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domenica 30 luglio 2017

ZINGARI


Il vecchio è sul balcone di casa, le mani nodose e artritiche aggrappate alla ringhiera arrugginita. Osserva con fastidio il filo di fumo nero e denso che si sprigiona dall'accampamento situato appena oltre la strada. Si accende una sigaretta poi, colto da un accesso di rabbia, cala un pugno sul ferro.
"Maria! Maria! Vieni subito qui!" sbraita l'uomo.
Dopo un tempo che pare interminabile una vecchietta con un bastone, claudicando, lo raggiunge sul balcone.
"Guarda" dice il vecchio, indicando il fumo.
"Che cos'è?" dice lei, strizzando gli occhi.
"Non lo vedi? È fumo. E l'odore? Non senti il cattivo odore?"
Lei annuisce.
"Sono loro! Sono di nuovo loro, i zingari!"
"Hanno acceso un fuoco" dice la donna. "Perché? Hanno freddo?"
Il vecchio bestemmia.
"Macché freddo! Ci sono trenta gradi! I zingari stanno bruciando plastica".
"Plastica?"
Il vecchio sbuffa. Possibile che quella donna non capisca nulla? Si calma e prova a spiegare.
"I zingari rubano i cavi elettrici e per recuperare il rame di cui sono fatti bruciano la guaina esterna, il rivestimento di plastica dei fili".
"Una volta rubavano soltanto le galline" dice la moglie.
"Non possiamo andare avanti così. Quelli ci stanno avvelenando. Dobbiamo fare qualcosa" riprende il vecchio, ignorandola.
"Chiamiamo i vigili" propone lei.
Altra bestemmia del marito. Poi uno sputo giù dal balcone.
"I vigili! Quando li chiami non vengono mai. Ti ricordi l'ultima volta, quando invece sono venuti? Hanno detto che non possono fare nulla".
"Ma adesso li faranno pagare" dice la vecchia, illuminandosi.
"Che dici, Maria?"
"Ieri sera, l'ho sentito al telegiornale. Hanno detto che faranno pagare ai zingari una tassa. E se non la pagano dovranno andare via".
Il vecchio scoppia a ridere. Una risata fragorosa e catarrosa.
"Che cos'è? Una barzelletta? I zingari che pagano? Ma fammi il piacere!"
L'uomo, camminando curvo, rientra in casa. La moglie lo segue. Lui si dirige verso un ripostiglio dal quale esce imbracciando un fucile.
"Adelmo! Che cosa vuoi fare?"
"Zitta. Voglio soltanto spaventarli. Tanto lo sai che questo non funziona".
"Ti faranno del male" dice lei, preoccupata.
"Io non ho paura dei zingari!"
Il vecchio posa il fucile sul tavolo, si allaccia le scarpe, poi lo riprende ed esce di casa.
"Adelmo!"
Mentre scende le scale incontra il ragionier Balzoni, l'inquilino del secondo piano.
"Signor Adelmo, dove sta andando con quel fucile? Faccia attenzione" dice l'uomo, con voce incerta. Il vecchio si arresta e lo squadra a lungo.
"Sei anche tu un amico dei zingari?" dice, prima di riprendere la discesa. L'altro, basito, si affretta a raggiungere il proprio appartamento.
Il vecchio esce dal palazzo, oltrepassa il cortile e poi attraversa la strada. Imbocca la stradina sterrata che conduce al campo nomadi. Lo aveva già fatto un'altra volta, tanti anni prima, quando ancora guidava l'automobile. Era una serata d'inverno, molto nebbiosa. A un certo punto, mentre stava rientrando a casa, aveva perso l'orientamento e per errore si era inoltrato proprio in quella strada. Si era reso conto dello sbaglio quando aveva visto sfilare accanto a lui baracche con il tetto di lamiera e roulottes. Aveva arrestato di colpo la macchina. Una vecchia zingara aveva incollato il faccione al finestrino. Nella sua bocca spiccavano alcuni denti d'oro. Si era spaventato, aveva innestato la retromarcia e, in qualche modo, era riuscito a uscire dal campo. Faticava ad ammetterlo, ma quella sera aveva avuto paura.
