È di pochi giorni fa il forte e accorato
appello del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a non inseguire, lungo
la loro azzardata e dannosa strada, nuovi e vecchi demagoghi.
Per demagogia si intende il decadimento
dell’idea di democrazia, cioè il ricercare l’approvazione delle masse popolari attraverso
l’emotività, cavalcando i pregiudizi e le suggestioni piuttosto che puntare
sulla partecipazione rappresentativa, che è la caratteristica tipica di un
sistema democratico sano.
Nel nostro Paese, storicamente, è sempre
esistita una parte di elettorato – dal cinque al dieci per cento – disposta a
seguire l’arruffapopoli di turno. Benito Mussolini ne è un solido e tragico
esempio. Oppure, nell’immediato dopoguerra, il Fronte dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini. E così via.
Tornando ai nostri giorni, chi sono
veramente i nuovi demagoghi, quelli che turbano i sonni del Capo dello Stato?
Rilanciato dalla crisi della politica, il
primo tra tutti è di sicuro Beppe Grillo, il mediocre comico genovese ora a
capo del Movimento Cinque Stelle. Autentico agitatore da palco, propone idee,
progetti e programmi alquanto confusi, in gran parte irrealizzabili e, in
alcuni casi, anche pericolosi. Ciò non toglie che nel suo movimento siano
presenti persone serie e preparate, dotate di ottime intenzioni e di buona
volontà, destinate però a veder svanire le loro illusioni. Beppe Grillo
riuscirà comunque, nell’immediato futuro, a convogliare su di sé una significativa
fetta del voto di protesta. Un consenso destinato a non essere speso, quindi inutile.
Un altro politico, nondimeno di tutt’altra
natura, che ha fondato le sue fortune sul populismo e sulla facile propaganda è
Antonio Di Pietro. L’ex magistrato da anni porta avanti la sua strategia basata
sull’opposizione ad ogni costo. È difficile comprendere quanto tale
atteggiamento possa essere utile per il Paese. In ogni caso è sempre bene
diffidare di chi, per presentare la sua offerta politica, si affida a un
partito personale, vizio d’origine che annulla qualsiasi prospettiva.
Non è per nulla sbiadito il ricordo di un
altro partito personale, anzi di un vero e proprio partito-azienda che, nei due
decenni appena trascorsi, ha rischiato di trascinare alla completa rovina il
nostro Paese. Ci si riferisce evidentemente a Silvio Berlusconi, sobillatore-soft
ma non per questo meno nocivo. I risultati del suo operato sono sotto gli occhi
di tutti, e devono rappresentare un chiaro monito indirizzato a chi, nonostante
tutto, continua a ricercare e auspicare soluzioni facili basate sulla pura promozione,
se non su una vera e propria corruzione del popolo.
Per non parlare, infine, di ciò che ha
rappresentato nel panorama politico italiano il movimento (poi diventato partito)
della Lega Nord, guidato in maniera spregiudicata da quel vero istigatore che è
stato Umberto Bossi. Inutile, alla luce di ciò che è emerso negli ultimi tempi,
spendere ulteriori parole per quello che è stato il più grande fallimento
politico della cosiddetta Seconda Repubblica. Un vero disastro. La fine di un
sogno ventennale per milioni di ingenui militanti, ai quali rimane, invece del
promesso federalismo, soltanto… un pugno di diamanti.
Occorre comunque sempre vigilare, facendo
ricorso a equilibrio, buon senso e saggezza, affinché tali spinte populiste non
possano mai prevalere e rimangano invece marginali, piccole e irrilevanti
patologie del sistema politico, dalle quali sia possibile guarire senza subire
danni permanenti.
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