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martedì 7 gennaio 2025

IL TARLO

Quel pensiero lo tormentava da quasi quarant'anni. Con il trascorrere del tempo, l'assillo si era trasformato in una specie di tarlo, in una sorta di congettura ossessiva, che lo faceva soffrire. Non che si soffermasse di continuo su quell'ormai antica questione, tuttavia quando il cruccio riaffiorava era così insidioso da essere in grado di affliggerlo in profondità. Tanto da poter guastare un'intera giornata.

Tutto era accaduto quando lui aveva poco più di diciotto anni e suo fratello quasi ventidue.

I loro genitori possedevano una casa in campagna, in un piccolo paese collinare. Nei fine settimana estivi, lui e il fratello si recavano nella proprietà senza la compagnia dei loro vecchi, che preferivano l'aria di mare.

Quella volta suo fratello era partito il sabato mentre lui, impegnato in un concorso, lo aveva raggiunto soltanto la domenica.

Tutto sembrava essere come sempre. A pranzo, dopo avere cucinato entrambi, parlarono del più e del meno mangiando ciò che avevano preparato.

"Che cosa farai oggi pomeriggio?" chiese.

"Oh, andrò al bar a seguire la gara di Formula 1" rispose il fratello.

A lui, invece, le corse automobilistiche non interessavano.

"Andrò a fare una passeggiata con Alberta" disse.

Alberta era la sua fidanzata. Almeno, lui la considerava tale, anche se il loro legame non era mai stato ufficializzato. La ragazza aveva diciassette anni, e anche i suoi genitori avevano una casetta in quel borgo, e vi si recavano quasi tutte le settimane per respirare un po' di aria buona.

Alberta, come sempre, lo stava aspettando davanti casa, vicino alla fontana. I due si salutarono, senza baciarsi, poi si avviarono fianco a fianco, senza prendersi per mano. Si inoltrarono in un viottolo, all'ombra. Dopo aver camminato per venti minuti, ed essere rimasti quasi sempre in silenzio, si sedettero a riposare su una grossa pietra. Soltanto allora lui prese la mano della ragazza e la accarezzò. Lei lo guardò a lungo, poi lo baciò sulla guancia.

"Ti devo dire una cosa" disse Alberta, distogliendo lo sguardo.

Lui, un po' allarmato, le lasciò la mano.

"Che cosa?"

"Tuo fratello..."

"Ebbene?"

"Tuo fratello ieri sera ci ha provato con me" disse infine la ragazza, in un sussurro.

"Che cosa?" domandò lui, incredulo.

Lei annuì per confermare ciò che aveva appena detto, poi proseguì.

"Eravamo tutti alla piazzetta (per tutti si riferiva al solito gruppetto del sabato sera). A un certo punto tuo fratello è venuto a sedersi sulla panchina proprio accanto a me. Mi stava molto attaccata. Sentivo la pressione della sua coscia contro la mia. Mi ha chiesto della scuola, poi ha iniziato a farmi complimenti di ogni genere. Dapprima ha detto che il mio profitto scolastico è fantastico, che sono un piccolo genio, poi che i miei occhi sono bellissimi, così come la pelle del mio viso. Con noncuranza mi ha messo un braccio intorno alle spalle, ha finto di verificare la consistenza della stoffa della mia gonna, mi ha accarezzato la gamba. Sono ammutolita, poi mi sono resa conto di ciò che stava accadendo, sono arrossita e subito dopo sono scattata in piedi. Lui ha sorriso, ma si vedeva che era contrariato. Con una scusa mi sono allontanata e sono tornata a casa".

Lui, a quel racconto, divenne cereo in volto.

"Scusa, ma è andata così. Ci sono rimasta molto male. In ogni caso mi sembrava giusto dirtelo".

Lui cercò di dissimulare, senza riuscirvi, la sua rabbia e il suo dolore.

"Non è colpa tua" riuscì soltanto a dire.

"Che cosa farai? Gli dirai qualcosa?" domandò Alberta.

Lui si alzò in piedi. Poi iniziò a camminare in tondo.

"Che cosa farò? Quell'idiota mi sentirà! Non doveva permettersi di fare una cosa simile!" urlò.

"Calmati" disse lei, poi si alzò a sua volta, lo prese per mano (sentì che tremava) e ripresero la passeggiata.

A suo fratello non disse nulla, né allora e neppure nei successivi quarant'anni. I loro rapporti, tuttavia, in gran parte si guastarono, non furono più come prima.

Lui e Alberta dopo poco tempo si lasciarono, l'anno successivo i loro genitori vendettero la casa.

Il tarlo, però, era rimasto. E continuava a tormentarlo. Doveva finalmente decidersi a parlare con suo fratello. Sì, prima o dopo lo doveva proprio fare.   

 

 

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