulle pensioni, ulteriori licenziamenti di dipendenti pubblici. La solita ricetta che colpisce ancora e sempre di più i ceti medi e, soprattutto, gli strati più deboli della società ellenica.  
È in corso, dunque, l’ultimo estremo tentativo di sfuggire al fallimento dello stato nonché, in particolare, di salvaguardare gli interessi degli istituti di credito francesi e tedeschi, possessori di sostanziose quote dell’ingente debito greco.
I cittadini greci, da parte loro, ormai hanno già perso. È evidente come non siano in grado di reggere il peso della nuova manovra rigorista. Sono ormai allo stremo. Allo stesso modo anche l’eventuale default – sebbene controllato – non farebbe che peggiorare la loro già angosciosa condizione. Il ritorno a una moneta nazionale porrebbe l’economia del Paese in uno stato di estrema debolezza nei confronti dell’area dell’euro. Sarebbe necessaria e inevitabile una immediata e corposa svalutazione monetaria che, se da una parte potrebbe favorire settori quali il turismo, dall’altra comporterebbe il sostenimento di costi molto alti sul fronte delle importazioni di materie prime e prodotti finiti. In ogni caso il popolo greco è destinato a sopportare per molti anni considerevoli sacrifici e, a questo proposito, è giusto chiedersi ancora una volta se la gente, ormai provata da un lungo periodo di crisi, sia davvero in grado di sostenerli. Oltretutto, in assenza di garanzie e senza la certezza che tali rinunce possano produrre risultati.
Abbiamo avuto, proprio vicino a casa, la prima vittima della speculazione finanziaria globalizzata. Naturalmente le vere vittime sono le persone, in particolar modo i giovani, ai quali è sottratto il futuro. In ultimo, sempre parlando della Grecia, è giusto anche ricordare le enormi responsabilità della classe politica ellenica nel disastro. Corruzione, clientelismo, spesa pubblica incontrollata, bilancio dello stato volutamente alterato sono soltanto alcune delle anomalie non corrette bensì favorite da partiti che hanno tradito i propri elettori, il proprio popolo. Difformità sofferte anche dal nostro Paese e parecchio temute dagli altri stati dell’Unione Europea, impegnati certamente a proteggere in modo talvolta cieco e ottuso rendite di parte ma anche a fronteggiare un possibile tracollo in grado di travolgere tutti, virtuosi e non.
Un intero continente si sta muovendo – incerto - su un equilibrio precario. Non lo dobbiamo scordare.  

1 commento:

  1. Concordo, solo che questa è la foto della realtà capitalistica, ma il popolo ha ragioni da vendere e non solo in Grecia.Saluti da Salvatore.

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