In fondo, è bastato poco. Un turno
elettorale amministrativo che, in condizioni normali, non sarebbe stato di
grande rilievo. Che avrebbe fornito qualche utile indicazione, messo in
evidenza tendenze e umori dei cittadini, e nulla di più. Invece il quadro politico
ne è risultato sconvolto e, in prospettiva delle elezioni politiche del
prossimo anno, è bene riflettere e riconsiderare a freddo la situazione.
Si è insistito molto, commentando i
risultati, sull’indubbio successo del Movimento Cinque Stelle. Per i seguaci di
Grillo si tratta sicuramente di un ottimo risultato, tuttavia affermare che ciò
sia un qualcosa di inatteso non è del tutto corretto. Un tale livello di
consenso era, a mio avviso, alquanto prevedibile.
I demagoghi e gli agitatori hanno sempre
avuto un buon seguito nel nostro Paese. Sembra che una parte consistente di
nostri concittadini ne senta un bisogno al quale non è possibile rinunciare. I
danni che poi derivano da questi atteggiamenti scriteriati e irresponsabili sono
ormai ben noti perché ce lo insegna la storia, ma non si riesce comunque a
resistere a questa fatale attrazione. Un noto arruffapopoli, l’indecente Silvio
Berlusconi, è appena caduto in disgrazia che subito sorge la necessità di
sostituirlo. Beppe Grillo può andare benissimo per assolvere tale compito, al
di là di ciò che dice o di ciò che propone o non propone. L’importante è avere
qualcuno a cui accodarsi, mentre sarebbe più importante, nonché segno di
acquisita maturità, avere qualcosa da
seguire, e mi riferisco naturalmente a un’idea, un valore, una visione, un
progetto e così via.
Il fatto è che, a parte la fenomenologia
del M5S, tutti gli altri partiti, quelli tradizionali per intenderci, di impianto
novecentesco, strutturati e/o radicati, sono usciti dal confronto elettorale piuttosto
malconci. Alcuni a pezzi. Altri ancora rischiano una rapida estinzione.
Il PDL è finito. Lo ha ammesso - forse
con eccessiva precipitazione - lo stesso Berlusconi. Quando ha affermato ciò la
sua intenzione era quella di azzerare tutto, di ripartire per l’ennesima volta,
forse addirittura quella di riproporre la propria candidatura, di mettere da
parte la sbiadita e impotente figura di quell’Alfano che lui stesso ha scelto,
ultimo errore - in fondo veniale - di una teoria infinita, sbagli che hanno
condotto il Paese sull’orlo del fallimento. I colonnelli-servi del suo partito
gli hanno impedito di farlo. Si riparte, ma sempre dal PDL. In che modo? Nessuno
lo sa, visto che nel partito-azienda regna la massima confusione. Qualcuno, da
tempo, è pronto a scappare. Nessuno pare accorgersi che gli elettori sono già
in libera uscita, pronti a votare per Grillo (come molti hanno già fatto) o per
qualsiasi altro sobillatore che potrebbe presentare la sua offerta politica d’ora
in avanti.
Voti in libera uscita dei quali, di
certo, non beneficerà la Lega Nord. Anche questa formazione politica è ormai
finita. L’ingenua gente del Nord è stata prima illusa e poi ingannata, presa in
giro in tutti i modi da una cricca avida, becera e pure ridicola. Roberto
Maroni, il prossimo segretario e curatore fallimentare del partito, ha detto che
per i leghisti la traversata nel deserto è ormai terminata. In realtà i
leghisti dal deserto - da quel loro deserto interiore soprattutto - non
usciranno mai più, perché si sono irrimediabilmente smarriti. Di conseguenza, anche
alcuni elettori della Lega si sono buttati tra le braccia del comico genovese.
Ingenuità senza limiti, come ricordato in precedenza, o autentica stoltezza del
popolo padano? Seppure a malincuore, opterei per la seconda ipotesi…
E Casini, il bello e inconcludente
Casini, come ha reagito alle proprie notevoli ammaccature? Per prima cosa ha
scaricato Fini (ridotto a rigido ectoplasma e che finalmente sta pagando tutti
i suoi tremendi errori politici) e ora aspetta le decisioni dell’amletico Luca
di Montezemolo, per poi accodarsi e continuare così a svolgere le sue funzioni
di eterno parassita della politica.
Il PD, invece, può dire di aver vinto le elezioni
amministrative. Ha vinto ma di sicuro non ha trionfato, come sarebbe stato
auspicabile in questa attuale condizione di vuoto politico. E mai vittoria è
apparsa così triste. All’interno del partito sta finalmente maturando la
consapevolezza che, senza un radicale rinnovamento di volti e idee, senza
scelte concrete e immediate su programmi e alleanze, non si potrà andare
lontano. Potrebbe però essere troppo tardi. E ciò vale anche per formazioni
politiche abbastanza giovani come SEL e IDV, che già appaiono superate.
Per tutti si è concluso un ciclo, e nulla
sarà come prima. Chi non sarà in grado di rinnovarsi in fretta sarà perduto.
Non sappiamo ancora da chi sarà riempito il grande vuoto che esiste
attualmente. L’auspicio è che le aspettative sul futuro siano connotate dalla
speranza di un cambiamento positivo e non dalla paura di un salto nel buio.
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