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lunedì 24 luglio 2017

GELOSIA


Quando l'uomo rientrò a casa trovò la moglie in camera da letto. La donna si stava sfilando le scarpe, scalciandole lontano da sé. Emise un sospiro di sollievo, sollevata da quella costrizione.
L'uomo si era fermato sulla soglia della stanza. Aveva appoggiato le chiavi sul comò.
"Ciao, sei arrivata tardi" disse.
Lei lo guardò.
"Oh, i soliti problemi. Anche tu hai fatto tardi" disse.
Lui non rispose. Continuò a osservare la moglie, che ora si stava spogliando. Si tolse la camicetta, poi lasciò cadere a terra la gonna. Constatò che era ancora una bella donna, nonostante fossero trascorsi quasi dieci anni da quando l'aveva sposata. Non si trattava di una bellezza appariscente, come quella delle modelle che si vedevano in televisione o sulle riviste; lei aveva un fisico minuto, ma con tutte le curve al punto giusto, e dalla sua persona si sprigionava una potente sensualità. Una carnalità che, da sempre, aveva alimentato la sua gelosia.
L'uomo era stato preda di quel malevolo e oscuro sentimento fin da quando l'aveva conosciuta. Per tanto tempo era riuscito a reprimerlo, a confinarlo nei più profondi recessi del suo animo, a far sì che non trasparisse, che non fosse evidente. Negli ultimi tempi tutto ciò non gli era più riuscito. La gelosia lo corrodeva e lo corrompeva sempre di più. La diffidenza e il sospetto alimentavano tutti i suoi pensieri, li dilatavano, guidavano e sporcavano le sue azioni.
L'uomo era convinto che la moglie lo tradisse. Da qualche tempo, infaticabilmente, si era messo alla ricerca di prove che confermassero quella che, da pura sensazione, si era trasformata in certezza.
Aveva iniziato a controllare il suo cellulare, alla ricerca di chiamate o messaggi compromettenti. Quando erano in casa, origliava le sue conversazioni telefoniche. Frugava nelle tasche dei suoi abiti e nella sua borsetta. Era attento riguardo tutti i suoi spostamenti. Cercava sul suo corpo, sulla sua pelle, tracce olfattive di lozioni da barba sconosciute. Alla fine la sua ricerca era stata premiata: aveva trovato uno scontrino di un bar, sul quale era indicata la consumazione di due caffè. L'ora corrispondeva all'orario di uscita dal lavoro della moglie. Nemmeno per un istante pensò che l'altra persona potesse essere un'amica o una collega di ufficio della donna. No, si trattava di sicuro di un uomo, del suo amante. Tuttavia riteneva quella prova non ancora sufficiente. Per smascherare la traditrice aveva bisogna di coglierla sul fatto, in modo che lei non avesse nessuna possibilità di negare. Aveva cominciato a seguirla. Di pomeriggio si appostava di fronte alla sua sede di lavoro, la guardava uscire, sempre da sola, e incamminarsi verso casa. Lui le andava dietro, stando bene attento a non farsi scorgere. Lei non faceva mai soste, non incontrava mai nessuno. Era furba, e molto accorta. Quel giorno invece le cose erano andate in maniera differente, e i suoi dubbi residui erano stati finalmente dispersi. Lei era uscita dall'ufficio al solito orario, ma stavolta non si era diretta verso casa, si era incamminata nella direzione opposta. Era vestita in maniera elegante, il trucco appena rifatto. Si era fatta bella per incontrare il suo amante. L'uomo aveva avuto come un mancamento, un piccolo capogiro che lo aveva distratto. L'aveva persa di vista. Affannato, con rivoli di sudore freddo che gli scorrevano lungo la schiena, aveva cercato di ritrovarla in mezzo alla folla del centro. Dopo pochi minuti c'era riuscito, e lei non era più sola. A fianco aveva un uomo alto, un bell'uomo per la verità. Lui si era bloccato, con la vista annebbiata. Mai avrebbe creduto che l'avverarsi dei suoi sospetti potesse ridurlo a un tale stato di prostrazione. E di rabbia. Si era diretto verso il primo bar e aveva continuato a bere per quasi un'ora. Poi era tornato a casa, ubriaco e distrutto.
E adesso lei era lì davanti a lui, con un lieve sorriso sul volto. Un risolino beffardo, insopportabile. La donna indossò una logora tuta, l'uomo decise di lasciare da parte ogni cautela.
"Oggi ti ho visto con un uomo. Un uomo alto" disse semplicemente-
Lei trasalì.
"Che cosa?" rispose, attonita.
"Sei una puttana" aggiunse lui, calmo, anche se l'intero suo corpo ribolliva.
"Cosa stai dicendo? Sei impazzito?"
"Non negare, ti ho visto".
"Mi hai seguita?"
"Traditrice".
Lei esplose.
"Basta!" urlò. "Non ne posso più della tua gelosia! Tu sei malato" Ti devi far curare!"
"Troia" fu tutto ciò che l'uomo aggiunse. Aveva la bocca sempre più impastata. Era pallido.
Lei, sempre più indignata, non disse più nulla. Aprì l'armadio, estrasse un grosso borsone e cominciò a riempirlo alla rinfusa di abiti e biancheria.
"Che cosa stai facendo?" domandò l'uomo, anche se aveva già capito. Lei se ne stava andando. Stava andando a raggiungere il suo amante.
Lei, con gesti sempre più nervosi, chiuse la borsa, lo oltrepassò senza degnarlo di uno sguardo e uscì di casa. Lui non la seguì.
Quando la donna richiuse dietro di sé la porta di ingresso, si fermò per un attimo sul pianerottolo. Respirò profondamente un paio di volte. Finalmente ce l'aveva fatta. Aveva trovato il coraggio di lasciare quell'uomo opprimente e ossessivo, che con i suoi continui sospetti e assilli le aveva reso la vita un autentico inferno. E pensò che non avrebbe mai finito di ringraziare quell'uomo sconosciuto, alto e distinto, con il quale aveva scambiato un fuggevole sguardo di simpatia, che per pochi metri, per puro caso, l'aveva affiancata mentre camminava diretta verso un negozio di cravatte. Aveva intenzione di comprarne una da regalare al marito.

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