Ma adesso non nutre più alcun timore, tanto è forte il suo risentimento. Ormai è dentro all'accampamento, che sembra quasi deserto. Qualcuno, prudente, si affaccia dalla soglia delle baracche, altri lo osservano nascosti dietro gli oblò delle roulottes. Il vecchio avanza finché un uomo abbastanza giovane gli sbarra il passo. Ora anche tutti gli altri occupanti del campo escono. Sono tanti, e quasi lo circondano. Un cane viene ad annusargli i pantaloni, poi si allontana di corsa.
"Che cosa vuoi? Perché hai il fucile?" domanda l'uomo al vecchio. È alto e ha il viso scuro. Porta i capelli legati a coda e ha un cerchio d'oro all'orecchio.
"E tu chi sei?" domanda il vecchio, tenendo sempre il fucile puntato.
"Sono Janko" risponde l'altro.
"Janko! Che razza di nome! Sei tu il capo, il re dei zingari?"
Il nomade sorride, pur continuando a tener d'occhio la bocca della carabina rivolta su di lui.
"Qui non ci sono capi, soltanto famiglie" dice.
Il vecchio grugnisce ma non dice nulla.
"Che cosa vuoi fare? Mi vuoi sparare?" dice ancora lo zingaro.
Il vecchio sogghigna.
"No, non sparerò a te, ma a quelli lì" dice, indicando un gruppo di bambini seminudi, con i visi luridi, che lo stanno osservando, con le piccole bocche spalancate.
"No, tu non farai questo. Non lo farai perché sei una persona buona e non vuoi fare del male a nessuno".
Il vecchio abbassa il fucile poi, dopo averlo impugnato con una sola mano, si accende una sigaretta.
"Dovete smetterla di bruciare plastica. Il fumo è tossico" dice aspirando la prima boccata.
Lo zingaro annuisce.
"Hai ragione, non lo faremo più, altrimenti ci faranno andare via. E noi non sappiamo dove andare. Questa è l'ultima volta".
"Non ruberete più rame?" domanda il vecchio.
"No".
"E che cosa farete per vivere?"
"Ruberemo qualcos'altro. Molti di noi comunque lavorano".
Il vecchio rimane sorpreso dalla disarmante sincerità del nomade.
"E la pagherete la tassa sui zingari?" domanda.
L'altro si stringe nelle spalle e abbozza un sorriso.
"Mi vendi il fucile?" chiede poi lo zingaro sorprendendo il vecchio.
"Non funziona. È rotto".
"Non importa, non lo voglio usare. Mi piace perché è vecchio. È un bell'oggetto, e a noi piacciono le cose belle".
Il vecchio osserva con attenzione il fucile.
"È vecchio quasi quanto me. Tieni, te lo regalo" dice, e poi lo porge allo zingaro.
"Vuoi bere qualcosa? Fa molto caldo e tu mi sembri stanco".
"Un po' d'acqua" risponde il vecchio. "Se non è troppo sporca" aggiunge, prima di scoppiare a ridere e poi a tossire.
Dopo pochi istanti una ragazza graziosa, che porta lunghe trecce nere, gli porge un bicchiere di plastica. L'acqua è fresca.
"Va bene, adesso vado" dice il vecchio dopo aver bevuto. "Mi raccomando i fuochi".
"Stai tranquillo" lo rassicura Janko.
"Buona giornata a tutti" dice il vecchio, prima di tornare a casa.
Quando entra in tinello, stanco e accaldato, trova la moglie seduta al tavolo, con le mani giunte.
"Grazie a Dio sei tornato!" esclama la donna, visibilmente sollevata. "Che cosa è successo?" domanda.
L'uomo si siede, le giunture delle ginocchia scricchiolano.
"Stai tranquilla, è tutto a posto. Non ci daranno più fastidio".
"E il fucile?"
"L'ho buttato, tanto era vecchio e rotto. Non c'è stato bisogno di minacce, è bastato fare la voce grossa. I zingari non sono molto coraggiosi".

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