Quel pensiero lo
tormentava da quasi quarant'anni. Con il trascorrere del tempo, l'assillo si
era trasformato in una specie di tarlo, in una sorta di congettura ossessiva,
che lo faceva soffrire. Non che si soffermasse di continuo su quell'ormai
antica questione, tuttavia quando il cruccio riaffiorava era così insidioso da
essere in grado di affliggerlo in profondità. Tanto da poter guastare
un'intera giornata.
Tutto era accaduto
quando lui aveva poco più di diciotto anni e suo fratello quasi ventidue.
I loro genitori
possedevano una casa in campagna, in un piccolo paese collinare. Nei fine
settimana estivi, lui e il fratello si recavano nella proprietà senza la
compagnia dei loro vecchi, che preferivano l'aria di mare.
Quella volta suo
fratello era partito il sabato mentre lui, impegnato in un concorso, lo aveva
raggiunto soltanto la domenica.
Tutto sembrava essere
come sempre. A pranzo, dopo avere cucinato entrambi, parlarono del più e del
meno mangiando ciò che avevano preparato.
"Che cosa farai
oggi pomeriggio?" chiese.
"Oh, andrò al bar
a seguire la gara di Formula 1" rispose il fratello.
A lui, invece, le corse
automobilistiche non interessavano.
"Andrò a fare una
passeggiata con Alberta" disse.
Alberta era la sua
fidanzata. Almeno, lui la considerava tale, anche se il loro legame non era mai
stato ufficializzato. La ragazza aveva diciassette anni, e anche i suoi
genitori avevano una casetta in quel borgo, e vi si recavano quasi tutte le
settimane per respirare un po' di aria buona.
Alberta, come sempre,
lo stava aspettando davanti casa, vicino alla fontana. I due si salutarono,
senza baciarsi, poi si avviarono fianco a fianco, senza prendersi per mano. Si
inoltrarono in un viottolo, all'ombra. Dopo aver camminato per venti minuti, ed
essere rimasti quasi sempre in silenzio, si sedettero a riposare su una grossa
pietra. Soltanto allora lui prese la mano della ragazza e la accarezzò. Lei lo
guardò a lungo, poi lo baciò sulla guancia.
"Ti devo dire una
cosa" disse Alberta, distogliendo lo sguardo.
Lui, un po' allarmato,
le lasciò la mano.
"Che cosa?"
"Tuo
fratello..."
"Ebbene?"
"Tuo fratello ieri
sera ci ha provato con me" disse infine la ragazza, in un sussurro.
"Che cosa?"
domandò lui, incredulo.
Lei annuì per
confermare ciò che aveva appena detto, poi proseguì.
"Eravamo tutti
alla piazzetta (per tutti si riferiva al solito gruppetto del sabato sera). A
un certo punto tuo fratello è venuto a sedersi sulla panchina proprio accanto a
me. Mi stava molto attaccata. Sentivo la pressione della sua coscia contro la
mia. Mi ha chiesto della scuola, poi ha iniziato a farmi complimenti di ogni
genere. Dapprima ha detto che il mio profitto scolastico è fantastico, che sono
un piccolo genio, poi che i miei occhi sono bellissimi, così come la pelle del
mio viso. Con noncuranza mi ha messo un braccio intorno alle spalle, ha finto
di verificare la consistenza della stoffa della mia gonna, mi ha accarezzato la
gamba. Sono ammutolita, poi mi sono resa conto di ciò che stava accadendo, sono
arrossita e subito dopo sono scattata in piedi. Lui ha sorriso, ma si vedeva
che era contrariato. Con una scusa mi sono allontanata e sono tornata a
casa".
Lui, a quel racconto,
divenne cereo in volto.
"Scusa, ma è
andata così. Ci sono rimasta molto male. In ogni caso mi sembrava giusto
dirtelo".
Lui cercò di
dissimulare, senza riuscirvi, la sua rabbia e il suo dolore.
"Non è colpa
tua" riuscì soltanto a dire.
"Che cosa farai?
Gli dirai qualcosa?" domandò Alberta.
Lui si alzò in piedi.
Poi iniziò a camminare in tondo.
"Che cosa farò?
Quell'idiota mi sentirà! Non doveva permettersi di fare una cosa simile!"
urlò.
"Calmati"
disse lei, poi si alzò a sua volta, lo prese per mano (sentì che tremava) e
ripresero la passeggiata.
A suo fratello non
disse nulla, né allora e neppure nei successivi quarant'anni. I loro rapporti,
tuttavia, in gran parte si guastarono, non furono più come prima.
Lui e Alberta dopo poco
tempo si lasciarono, l'anno successivo i loro genitori vendettero la casa.
Il tarlo, però, era
rimasto. E continuava a tormentarlo. Doveva finalmente decidersi a parlare con
suo fratello. Sì, prima o dopo lo doveva proprio fare.
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