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domenica 17 aprile 2011

L'ESAME



Anche quel giorno, Giorgio arrivò in anticipo. Arrivava sempre in anticipo. Cercò di dominare l’ansia producendosi in alcuni respiri profondi, poi entrò. Nell’atrio era seduta una ragazza, in attesa.
“Ciao. Sei qui per l’esame di Fenomenologia della Politica?” domandò Giorgio, sedendosi.
“Sì” rispose la ragazza, e si scostò leggermente da lui.
Giorgio non ne fu sorpreso. La guardò. Era bionda, ma i suoi capelli apparivano stopposi, privi di vita. Il viso, dai lineamenti sottili, era pallido, esangue. Il suo corpo era di una magrezza spaventosa. Il ragazzo distolse lo sguardo, turbato.
“Tra un po’ toccherà a me, ma non me la sento” cinguettò la giovane.
Giorgio sussultò, colto di sorpresa.
“Come? Vuoi dire che non intendi sostenere l’esame?” chiese.
“No. Pensavo di farcela, ma proprio non ci riesco.”
“È il tuo primo esame diretto?”
“Sì.”
“Anche per me. Ed è anche l’ultimo. Voglio dire, ho finito e perciò ci terrei a sostenerne almeno uno. Di quel tipo, intendo. Dicono che per avere un punteggio finale alto sia essenziale.”
“Lo so, ma proprio non ce la faccio. Me ne vado” disse la ragazza. Ora sembrava spaventata.
“Il professor Dotti è così terribile?” incalzò Giorgio.
“No, è bravissimo.”
“Ah! Lo hai mai visto? Di persona, intendo.”
“No, ho assistito alle sue lezioni via ologramma. Mi è piaciuto e allora…” All’improvviso la ragazza scoppiò a piangere, si alzò, afferrò la tavoletta digitale e scappò via.
“Aspetta…” disse il ragazzo. Inutile, lei era già fuori.
Giorgio deglutì, nervoso. Guardò il display luminoso appeso alla parete. Tra poco sarebbe toccato a lui. Si tormentò a lungo i capelli, poi alzò nuovamente lo sguardo e… Scattò come una molla.
“Avanti!” ruggì una voce profonda. Il ragazzo entrò nel piccolo studio. Il professor Dotti era sprofondato in una grossa poltrona. Di fronte a lui c’era un tavolo con il piano di vetro. Indicò a Giorgio una sedia in plexiglass e lo invitò ad accomodarsi. Il docente, piuttosto anziano, aveva sul viso un’espressione bonaria. Giorgio non poté fare a meno di notare le sue folte sopracciglia e alcuni minuscoli e disgustosi peli che spuntavano dalle narici. Ma ciò che colpì il ragazzo fu soprattutto l’odore. Certo, anche prima, quando si era avvicinato – troppo? – alla ragazza anoressica era stato disturbato dalle emanazioni che provenivano dal suo corpo. Ma non aveva osato spostarsi. Per fortuna, l’aveva fatto lei. Ma adesso era diverso. Dal corpo del professore scaturiva un odore pungente, un afrore penetrante che lo disgustava, che quasi gli impediva di respirare. Nessuno, ormai, era più abituato alla presenza di corpi altrui. Cercò di concentrarsi sull’interrogazione.
“Gli iscritti erano cinque, e si è presentato soltanto lei” disse il docente, con voce stanca.
“Come?”
“No, niente. Non importa. Era solo l’amara considerazione di un vecchio e rassegnato professore.” Sospirò. “Comunque, sappia che apprezzo il suo coraggio.”
Giorgio non seppe che cosa rispondere.
“Dunque, iniziamo. Qual è l’elemento che più caratterizza il sistema politico alla fine del secolo scorso e nei primi decenni di quello nuovo? Che cosa accade esattamente in quegli anni?”
Giorgio cercò di raccogliere le idee.
“Aspetti, l’aiuto” disse Dotti, e premette un pulsante. Sulle pareti dello studio fu proiettata l’immagine di un uomo ormai anziano, con il volto carico di fondo tinta e con un falso sorriso abbozzato sulle labbra.
“Il signor B.!” esclamò Giorgio.
“Esatto, mi riferisco proprio a lui. Prego.”
“In quel periodo il sistema dei partiti attraversò una profonda crisi, che rispecchiava la decadenza di valori e di principi della società. Lui seppe interpretare alla perfezione quella congiuntura sociale e fondò il primo dei suoi innumerevoli partiti. Iniziò così a governare e lo fece, a parte qualche breve intervallo nei primi tempi, per quasi trent’anni. I risultati della sua azione di governo furono quasi sempre disastrosi, ma i suoi elettori non sembravano rendersene conto, e continuavano a sostenerlo senza manifestare alcun dubbio, senza mostrare il minimo ripensamento. Una specie di fenomeno di ipnosi – o di narcosi? – collettiva che, tra l’altro, investì tutti gli strati sociali.”
