L'uomo appoggiò la
caffettiera sul fornello e accese il fuoco.
"Un altro?"
domandò Pedro.
"L'ultimo"
rispose Carlos. "Me lo voglio proprio gustare".
"Tra mezz'ora si
smonta" disse l'altro.
"Appunto. Ascolta,
tieni d'occhio la caffettiera mentre esco un attimo".
"D'accordo, vai
pure".
Carlos aprì la porta
della baracca e subito fu investito da una vampata di calore. Indietreggiò,
infastidito. Si guardò attorno, afferrò un cappello dalle larghe tese e se lo
calcò in testa, poi uscì. Lentamente, l'uomo si accese un sigaro e si inoltrò
nell'ampio cortile, dove non c'era la minima traccia di ombra. Carlos iniziò a
sudare copiosamente. Si passò una mano sulla fronte, poi sul lungo naso, per
asciugarsi. Con un movimento inconsapevole si lisciò i folti baffi neri. Giunse
in prossimità di una massiccia struttura posta proprio nel centro dello
spiazzo. La osservò dal basso: una grande pedana di legno, rialzata, alla quale
era possibile accedere attraverso una ripida scaletta. Sopra, due travi
verticali, affiancate e unite alla sommità da una barra trasversale dalla quale
pendeva una corda con un cappio. L'uomo sputò a terra, quindi aspirò un'ultima
voluttuosa boccata, poi gettò il sigaro. Guardò verso gli uffici che
circondavano il cortile: il tribunale, la stazione di polizia. Da una finestra,
lasciata aperta, provenivano voci e grida soffocate. Gemiti e lamenti. Tornò
indietro, verso la baracca, e vi rientrò.
"Cristo! Che caldo
infernale. È pronto il caffè?"
Una tazzina sbeccata e
la caffettiera erano già sul tavolo.
"E tu? Niente?"
domandò Carlos.
"No. Non so
proprio come diavolo riesci a buttare giù roba calda. Preferisco bere
qualcos'altro". E si servì una robusta dose di tequila.
"Diciamo che
ognuno si scalda a modo suo" disse Carlos, poi sogghignò.
Pedro tracannò il
liquido ardente tutto di un fiato. In un attimo la pelle del suo viso da bruna
si fece paonazza. L'uomo schioccò più volte la lingua, soddisfatto. Anche lui,
come il collega, portava i baffi, i quali tuttavia non spiccavano a sufficienza,
quasi persi in quel tondo faccione che sembrava ancora più ampio per via di un
accentuato doppio mento. Gli occhi erano piccoli e scuri, e troppo distanti
l'uno dall'altro. Pedro risistemò sulla sedia il suo corpo pingue, alla ricerca
di una posizione più confortevole. Nello stesso tempo Carlos, sempre stando in
piedi, terminò di sorseggiare il caffè. Poi, finalmente, andò a occupare l'altra
sedia, al tavolo. Oltre a quel misero tavolino e alle traballanti a scombinate
seggiole, nella baracca non c'era molto di più: un lavello di pietra sorretto
da due staffe di ferro, una piccola stufa che non veniva accesa neppure in
inverno, il fornello, un armadietto privo di un battente e uno schedario colmo
di carte. Il pavimento e le pareti della casupola erano di legno.
"Carlos..."
Nessuna risposta.
"Ehi, Carlos!"
L'altro sobbalzò.
Stordito dal caldo, si era per un attimo assopito.
"Eh? Che cosa
c'è?" disse, tornando improvvisamente alla realtà.
"Scusami, Carlos.
Non intendevo svegliarti" disse Pedro. "Volevo soltanto dirti di mio
figlio".
Carlos si era svegliato
male.
"Figlio? Quale
figlio? Cazzo! Ti ricordo che di figli ne hai cinque!"
"Sì, hai ragione.
Scusa. Scusami tanto. Mi riferivo a Ricardito".
"Ricardito? Quel
buono a nulla? Che cosa diavolo ha di nuovo combinato?"
Pedro era imbarazzato.
"Nulla, non ha combinato
nulla. Lo sai che adesso sta rigando dritto. Ha avuto qualche problema, ma ora
è tutto sistemato. In fondo è un bravo ragazzo".
"Guarda che
Ricardito non è del tutto finito..." riprese in tono aggressivo Carlos.
"No, amico. Ti
dico che ti sbagli. È un giovane molto volenteroso, con lui bisogna soltanto
avere un po' di pazienza. È vero, è un po' lento di testa, ma poi alla fine ci
arriva. Però qualcuno gli deve dare una possibilità. Mi chiedevo se tu potresti
parlare con il capitano Gallego".
"Sei pazzo? Vuoi
farlo entrare in polizia?"
"È lui che lo
vuole! Le divise gli sono sempre piaciute. E poi predilige obbedire agli ordini".
"Già, ma gli
ordini occorre anche comprenderli" brontolò Carlos a bassa voce.
"Come dici?"
"Niente, niente.
Vedremo se si può fare qualcosa. In effetti tuo figlio una qualità la possiede:
è grande e grosso e Gallego ha di sicuro necessità di qualcuno che sappia pestare
come si deve. Non è così Pedro?"
L'altro sorrise
nervosamente.
"Grazie Carlos, mi
piacerebbe se Ricardito si sistemasse come ha fatto il tuo Mario".
"Che cazzo dici?
Mario ha studiato. Ha frequentato la scuola per sottufficiali. Infatti adesso è
in città e non in questa merda di paese!"
"Sì, è vero. Hai
ragione. Intendevo soltanto dire che..."
"Lascia stare, Pedro.
Ho capito. Vedremo che cosa si può fare per quel testone. Te lo prometto".
"Grazie
Carlos".
"Cristo, Pedro! Mi
hai già ringraziato! Non c'è bisogno di strisciare come un verme quando si
domanda un favore a qualcuno. D'accordo, sono il tuo superiore ma ci conosciamo
da tanto tempo e si può dire che siamo amici. Quindi, per favore, falla
finita".
(continua)
(continua)
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