Odio gli ignoranti. Ritengo che, come forse diceva Jorge
Luis Borges, "esistere configuri l’essere settari". Non può esserci
chi si limita a respirare, cioè gli estranei alla civiltà, gli alieni alla
cultura. Chi vive davvero non può non inseguire il sapere, e parteggiare per
l’erudizione. Ignoranza è mancanza di volontà, è stupidità, è pigrizia
intellettuale, non è vita. Perciò odio gli ignoranti.
L'ignoranza è il greve fardello della storia. E' la zavorra
di ferro per l’innovatore, è il materiale esanime nel quale si spengono spesso
le passioni più luminose, è il pantano che circonda l’antica fortezza, quella
dell'ignoranza, e la preserva meglio dei bastioni più robusti, meglio degli
scudi dei suoi difensori, perché ingoia nei suoi vortici fangosi gli
assaltatori, e li stermina e li fiacca e spesso li fa recedere dal compimento
dell’intrepida azione.
L'ignoranza agisce vigorosamente nella storia. Opera senza
slancio, perché ne è priva, ma agisce. E' il destino; è ciò su cui non si può
fare assegnamento; è ciò che scompagina i buoni propositi, che butta all’aria i
piani meglio congegnati; è l’elemento brutale che si ribella alla conoscenza e
la annulla. Ciò che accade, l’inettitudine della mente che investe tutti, o
quasi tutti, l’eventuale positività che un gesto rivolto a evocare la bellezza
della sapienza può generare, non è tanto esito dell'iniziativa dei pochi che
operano, quanto dell'ignoranza, dell'ottusità dei più. Ciò che ne deriva, non
si verifica tanto perché qualcuno auspica che si verifichi, quanto perché la
moltitudine degli esseri umani rinuncia alle proprie aspirazioni, permette che
prevalga la barbarie dell’incultura, consente che si aggroviglino le annodature
che poi soltanto la spada potrà recidere, permette che vengano pronunciate
parole senza peso, dettate dall’arroganza, dalla patetica e vuota presunzione di piccoli
uomini che occupano ridicoli posti di potere, uomini né temuti né rispettati,
ma solamente odiati e destinati, inevitabilmente, a scontare la loro miseria di spirito. Il caso che pare guidare la storia non è
altro che esteriorità ingannevole di questa ignoranza, di questa penosa
stoltezza. Accadimenti si perfezionano nell'oscurità di solitarie stanze, poche
mani, poche menti tarde, sorvegliate da nessuno, che partoriscono mostri, che generano
l’idiozia. Così come, per buona sorte, sfuggono alla guardia altre mani dalle dita agili, dita
che corrono veloci sui tasti e combattono le manipolazioni e gli inganni dei
falsi potenti, dei principi dell’ignoranza. E ciò fino a squarciare il velo di
tenebra, a lacerare la cortina dell’imbecillità.
I destini di
un'epoca, di una intera civiltà, sono maneggiati in base alle concezioni
limitate e agli obiettivi subitanei e personali di piccoli gruppi di gente
rozza e incolta che occupa grotteschi posti di potere. Ma le circostanze che a
lungo hanno stagionato arrivano a sboccare; la tela, quella oscura, frutto
della stoltezza e dell’ignavia giunge prima o poi a conclusione. Ed è proprio
nel momento del trionfo della menzogna e della falsità sulla conoscenza che le
fragili fondamenta dell’edificio della cultura rischiano di crollare. E allora
sembra sia il fato a travolgere tutto e tutti, pare che la conoscenza non sia
che un grande fenomeno naturale, uno sfogo, un sisma, nel quale a tutti tocca
soccombere, chi si è impegnato per migliorarsi e chi no, chi sapeva e chi non
sapeva, chi ha inseguito la cultura e chi l’ignoranza. E quest’ ultimo si
stizzisce, vorrebbe scampare ai deleteri effetti, vorrebbe mostrarsi non
responsabile. Alcuni frignano, altri imprecano nel loro linguaggio limitato, ma
nessuno o pochi si domandano: se mi fossi impegnato di più, se avessi cercato
di rifuggire dall’ignoranza, sarebbe accaduto ciò che è invece capitato? Ma
nessuno o pochi si fanno una colpa della loro ignoranza, del loro scarso
impegno, di non aver fatto parte di quel gruppo di individui che, appunto per
impedire quel tale delitto, lottavano, e che per provvedere quel tale bene si
esponevano.
Odio gli ignoranti.
Anche per ciò mi dà tedio il loro mugolio di perpetui innocenti. Chiedo conto a
ognuno di essi di come ha svolto l’incombenza che la vita gli ha assegnato e
gli pone tutti i giorni, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto.
E ritengo di poter essere spietato, di non dover consumare la mia compassione,
di non dover condividere con loro il mio pianto. Sono settario, esisto, sento
nelle coscienze giuste della mia parte già palpitare l'attività di una civiltà
futura che da parte mia sto contribuendo a edificare. E in essa il vincolo
sociale non grava su pochi, in essa ogni cosa che accade non è dovuta al caso,
alla fatalità, ma al potere della conoscenza, all’autorevolezza della cultura. Alla
sua ineguagliabile bellezza. In questo nuovo modello evolutivo non c'è nessuno
che stia alla finestra a osservare mentre i pochi si sacrificano; e che colui che
sta alla finestra, appostato, voglia sfruttare quel poco bene che l'operosità
di pochi fornisce ed esprima la sua delusione dileggiando e irridendo
l’umiliato, lo svilito perché non ha raggiunto il suo scopo.
Esisto, sono settario. Perciò odio chi non lo è, chi
disprezza la conoscenza e il sapere. Chi
disdegna la bellezza della arti, tutte, chi le svilisce con aria di superiorità. Chi
trae vanto dalla propria insulsaggine. Per questo odio gli ignoranti.
Concordo, però...EINSTEIN, lo saprai, diceva:"la fantasia è superiore alla conoscenza!" Un saluto.
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