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domenica 10 aprile 2011

IL VERO CORONA



“Il vero Corona sono io!” Con queste parole spesso esordisce Mauro Corona quando incontra i suoi sempre più numerosi lettori. Scrittore, è vero, ma anche ex-bracconiere e cavatore di pietra, nonché bevitore, boscaiolo e apprezzato scultore del legno. Corona vive a Erto, in Friuli, il paese ripido, scosceso, dove tutto scivola verso il basso. Il paese che, nell’autunno del 1963, fu spazzato via dall’acqua tracimata dalla diga del Vajont, dopo che una enorme frana precipitata dal monte Toc aveva occupato l’invaso artificiale. Le vittime di quella tragedia furono più di duemila, interi paesi furono inondati e distrutti e in seguito ricostruiti. Ma nulla fu più come prima. La natura aveva cercato di riprendersi il suo spazio, quello spazio che gli era stato sottratto dall’uomo, impegnato soltanto a soddisfare le sue brame di ricchezza e di falso benessere, incurante di avere alterato un equilibrio che deve sempre esistere tra l’essere umano e l’ambiente in cui vive.
Corona, a suo modo, è dunque un sopravvissuto e, come tutti i testimoni e i superstiti di immani sciagure, ha sviluppato negli anni un duplice atteggiamento: da un lato si è sentito in colpa perché in questi casi tutti sono responsabili, anche chi, come nel suo caso, all’epoca era solo un ragazzo. Dall’altro si è trasformato nel custode della memoria, del ricordo di tempi, di fatti e persone ormai scomparse, di un modo di vivere che non potrà ritornare. Di un mondo e di una cultura, quelli della montagna, spietati e crudeli ma comunque meritevoli di rievocazione. Allora hanno preso forma i suoi libri. È nata così la saga di Erto, di quel paese ripido e scosceso, come non manca mai di ripetere lo stesso scrittore, nel quale è difficile vivere perché tutto tende a scorrere verso valle: cose, uomini, alberi, animali e sentimenti. Un paese che ormai non c’è più, che esiste soltanto nella memoria di chi non ne rinnega il ricordo. Il mondo di Mauro Corona è duro, feroce, spesso brutale, com’era la vita tra quelle valli, all’ombra delle alte e impervie montagne. Ma, spesso, è anche poetico, in modo struggente. Difficili da scordare i protagonisti della sua narrazione: abeti, carpini, uccelli, volpi e martore; Zino e il suo bastone maledetto, Neve, la dolce e magica ragazzina che compie miracoli e che si scioglie al sole quando incontra l’amore, Santo della Val, il re dei boscaioli. E poi ci sono le opere più intime, più personali, nelle quali l’autore mette a nudo se stesso, le sue debolezze, i suoi problemi con l’alcol, la sua mai celata misoginia. Insomma, le sue fragilità di uomo tutt’altro che perfetto, ma umile.
Tra tutti i lavori dello scrittore friulano vorrei citare e raccomandare in particolare “Fantasmi di pietra”, una autentica Spoon River moderna, dei nostri giorni. Gli altri, invece, li lascio scoprire a voi.

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