Pedro abbassò lo
sguardo, un po' mortificato ma comunque soddisfatto. Silenzio. Nella baracca si
udiva soltanto il ronzio insistente di un moscone. Pedro lo seguì a lungo con
lo sguardo. Poi all'improvviso scattò. La sua grossa mano si abbatté con
sorprendente rapidità sul piano del tavolo producendo un tonfo secco. E
l'insetto fu poltiglia. L'uomo si pulì il palmo della mano sulla camicia.
Carlos lo guardò disgustato, e lui accennò un timido sorriso, poco più di una
smorfia grottesca.
"Pedro" disse
Carlos. "All'inizio del prossimo mese prenderò le ferie".
"Lo so, e mi
lascerai da solo per almeno due settimane. Spero di cavarmela".
"Certo che te la
caverai! E poi in quel periodo non dovrebbe esserci troppo lavoro. Anche la
legge riposa, e mi auguro lo facciano pure i delinquenti".
"Che cosa farai?
Andrai da qualche parte?" domandò Pedro al collega.
"Sì, spero proprio
di sì. Vorrei fare qualcosa che non ho mai fatto in vita mia. Prenderò la mia
vecchia e andremo al mare, noi due da soli. Pensa Pedro, nessuno dei due ha mai
visto il mare".
"Dici sul serio?
Non avete mai visto il mare?"
"Perché? Tu per
caso ci sei stato?" disse Carlos, con un tono di voce lievemente alterato.
"No" fu la
dimessa risposta dell'altro.
"E tu, quando
pensi di fare le ferie, sempre se ciò sarà possibile?"
"Non preoccuparti,
per quest'anno niente vacanze. Ho deciso di farmele pagare, le ferie. Ho
bisogno di soldi. In autunno si sposerà mia figlia Marianna. Abbiamo deciso di
aggiungere una stanza alla casa, per lei e il marito, e le spese sono
tante".
"Marianna, una
gran bella ragazza".
"Come dici,
Carlos?"
"Nulla, lascia
stare".
Di nuovo silenzio. Pedro,
nervosamente, si servì un'altra generosa dose di tequila.
"Pedro! Finirai
per sbronzarti! Ti rammento che stai lavorando".
"Non preoccuparti,
Carlos. Soltanto un ultimo bicchierino, poi..."
I due all'improvviso si
zittirono. Avevano udito dei rumori provenire dall'esterno della baracca.
Passi, e voci.
"Il capitano
Gallego!" esclamò Carlos e subito si alzò in piedi. Poi si diresse verso
la porta. Il collega scostò in maniera precipitosa la sedia e lo seguì.
Uscirono. Carlos non si era sbagliato. Era davvero il capitano Gallego, il
comandante della locale stazione di polizia. Lo videro che stava avanzando
verso il centro del cortile. Non era solo. Si trattava di un gruppo di uomini,
dalla composizione piuttosto eterogenea. Davanti a tutti procedeva un individuo
sconosciuto. I suoi abiti, una camicia sbiadita e dei pantaloni di tela grezza,
erano sporchi e laceri. L'uomo dimostrava circa quarant'anni anche se era
difficile attribuirgli un'età precisa. Il suo volto era gonfio e tumefatto.
Sullo zigomo sinistro spiccava un taglio profondo, dal quale fuoriusciva
sangue. Camminava zoppicando perché uno dei suoi stivali aveva perso il tacco.
Le mani erano serrate da pesanti manette di ferro. Dietro di lui c'era Ramirez,
una giovane guardia. E poi il capitano Gallego, sudato e stravolto per il gran
caldo. La giubba dell'ufficiale era sbottonata e impolverata, così come coperti
di polvere erano i suoi stivali. Completava il singolare quartetto il giudice
Mendoza che, al contrario degli altri, appariva decisamente a proprio agio,
fresco e in ordine. Indossava un impeccabile completo nero, con una camicia
bianca dal colletto completamente abbottonato e un cravattino rosso.
"Carlos! Pedro!"
urlò Gallego, anche se aveva già individuato i due, in attesa fuori dalla
baracca.
"Comandi!"
rispose Carlos. Pedro si limitò ad annuire.
"Mi dispiace per
voi, ma ne abbiamo ancora uno" disse il capitano.
Pedro guardò l'orologio
e poi indirizzò uno sguardo implorante al collega, che gli fece cenno di aver
compreso.
"Vedo, signor
capitano" disse Carlos. "E buonasera a voi, signor giudice.
Scusatemi, ma permettetemi di far notare che io e il mio collega stiamo per
smontare. Mi chiedo se non sarebbe possibile rimandare. Magari a domani
mattina, quando sarà più fresco".
"Qual è il
problema?" ruggì il giudice.
Un'espressione di
imbarazzo si dipinse sul volto del capitano Gallego.
"Sarebbe che non
ci sono più soldi..." iniziò a dire, mentre Carlos e Pedro assentivano
energicamente.
"Quali soldi? Di
cosa state parlando?" disse Mendoza.
"...per pagare gli
straordinari" ultimò in tutta fretta l'ufficiale.
"Tutto qua? È
questo il problema? I soldi?" gridò il giudice, alterato.
Carlos cercò di
rimediare.
"Signor giudice,
non dovete pensare che noi..."
"Zitto! Voi fate
il vostro lavoro e il vostro dovere, in fretta e senza discutere. Ai soldi
penserò io. Parlerò con il governatore e vi farò avere la vostra dannata ora di
straordinario!"
"Grazie, signor
giudice".
"Sbrigatevi!
Procedete senza ulteriori indugi".
A queste ultime parole
del giudice l'uomo ammanettato, che fino a quell'istante non aveva aperto bocca,
reagì in maniera strana. Iniziò a singhiozzare, sussultando in maniera convulsa
ma senza emettere alcun suono.
"Merda! Si è
pisciato addosso!" esclamò il giovane Ramirez indicando una chiazza scura
che si stava allargando sul cavallo dei pantaloni del prigioniero.
"Meglio così.
Almeno non lo farà dopo" sentenziò aspro il giudice.
"Forza ragazzi,
datevi da fare" incitò il capitano Gallego rivolgendosi a Carlos e Pedro.
"Niente
prete?" domandò Carlos con un riacquistato tono professionale.
"No. Ho mandato un
ragazzo a cercare don Benito. Alla fine lo ha trovato, ma era completamente
sbronzo e non in grado di camminare. Quindi, faremo senza".
(continua)
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