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lunedì 3 luglio 2017

IL PANE QUOTIDIANO - 2° PARTE


Pedro abbassò lo sguardo, un po' mortificato ma comunque soddisfatto. Silenzio. Nella baracca si udiva soltanto il ronzio insistente di un moscone. Pedro lo seguì a lungo con lo sguardo. Poi all'improvviso scattò. La sua grossa mano si abbatté con sorprendente rapidità sul piano del tavolo producendo un tonfo secco. E l'insetto fu poltiglia. L'uomo si pulì il palmo della mano sulla camicia. Carlos lo guardò disgustato, e lui accennò un timido sorriso, poco più di una smorfia grottesca.
"Pedro" disse Carlos. "All'inizio del prossimo mese prenderò le ferie".
"Lo so, e mi lascerai da solo per almeno due settimane. Spero di cavarmela".
"Certo che te la caverai! E poi in quel periodo non dovrebbe esserci troppo lavoro. Anche la legge riposa, e mi auguro lo facciano pure i delinquenti".
"Che cosa farai? Andrai da qualche parte?" domandò Pedro al collega.
"Sì, spero proprio di sì. Vorrei fare qualcosa che non ho mai fatto in vita mia. Prenderò la mia vecchia e andremo al mare, noi due da soli. Pensa Pedro, nessuno dei due ha mai visto il mare".
"Dici sul serio? Non avete mai visto il mare?"
"Perché? Tu per caso ci sei stato?" disse Carlos, con un tono di voce lievemente alterato.
"No" fu la dimessa risposta dell'altro.
"E tu, quando pensi di fare le ferie, sempre se ciò sarà possibile?"
"Non preoccuparti, per quest'anno niente vacanze. Ho deciso di farmele pagare, le ferie. Ho bisogno di soldi. In autunno si sposerà mia figlia Marianna. Abbiamo deciso di aggiungere una stanza alla casa, per lei e il marito, e le spese sono tante".
"Marianna, una gran bella ragazza".
"Come dici, Carlos?"
"Nulla, lascia stare".
Di nuovo silenzio. Pedro, nervosamente, si servì un'altra generosa dose di tequila.
"Pedro! Finirai per sbronzarti! Ti rammento che stai lavorando".
"Non preoccuparti, Carlos. Soltanto un ultimo bicchierino, poi..."
I due all'improvviso si zittirono. Avevano udito dei rumori provenire dall'esterno della baracca. Passi, e voci.
"Il capitano Gallego!" esclamò Carlos e subito si alzò in piedi. Poi si diresse verso la porta. Il collega scostò in maniera precipitosa la sedia e lo seguì. Uscirono. Carlos non si era sbagliato. Era davvero il capitano Gallego, il comandante della locale stazione di polizia. Lo videro che stava avanzando verso il centro del cortile. Non era solo. Si trattava di un gruppo di uomini, dalla composizione piuttosto eterogenea. Davanti a tutti procedeva un individuo sconosciuto. I suoi abiti, una camicia sbiadita e dei pantaloni di tela grezza, erano sporchi e laceri. L'uomo dimostrava circa quarant'anni anche se era difficile attribuirgli un'età precisa. Il suo volto era gonfio e tumefatto. Sullo zigomo sinistro spiccava un taglio profondo, dal quale fuoriusciva sangue. Camminava zoppicando perché uno dei suoi stivali aveva perso il tacco. Le mani erano serrate da pesanti manette di ferro. Dietro di lui c'era Ramirez, una giovane guardia. E poi il capitano Gallego, sudato e stravolto per il gran caldo. La giubba dell'ufficiale era sbottonata e impolverata, così come coperti di polvere erano i suoi stivali. Completava il singolare quartetto il giudice Mendoza che, al contrario degli altri, appariva decisamente a proprio agio, fresco e in ordine. Indossava un impeccabile completo nero, con una camicia bianca dal colletto completamente abbottonato e un cravattino rosso.
"Carlos! Pedro!" urlò Gallego, anche se aveva già individuato i due, in attesa fuori dalla baracca.
"Comandi!" rispose Carlos. Pedro si limitò ad annuire.
"Mi dispiace per voi, ma ne abbiamo ancora uno" disse il capitano.
Pedro guardò l'orologio e poi indirizzò uno sguardo implorante al collega, che gli fece cenno di aver compreso.
"Vedo, signor capitano" disse Carlos. "E buonasera a voi, signor giudice. Scusatemi, ma permettetemi di far notare che io e il mio collega stiamo per smontare. Mi chiedo se non sarebbe possibile rimandare. Magari a domani mattina, quando sarà più fresco".
"Qual è il problema?" ruggì il giudice.
Un'espressione di imbarazzo si dipinse sul volto del capitano Gallego.
"Sarebbe che non ci sono più soldi..." iniziò a dire, mentre Carlos e Pedro assentivano energicamente.
"Quali soldi? Di cosa state parlando?" disse Mendoza.
"...per pagare gli straordinari" ultimò in tutta fretta l'ufficiale.
"Tutto qua? È questo il problema? I soldi?" gridò il giudice, alterato.
Carlos cercò di rimediare.
"Signor giudice, non dovete pensare che noi..."
"Zitto! Voi fate il vostro lavoro e il vostro dovere, in fretta e senza discutere. Ai soldi penserò io. Parlerò con il governatore e vi farò avere la vostra dannata ora di straordinario!"
"Grazie, signor giudice".
"Sbrigatevi! Procedete senza ulteriori indugi".
A queste ultime parole del giudice l'uomo ammanettato, che fino a quell'istante non aveva aperto bocca, reagì in maniera strana. Iniziò a singhiozzare, sussultando in maniera convulsa ma senza emettere alcun suono.
"Merda! Si è pisciato addosso!" esclamò il giovane Ramirez indicando una chiazza scura che si stava allargando sul cavallo dei pantaloni del prigioniero.
"Meglio così. Almeno non lo farà dopo" sentenziò aspro il giudice.
"Forza ragazzi, datevi da fare" incitò il capitano Gallego rivolgendosi a Carlos e Pedro.
"Niente prete?" domandò Carlos con un riacquistato tono professionale.
"No. Ho mandato un ragazzo a cercare don Benito. Alla fine lo ha trovato, ma era completamente sbronzo e non in grado di camminare. Quindi, faremo senza".
(continua)

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