“Bene. Ipnosi collettiva? Sì, mi piace. Il signor B. gode quindi, all’epoca, di un ampio consenso che, in qualche modo, riesce a perpetuare per un lungo periodo, fino alla grande crisi del ’24, giusto?” disse Dotti.
“Esatto, professore.”
“Ma come nasce questo consenso? E, soprattutto, quali sono gli strumenti utilizzati per il suo mantenimento?”
“Beh… all’inizio scaturì attraverso il controllo totale e la manipolazione degli strumenti di informazione, che all’epoca erano costituiti innanzitutto da giornali e televisione.”
“E in seguito?” incalzò il professore.
“Tali mezzi non furono più sufficienti e si dovette ricorrere all’acquisizione” rispose Giorgio.
“L’acquisizione! Un termine che fa parte di un lessico politico ormai superato!” esclamò Dotti.
Giorgio notò che minuscole gocce di saliva si erano depositate sul piano del tavolo, fuoriuscite in conseguenza dell’impeto mostrato dal professore nel pronunciare l’ultima frase. Per un attimo, distolse il capo, schifato. Il docente, tuttavia, non se n’era accorto e proseguì il colloquio d’esame.
“Mi spieghi, che cos’era questa acquisizione?”
“Il signor B. utilizzò le sue immense risorse patrimoniali per acquistare, per così dire, parlamentari eletti in altri schieramenti e, almeno all’inizio, questa soluzione si rivelò vincente. Ma, con il passare del tempo, diventò insufficiente.”
“Perché?”
“Gli schieramenti di minoranza corsero ai ripari. Attraverso severe selezioni riuscirono a individuare candidati assolutamente incorruttibili. La cosa funzionò.”
“E che fa il signor B.? Qual è la sua contromossa?”
“Acquistò gli elettori dell’opposizione. A milioni. A quel punto diventò inutile candidare persone oneste, integerrime. Tanto, non venivano elette.”
“E poi?”
“La crisi di sistema fu inevitabile, con tutte le sue disastrose conseguenze. Si cercò di rimediare privatizzando le istituzioni e la politica, che furono dati in gestione a società esterne, ma i risultati furono piuttosto deludenti.”
“Già. Torniamo un attimo indietro. Abbiamo detto che l’azione di governo del signor B. è stata… sconfortante. Le chiedo: in tutti i campi?”
“No, non in tutti. La gestione fu estremamente incisiva in un campo: quello della giustizia.”
“Che cosa accadde?”
“Il signor B., politico senza scrupoli, privo di etica sia pubblica che privata, amava definirsi come un perseguitato da parte della magistratura. Naturalmente, in ciò non c’era alcun fondamento, i giudici si limitavano a svolgere il proprio dovere. Comunque, decise di intervenire. Fece approvare leggi che prevedevano l’applicazione di sanzioni assai dure in caso di minimo errore da parte del giudice, vero o presunto che fosse tale sbaglio, che andavano dall’immediata destituzione a lunghe pene detentive. Il risultato fu che i giudici ebbero paura e non emisero più sentenze di condanna. Tutti i processi avevano così lo stesso esito: l’assoluzione dell’imputato.”
“Bene. E questa è la goccia che fa traboccare il vaso. Il popolo, finalmente, si risveglia…”
“Se vuole…” iniziò Giorgio.
“No, è sufficiente così. Cambiamo argomento” disse il professor Dotti.
Fece un paio di domande sul fenomeno dei movimenti politici a guida carismatica globalizzata, alle quali lo studente rispose in maniera brillante. Poi, con l’aria soddisfatta, si protese sul tavolo. Giorgio registrò subito il gesto, si irrigidì e indietreggiò con la sedia. Un riflesso involontario.
Il professor Dotti finse di non aver colto la mossa del giovane. Consultò la sua tavoletta digitale. Poi si rivolse allo studente.
“Abbiamo finito. Le rinnovo la mia stima per essersi presentato. Vedo che questo è il suo ultimo esame. Un buon esame. Se lo ritiene opportuno, le farei ancora una domanda. Ci terrei molto ad attribuirle anche la lode.”
Giorgio annuì, compiaciuto. Una lode ottenuta in un esame diretto gli avrebbe aperto una serie di importanti opportunità future. Si augurò che la domanda fosse semplice. Magari proprio quella che lui sperava. Di solito era fortunato.
“Torniamo di nuovo al primo decennio del secolo. È in grado di illustrarmi in maniera dettagliata, ricorrendo a confronti e analogie, quali siano state le implicazioni politiche di quell’importante fenomeno denominato dagli analisti bunga-bunga?”
Giorgio sorrise e iniziò a rispondere.





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