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venerdì 25 maggio 2012

IL QUADRO



In fondo, è bastato poco. Un turno elettorale amministrativo che, in condizioni normali, non sarebbe stato di grande rilievo. Che avrebbe fornito qualche utile indicazione, messo in evidenza tendenze e umori dei cittadini, e nulla di più. Invece il quadro politico ne è risultato sconvolto e, in prospettiva delle elezioni politiche del prossimo anno, è bene riflettere e riconsiderare a freddo la situazione.
Si è insistito molto, commentando i risultati, sull’indubbio successo del Movimento Cinque Stelle. Per i seguaci di Grillo si tratta sicuramente di un ottimo risultato, tuttavia affermare che ciò sia un qualcosa di inatteso non è del tutto corretto. Un tale livello di consenso era, a mio avviso, alquanto prevedibile.
I demagoghi e gli agitatori hanno sempre avuto un buon seguito nel nostro Paese. Sembra che una parte consistente di nostri concittadini ne senta un bisogno al quale non è possibile rinunciare. I danni che poi derivano da questi atteggiamenti scriteriati e irresponsabili sono ormai ben noti perché ce lo insegna la storia, ma non si riesce comunque a resistere a questa fatale attrazione. Un noto arruffapopoli, l’indecente Silvio Berlusconi, è appena caduto in disgrazia che subito sorge la necessità di sostituirlo. Beppe Grillo può andare benissimo per assolvere tale compito, al di là di ciò che dice o di ciò che propone o non propone. L’importante è avere qualcuno a cui accodarsi, mentre sarebbe più importante, nonché segno di acquisita maturità, avere qualcosa da seguire, e mi riferisco naturalmente a un’idea, un valore, una visione, un progetto e così via.
Il fatto è che, a parte la fenomenologia del M5S, tutti gli altri partiti, quelli tradizionali per intenderci, di impianto novecentesco, strutturati e/o radicati, sono usciti dal confronto elettorale piuttosto malconci. Alcuni a pezzi. Altri ancora rischiano una rapida estinzione.
Il PDL è finito. Lo ha ammesso - forse con eccessiva precipitazione - lo stesso Berlusconi. Quando ha affermato ciò la sua intenzione era quella di azzerare tutto, di ripartire per l’ennesima volta, forse addirittura quella di riproporre la propria candidatura, di mettere da parte la sbiadita e impotente figura di quell’Alfano che lui stesso ha scelto, ultimo errore - in fondo veniale - di una teoria infinita, sbagli che hanno condotto il Paese sull’orlo del fallimento. I colonnelli-servi del suo partito gli hanno impedito di farlo. Si riparte, ma sempre dal PDL. In che modo? Nessuno lo sa, visto che nel partito-azienda regna la massima confusione. Qualcuno, da tempo, è pronto a scappare. Nessuno pare accorgersi che gli elettori sono già in libera uscita, pronti a votare per Grillo (come molti hanno già fatto) o per qualsiasi altro sobillatore che potrebbe presentare la sua offerta politica d’ora in avanti.
Voti in libera uscita dei quali, di certo, non beneficerà la Lega Nord. Anche questa formazione politica è ormai finita. L’ingenua gente del Nord è stata prima illusa e poi ingannata, presa in giro in tutti i modi da una cricca avida, becera e pure ridicola. Roberto Maroni, il prossimo segretario e curatore fallimentare del partito, ha detto che per i leghisti la traversata nel deserto è ormai terminata. In realtà i leghisti dal deserto - da quel loro deserto interiore soprattutto - non usciranno mai più, perché si sono irrimediabilmente smarriti. Di conseguenza, anche alcuni elettori della Lega si sono buttati tra le braccia del comico genovese. Ingenuità senza limiti, come ricordato in precedenza, o autentica stoltezza del popolo padano? Seppure a malincuore, opterei per la seconda ipotesi…  
E Casini, il bello e inconcludente Casini, come ha reagito alle proprie notevoli ammaccature? Per prima cosa ha scaricato Fini (ridotto a rigido ectoplasma e che finalmente sta pagando tutti i suoi tremendi errori politici) e ora aspetta le decisioni dell’amletico Luca di Montezemolo, per poi accodarsi e continuare così a svolgere le sue funzioni di eterno parassita della politica.
Il PD, invece, può dire di aver vinto le elezioni amministrative. Ha vinto ma di sicuro non ha trionfato, come sarebbe stato auspicabile in questa attuale condizione di vuoto politico. E mai vittoria è apparsa così triste. All’interno del partito sta finalmente maturando la consapevolezza che, senza un radicale rinnovamento di volti e idee, senza scelte concrete e immediate su programmi e alleanze, non si potrà andare lontano. Potrebbe però essere troppo tardi. E ciò vale anche per formazioni politiche abbastanza giovani come SEL e IDV, che già appaiono superate.
Per tutti si è concluso un ciclo, e nulla sarà come prima. Chi non sarà in grado di rinnovarsi in fretta sarà perduto. Non sappiamo ancora da chi sarà riempito il grande vuoto che esiste attualmente. L’auspicio è che le aspettative sul futuro siano connotate dalla speranza di un cambiamento positivo e non dalla paura di un salto nel buio.

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