L’esito delle recenti
elezioni regionali siciliane fornisce occasione per alcune riflessioni riguardo
il tormentato momento politico che sta attraversando il nostro Paese.
Considerazioni, occorre dire, tutt’altro che positive e che non fanno ben
sperare se applicate all’immediato futuro.
Il dato che più risalta
dall’analisi del voto in Sicilia è quello dell’astensione. Oltre il cinquanta
per cento di elettori isolani non si sono recati alle urne. Ciò non era mai
accaduto in passato, quindi l’incremento del fenomeno astensione deve creare
allarme. La partecipazione dei cittadini alla vita pubblica (attraverso diverse
forme, delle quali tuttavia la più rilevante è il voto) è un elemento
essenziale di un sistema politico democratico. La disaffezione degli elettori
può essere compresa ma mai giustificata: chi rinuncia a intervenire nel
processo decisionale ha sempre torto, perché delega ad altri (una minoranza,
spesso) una parte assai consistente dei propri diritti, e si priva in tal modo
della possibilità di dire la sua, di contare. D’altra parte la sfiducia dei
cittadini nella classe politica è al presente talmente elevata che la logica
conseguenza non può che essere l’incremento dell’astensione. Una china
pericolosa che deve essere arrestata, e questo può essere fatto soltanto dalla
politica stessa, che si deve trasformare in buona politica per far sì che la
classe di governo torni a godere di buona considerazione, e possa essere
ritenuta di nuovo affidabile.
Un alto grado di
responsabilità rispetto al declino del ceto dirigente è imputabile ai partiti.
Per troppo tempo si è sottovalutato (o addirittura ignorato) il processo di
selezione dei candidati, che invece riveste un ruolo fondamentale nel processo
politico. Troppi amministratori e governanti sono arrivati a ricoprire posti di
rilievo in assenza di merito e di riconosciute capacità, di una importante
storia personale, ma soltanto in virtù di manovre di partito, di scambio di
favori, di cooptazione pura e semplice, per non citare distorsioni ancora più
gravi.
Il meccanismo di
selezione deve essere dunque completamente rivisto e riformato, pena serie
conseguenze. Occorre offrire ai cittadini stessi la possibilità di operare la
scelta dei candidati, ampliando ed estendendo il sistema delle primarie, da
utilizzare non soltanto per la scelta di un leader di partito o di un candidato
alla premiership ma anche per tutte
le altre figure.
Torniamo alle
consultazioni siciliane. La Sicilia è considerata una sorta di laboratorio
politico, utile riferimento da utilizzare per proiettare su scala nazionale il
risultato del voto. Se così davvero fosse, non c’è da stare molto allegri.
I pochi cittadini che
si sono recati alle urne hanno disperso il suffragio in maniera preoccupante,
dando luogo a una pericolosa frammentazione dello stesso.
Il Presidente eletto
Rosario Crocetta, esponente del Partito Democratico, non dispone della
maggioranza dei seggi dell’Assemblea Regionale. Inoltre, la coalizione che lo
ha sostenuto comprendeva l’UDC e non le forze dell’estrema sinistra,
contraddicendo così in modo evidente le alleanze che il suo partito sta
costruendo in vista delle elezioni nazionali. Così come è parsa eccessiva l’esultanza
del suo segretario, Pierluigi Bersani, di fronte al risultato conseguito. D’accordo,
il PD è riuscito a riconquistare la Sicilia, ma i dati sull’astensione e la non
certo esaltante quota di consensi ottenuta dalla lista (sono andati persi molti
voti rispetto alle elezioni precedenti) dovrebbero indurre a un prudente
utilizzo di toni trionfalistici. Non è detto, infatti, che Crocetta riuscirà a
governare, dal momento che dovrà ricorrere di volta in volta a maggioranze variabili
per poter fare approvare i provvedimenti che proporrà.
Il PDL, dal canto suo,
è stato sconfitto nettamente, senza appello. Il partito si è disciolto, ma non
poteva essere altrimenti visto che anche a livello nazionale non sta molto
bene, e si è avvitato in una crisi dalla quale non si intravede via d’uscita. E
non scordiamo che la Sicilia è la terra d’origine nonché feudo elettorale dell’attuale
segretario del partito, Angelino Alfano. Un elemento in più di riflessione per
gli sbandati orfani di Berlusconi il quale, tra l’altro, appare di suo sempre
più indeciso riguardo i proponimenti da attuare. Rilancio del vecchio e
imbolsito partito oppure proposta di una nuova lista, completamente rinnovata?
Questo è il suo attuale dilemma. E la batosta subita per la severa condanna
penale per evasione fiscale di certo non lo aiuta a decidere con serenità.
Da tutto ciò ha tratto
sicuro giovamento il Movimento Cinque Stelle, la forza politica di Grillo e
Casaleggio, che nelle elezioni siciliane ha ottenuto un risultato di rilievo,
risultando essere il primo raggruppamento dell’isola. E questo partendo da
zero. Ottima prestazione, dunque, e importante trampolino di lancio per il
futuro assalto al Parlamento, prospettiva non più tanto remota e folle alla
luce degli ultimi eventi.
Un quadro politico
quindi assai frammentato, e tutto fa pensare che la stessa cosa avverrà alle
elezioni generali della prossima primavera. Uno scenario che desta
preoccupazione, in considerazione del fatto che le difficoltà provocate dalla
crisi economica persistono, e di tutto c’è bisogno tranne che di incertezza
politica. Nessuna forza politica sembra in grado di poter prevalere nettamente
sulle altre (con la sola eccezione del Partito Democratico), le alleanze non
sono ancora ben definite. Al momento attuale, oltretutto, non si sa con quale
legge elettorale si andrà alle urne, e quest’ultimo rappresenta un elemento di
condizionamento non indifferente per i partiti. In più, com’era inevitabile, la
campagna elettorale è già iniziata a spron battuto e sta causando (e causerà)
fibrillazioni continue all’esecutivo, e ne metterà addirittura in forse la
sopravvivenza durante i prossimi mesi.
Una situazione tutt’altro
che confortante, tale da provocare un ineluttabile stato d’ansia.
Nessun commento:
Posta un commento