Osservo il ragazzo nero appostato accanto all'uscita della tabaccheria. In mano tiene un cappello
rovesciato. Quando transita un passante frettoloso lui si esibisce in un
piccolo inchino, sporge il berretto e farfuglia qualche incomprensibile parola.
Quasi sempre viene ignorato, qualcuno scuote il capo e affretta il passo. Il
ragazzo non è solo. Numerosi colleghi di sventura sono sistemati agli angoli
delle vie del centro, presso negozi, bar o edicole. Sembrano tutti uguali.
"Voi colonnelli o
generali mi sembrate tutti uguali, non riesco a distinguere uno
dall'altro" diceva un comandante dell'esercito sudvietnamita a un
ufficiale americano suo alleato.
Ecco, per noi è quasi
la stessa cosa. Tutti questi ragazzi neri che chiedono l'elemosina, tutti
vestiti con un'anonima maglietta e un comune paio di pantaloni, tutti con il
cappello in mano e pronti al saluto ossequioso e umiliante per strappare
qualche spicciolo, tutti ci sembrano uguali. La loro individualità, che pure
esiste, eccome se esiste, è annullata.
E poi, i pensieri di molti
passanti, che facilmente riusciamo a immaginare: "Alla tua età, così
giovane e così robusto, ma perché non vai a lavorare invece di domandare la
questua?"
Il fatto è che di lavoro
c'è n'è poco, e non c'è n'è affatto per chi probabilmente non ha neppure il
permesso di soggiorno eppure deve, in qualche modo, provvedere alle più
elementari necessità di sopravvivenza.
Torno a osservare il
ragazzo vicino alla tabaccheria. Si deterge la fronte con la mano,
evidentemente è sudato. Pare incredibile sudare mentre, immobili, si chiede la carità.
Eppure è così. Il sole estivo picchia forte, e il carico emotivo dovuto alla
avvilente condizione contribuisce non poco a surriscaldare il corpo.
A un tratto una giovane
donna esce dalla tabaccheria. È alta e robusta, vestita con cura, con una gran
criniera di capelli biondi. Si ferma di fronte al ragazzo nero e mette mano al
borsellino. Lui si inchina di fronte a lei, come da copione, lei prende alcune
monete e le lascia cadere nel cappello. Lui bofonchia qualche parola di
ringraziamento, lei gli si avvicina di più e gli accarezza la guancia. Lui
strabuzza gli occhi e rimane a bocca aperta, mentre lei già si allontana,
scuotendo i fianchi poderosi, diretta forse al lavoro.
Proseguo il mio
cammino.
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