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domenica 4 novembre 2012

FRAMMENTAZIONE



L’esito delle recenti elezioni regionali siciliane fornisce occasione per alcune riflessioni riguardo il tormentato momento politico che sta attraversando il nostro Paese. Considerazioni, occorre dire, tutt’altro che positive e che non fanno ben sperare se applicate all’immediato futuro.
Il dato che più risalta dall’analisi del voto in Sicilia è quello dell’astensione. Oltre il cinquanta per cento di elettori isolani non si sono recati alle urne. Ciò non era mai accaduto in passato, quindi l’incremento del fenomeno astensione deve creare allarme. La partecipazione dei cittadini alla vita pubblica (attraverso diverse forme, delle quali tuttavia la più rilevante è il voto) è un elemento essenziale di un sistema politico democratico. La disaffezione degli elettori può essere compresa ma mai giustificata: chi rinuncia a intervenire nel processo decisionale ha sempre torto, perché delega ad altri (una minoranza, spesso) una parte assai consistente dei propri diritti, e si priva in tal modo della possibilità di dire la sua, di contare. D’altra parte la sfiducia dei cittadini nella classe politica è al presente talmente elevata che la logica conseguenza non può che essere l’incremento dell’astensione. Una china pericolosa che deve essere arrestata, e questo può essere fatto soltanto dalla politica stessa, che si deve trasformare in buona politica per far sì che la classe di governo torni a godere di buona considerazione, e possa essere ritenuta di nuovo affidabile.
Un alto grado di responsabilità rispetto al declino del ceto dirigente è imputabile ai partiti. Per troppo tempo si è sottovalutato (o addirittura ignorato) il processo di selezione dei candidati, che invece riveste un ruolo fondamentale nel processo politico. Troppi amministratori e governanti sono arrivati a ricoprire posti di rilievo in assenza di merito e di riconosciute capacità, di una importante storia personale, ma soltanto in virtù di manovre di partito, di scambio di favori, di cooptazione pura e semplice, per non citare distorsioni ancora più gravi.
Il meccanismo di selezione deve essere dunque completamente rivisto e riformato, pena serie conseguenze. Occorre offrire ai cittadini stessi la possibilità di operare la scelta dei candidati, ampliando ed estendendo il sistema delle primarie, da utilizzare non soltanto per la scelta di un leader di partito o di un candidato alla premiership ma anche per tutte le altre figure.
Torniamo alle consultazioni siciliane. La Sicilia è considerata una sorta di laboratorio politico, utile riferimento da utilizzare per proiettare su scala nazionale il risultato del voto. Se così davvero fosse, non c’è da stare molto allegri.
I pochi cittadini che si sono recati alle urne hanno disperso il suffragio in maniera preoccupante, dando luogo a una pericolosa frammentazione dello stesso.
Il Presidente eletto Rosario Crocetta, esponente del Partito Democratico, non dispone della maggioranza dei seggi dell’Assemblea Regionale. Inoltre, la coalizione che lo ha sostenuto comprendeva l’UDC e non le forze dell’estrema sinistra, contraddicendo così in modo evidente le alleanze che il suo partito sta costruendo in vista delle elezioni nazionali. Così come è parsa eccessiva l’esultanza del suo segretario, Pierluigi Bersani, di fronte al risultato conseguito. D’accordo, il PD è riuscito a riconquistare la Sicilia, ma i dati sull’astensione e la non certo esaltante quota di consensi ottenuta dalla lista (sono andati persi molti voti rispetto alle elezioni precedenti) dovrebbero indurre a un prudente utilizzo di toni trionfalistici. Non è detto, infatti, che Crocetta riuscirà a governare, dal momento che dovrà ricorrere di volta in volta a maggioranze variabili per poter fare approvare i provvedimenti che proporrà.
Il PDL, dal canto suo, è stato sconfitto nettamente, senza appello. Il partito si è disciolto, ma non poteva essere altrimenti visto che anche a livello nazionale non sta molto bene, e si è avvitato in una crisi dalla quale non si intravede via d’uscita. E non scordiamo che la Sicilia è la terra d’origine nonché feudo elettorale dell’attuale segretario del partito, Angelino Alfano. Un elemento in più di riflessione per gli sbandati orfani di Berlusconi il quale, tra l’altro, appare di suo sempre più indeciso riguardo i proponimenti da attuare. Rilancio del vecchio e imbolsito partito oppure proposta di una nuova lista, completamente rinnovata? Questo è il suo attuale dilemma. E la batosta subita per la severa condanna penale per evasione fiscale di certo non lo aiuta a decidere con serenità.
Da tutto ciò ha tratto sicuro giovamento il Movimento Cinque Stelle, la forza politica di Grillo e Casaleggio, che nelle elezioni siciliane ha ottenuto un risultato di rilievo, risultando essere il primo raggruppamento dell’isola. E questo partendo da zero. Ottima prestazione, dunque, e importante trampolino di lancio per il futuro assalto al Parlamento, prospettiva non più tanto remota e folle alla luce degli ultimi eventi.
Un quadro politico quindi assai frammentato, e tutto fa pensare che la stessa cosa avverrà alle elezioni generali della prossima primavera. Uno scenario che desta preoccupazione, in considerazione del fatto che le difficoltà provocate dalla crisi economica persistono, e di tutto c’è bisogno tranne che di incertezza politica. Nessuna forza politica sembra in grado di poter prevalere nettamente sulle altre (con la sola eccezione del Partito Democratico), le alleanze non sono ancora ben definite. Al momento attuale, oltretutto, non si sa con quale legge elettorale si andrà alle urne, e quest’ultimo rappresenta un elemento di condizionamento non indifferente per i partiti. In più, com’era inevitabile, la campagna elettorale è già iniziata a spron battuto e sta causando (e causerà) fibrillazioni continue all’esecutivo, e ne metterà addirittura in forse la sopravvivenza durante i prossimi mesi.
Una situazione tutt’altro che confortante, tale da provocare un ineluttabile stato d’ansia.     

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