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martedì 19 novembre 2024

ROSSANA

"E questa Rossana chi sarebbe?" domanda mia madre.

"Si tratta di una compagna di scuola. Anzi, di banco" rispondo.

Sempre così, quando si tratta di ragazze mia madre diventa sospettosa, indagatrice. Sembra quasi sia gelosa.

"E perché devi andare a casa sua?"

"Te l'ho detto, per aiutarla. Ha delle difficoltà in matematica".

"Abita troppo lontano".

"Ma no, prenderò il treno. Quaranta minuti o poco più" dico.

"Questa storia non mi piace" dice ancora mia madre.

"Ciao mamma". 

Rossana l'ho conosciuta due mesi fa quando, il primo giorno di scuola del secondo anno delle superiori, è venuta a sedersi accanto a me, allo stesso banco. In classe è nuova, perché è stata bocciata e ripete l'anno. Non è molto alta, ha dei bei capelli, e in testa porta sempre una bandana.

Quando scendo dal treno sono quasi le tre del pomeriggio. Mi avvio per la via principale di quel piccolo paese di mezza montagna.

Non puoi sbagliare, mi ha detto la mia compagna di classe, è l'unico albergo della via.

I genitori di Rossana gestiscono un albergo, che in questo periodo è chiuso per via di alcuni lavori di ristrutturazione.

Suono il campanello, e subito Rossana si materializza.

"Ciao, grazie per essere venuto" dice. Poi mi fa cenno di seguirla. Saliamo di un piano, quindi ci addentriamo in un lungo e buio corridoio.

"I miei per il momento non ci sono" dice Rossana. "In ogni caso ho pensato che per stare più tranquilli a studiare possiamo utilizzare una camera".

A metà corridoio si ferma e apre una porta.

"Vieni" dice.

La stanza è graziosa. Ha una moquette verde e le pareti rivestite di legno. L'arredo è semplice ed essenziale: letto, comodini, un armadio e una comoda scrivania.

"Ci possiamo sistemare qui" dice Rossana, indicando proprio il tavolo.

La mia compagna indossa una camicia a quadri di stoffa pesante e un paio di pantaloni a vita bassa, a zampa di elefante, che strusciano a terra. Non ha la bandana. È la prima volta che la vedo senza.

"Hai freddo?" domanda Rossana.

"Insomma..." Ci saranno non più di quindici gradi.

"Sai che cosa potremmo fare?" dice. "Metterci sotto le coperte, così non sentiremo freddo".

La proposta mi sconcerta un po'. La guardo.

"Naturalmente ti dovrai togliere le scarpe" dice lei, con un sorriso. Poi scalcia gli zoccoli che indossa, scosta le coperte e si infila nel letto.

"Prendi il libro e gli appunti e sbrigati" mi incita.

Faccio ciò che dice. Quando sono nel letto, seduto, Rossana si avvicina e si posiziona spalla a spalla con me.

"Così riesco a leggere anch'io" dice. "È inutile usare due libri". Sento il suo fiato sul lobo dell'orecchio.

Dopo mezz'ora di studio Rossana inizia ad agitarsi. Muove le gambe.

"Ho caldo, ti spiace se tolgo i pantaloni?" domanda. Ovviamente non aspetta risposta. Ha già deciso di farlo.

Balza fuori dal letto, sbottona e sfila l'indumento in un attimo. Lo lascia a terra. Vedo che indossa dei collant color fumo. Ritorna sotto le coperte.

"Se hai caldo puoi farlo anche tu" dice.

"No, sto bene così. Anzi, forse è meglio che vada" farfuglio. Il gesto di Rossana mi ha turbato.

"Di già?" dice lei, mentre appoggia la sua gamba fasciata di quasi nulla alla mia, e poi esercita una lieve pressione.

Quasi in preda al panico scendo dal letto, infilo le scarpe, arraffo libro e quaderni.

"Ciao Rossana, ci vediamo domani a scuola" dico con voce sempre più incerta, senza voltarmi. Lo faccio per un attimo, prima di oltrepassare la soglia, e scorgo le labbra carnose della mia compagna atteggiate in un sorriso divertito.

Non riesco a trovare subito la via d'uscita. L'albergo è grande e buio, faccio fatica a orientarmi.

Quando finalmente raggiungo l'ingresso principale, sento Rossana che mi chiama. Mi fermo, e subito lei compare. Ha avuto il tempo di svestire i collant, le sue gambe ora sono nude.

"In matematica sei bravo, sul resto puoi migliorare" dice. Poi mima un bacio.

 

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