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martedì 1 maggio 2012

DEMAGOGHI



È di pochi giorni fa il forte e accorato appello del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a non inseguire, lungo la loro azzardata e dannosa strada, nuovi e vecchi demagoghi.
Per demagogia si intende il decadimento dell’idea di democrazia, cioè il ricercare l’approvazione delle masse popolari attraverso l’emotività, cavalcando i pregiudizi e le suggestioni piuttosto che puntare sulla partecipazione rappresentativa, che è la caratteristica tipica di un sistema democratico sano.
Nel nostro Paese, storicamente, è sempre esistita una parte di elettorato – dal cinque al dieci per cento – disposta a seguire l’arruffapopoli di turno. Benito Mussolini ne è un solido e tragico esempio. Oppure, nell’immediato dopoguerra, il Fronte dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini. E così via.
Tornando ai nostri giorni, chi sono veramente i nuovi demagoghi, quelli che turbano i sonni del Capo dello Stato?
Rilanciato dalla crisi della politica, il primo tra tutti è di sicuro Beppe Grillo, il mediocre comico genovese ora a capo del Movimento Cinque Stelle. Autentico agitatore da palco, propone idee, progetti e programmi alquanto confusi, in gran parte irrealizzabili e, in alcuni casi, anche pericolosi. Ciò non toglie che nel suo movimento siano presenti persone serie e preparate, dotate di ottime intenzioni e di buona volontà, destinate però a veder svanire le loro illusioni. Beppe Grillo riuscirà comunque, nell’immediato futuro, a convogliare su di sé una significativa fetta del voto di protesta. Un consenso destinato a non essere speso, quindi inutile.
Un altro politico, nondimeno di tutt’altra natura, che ha fondato le sue fortune sul populismo e sulla facile propaganda è Antonio Di Pietro. L’ex magistrato da anni porta avanti la sua strategia basata sull’opposizione ad ogni costo. È difficile comprendere quanto tale atteggiamento possa essere utile per il Paese. In ogni caso è sempre bene diffidare di chi, per presentare la sua offerta politica, si affida a un partito personale, vizio d’origine che annulla qualsiasi prospettiva.
Non è per nulla sbiadito il ricordo di un altro partito personale, anzi di un vero e proprio partito-azienda che, nei due decenni appena trascorsi, ha rischiato di trascinare alla completa rovina il nostro Paese. Ci si riferisce evidentemente a Silvio Berlusconi, sobillatore-soft ma non per questo meno nocivo. I risultati del suo operato sono sotto gli occhi di tutti, e devono rappresentare un chiaro monito indirizzato a chi, nonostante tutto, continua a ricercare e auspicare soluzioni facili basate sulla pura promozione, se non su una vera e propria corruzione del popolo.
Per non parlare, infine, di ciò che ha rappresentato nel panorama politico italiano il movimento (poi diventato partito) della Lega Nord, guidato in maniera spregiudicata da quel vero istigatore che è stato Umberto Bossi. Inutile, alla luce di ciò che è emerso negli ultimi tempi, spendere ulteriori parole per quello che è stato il più grande fallimento politico della cosiddetta Seconda Repubblica. Un vero disastro. La fine di un sogno ventennale per milioni di ingenui militanti, ai quali rimane, invece del promesso federalismo, soltanto… un pugno di diamanti.
Occorre comunque sempre vigilare, facendo ricorso a equilibrio, buon senso e saggezza, affinché tali spinte populiste non possano mai prevalere e rimangano invece marginali, piccole e irrilevanti patologie del sistema politico, dalle quali sia possibile guarire senza subire danni permanenti.

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