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venerdì 9 novembre 2012

SEI UN BEL TIPO, TU!



“Hai sempre lo stesso vestito!” esclama Sara quando mi vede.
Cerco di nascondere il mio evidente imbarazzo dietro al solito sorriso accattivante, quello che riesce a intenerire le donne. Ma non funziona. Lei ha ragione, da giorni mi presento al lavoro indossando lo stesso abito. Non che io sia una persona poco attenta all’igiene personale. No, questo no. Non esco mai di casa senza aver fatto una doccia, la mia biancheria è pulita. E così la camicia, che cambio ogni giorno.
“Sono pigro” rispondo, un po’ a disagio.
“Che cosa vuol dire?”
“Adesso ti spiego. Quando mi alzo è ancora buio, e preferisco non accendere la luce. Mi disturba, mi ferisce gli occhi. Afferro una camicia a caso, tanto le mie sono tutte uguali. Poi rimetto l’abito del giorno prima, e la stessa cravatta.”
“Perché non cambi vestito?” mi incalza lei.
“Uh? Non ne ho tanti.”
“Di sicuro ne hai più di uno.”
“Certo, è così. Vedi, ogni sera mi riprometto di toglierne un altro dall’armadio, ma non lo faccio mai. E al mattino mi ritrovo spiazzato. A quel punto agisco in maniera automatica, con il risultato che tu hai evidenziato:”
“Sei un bel tipo, tu! Te la sei presa? Sei offeso?”
Sorrido, in modo disarmante.
“No, non preoccuparti. Non mi offendo mai. Puoi dirmi qualsiasi cosa.”
“E tutto ciò è dovuto alla tua pigrizia, dici?”
“Credo di sì. Sono molto indolente riguardo tutto ciò che non mi interessa.”
“Vuoi dire che l’abbigliamento non ti interessa?”
“Non tanto. Anzi, poco per la verità.”
Sara mi guarda a lungo, mi esamina. Tuttavia non si concentra sul mio aspetto. No, quello lo conosce bene. Tenta di andare oltre, vuole capire che cosa mi frulla per la testa. Ai suoi occhi, tutto sommato, appaio come un individuo singolare, che stimola la sua curiosità. Vorrebbe cogliere la mia vera essenza, supponendo che ne esista una, ma non ci riesce. Me ne rendo conto.
“In quali altri campi si manifesta quella che tu definisci pigrizia?” mi domanda.
“Non saprei…”
“Dovresti essere più sicuro di te stesso.”
“Mi sforzo di acquisire maggiore autostima attraverso l’utilizzo delle parole.”
“A volte proprio non ti capisco. Sei troppo difficile per me.”
“Sai che ognuno di noi utilizza soltanto un numero limitato di parole e di espressioni, vero?”
“L’ho sentito dire.”
“Ebbene, io faccio di tutto per ampliare la varietà di termini che impiego. Mi riferisco al linguaggio parlato, naturalmente. Quando si scrive è un’altra cosa.”
“Non mi pare che i risultati siano molto brillanti. Sei un tipo troppo laconico per i miei gusti, punto e basta. Dov’è lo sfoggio di parole ricercate? No, proprio non lo vedo.”
Un po’ ci rimango male.
“Davvero? Hai fatto bene a dirmelo, così posso cercare di migliorare. Mi piacciono le persone sincere. La verità può far male, ma aiuta a crescere, a maturare.”
“E questa dove l’hai letta?”
“Eh? In un libro, credo. Ma non ricordo quale.”
“Di me ti piace soltanto questo?”
“Che cosa intendi dire?”
“Non fare il finto tonto. C’è qualche altra qualità che io possiedo che tu gradisci in particolare?”
“Ti esprimi bene.”
“Rispondi alla mia domanda.”
“Credo di avere risposto.”
“Tutto lì?”
“No, sei una persona molto simpatica.”
“Ho l’impressione che tu sia svogliato anche nel campo dei sentimenti.”
“Sul serio? Nessuno me l’aveva mai detto prima d’ora.”
“Te lo sto dicendo io.”
“Già.”
“Tra l’altro sono persuasa che tu raggiunga l’apice dell’abulia in amore.”
“Ma no!”
Mi piace molto stare a discorrere con Sara. C’è un unico inconveniente: non riesco mai a capire dove voglia andare a parare. Questo mi disorienta un po’, mi costringe ad assumere un atteggiamento troppo difensivo, ad essere eccessivamente timoroso e prudente. Però non ho intenzione di snaturarmi, così decido di stare al gioco. In fondo lei è la mia migliore amica, l’unica che possiedo.
“Secondo me ti piaccio, ma non lo vuoi ammettere.”
“Non ho mai detto che tu non mi piaccia.”
“E neppure il contrario…”
“Non amo sbilanciarmi più del dovuto.”
“Sempre per via della tua svogliatezza?”
“Può essere, anche se non ne sono del tutto sicuro.”
“Se io prendessi l’iniziativa e ti chiedessi di baciarmi tu che cosa faresti?”
“Non me la sento di rispondere. E poi l’ho già fatto.”
“Che cosa? Guarda che non me ne sono accorta! E comunque la mia era una domanda del tutto accademica.”
“L’ho fatto in sogno. Il bacio, intendo.”
“Ho diritto a una spiegazione.”
“Certamente. Durante il sogno ci siamo incontrati. Eravamo in strada. Hai presente quella via del centro? Dove c’è quel negozio di…”
“Vai avanti e tralascia i dettagli. Parlami del bacio. A me interessa soltanto quello.”
“Sì. L’incontro era del tutto casuale, ma io ne ho approfittato per invitarti a bere un caffè.”
“Che ardimento! Sono anni che aspetto che tu mi offra un caffè!”
“Nel sogni tutto è più semplice…”
“Uff! Prosegui, ti prego. Che cosa ho fatto?”
“Hai accettato e siamo entrati in un bar. Ricordo bene il cameriere che ci ha servito. Era molto anziano, troppo per lavorare in un bar, ho pensato. I suoi capelli erano completamente bianchi, la sua andatura piuttosto incerta. Rammento che le sue mani tremavano quando ha appoggiato le tazzine sul nostro tavolo…”
“Stringi, non mi importa nulla del cameriere decrepito.”
“L’ambientazione ha la sua importanza, anche se si tratta solo di un sogno.”
“Non tergiversare e parlami del bacio.”
“Aspetta, non essere impaziente. Ci sto arrivando. Dopo il caffè tu hai chiesto un bicchiere d’acqua. Di quella frizzante, mi pare. Non l’hai bevuta tutta e allora l’ho finita io.”
“Quindi?”
“Sono rimasto sorpreso da quel mio gesto. Tra di noi non c’era mai stata una tale confidenza prima di allora.”
“Vuoi dire bere dallo stesso bicchiere?”
“Sì.”
“Non mi pare si tratti di nulla di speciale. Indica semplicemente che tu non sei schizzinoso.”
“Questo corrisponde al vero, ma lascia che proceda. Dopo ci siamo alzati, siamo usciti da quel locale e abbiamo camminato per alcuni minuti.”
“Di cosa abbiamo parlato?”
“Non ricordo bene. Mi pare che tu mi abbia chiesto alcune informazioni riguardo a un allevamento di polli.”
“Eh?”
“Non so che dirti, era un sogno. Comunque credo di avere risposto alle tue domande. Per me era del tutto naturale, in quel momento, parlare di polli.”
“Tu sei pazzo.”
“Che ci posso fare? D’altra parte quello strano discorso lo hai iniziato tu.”
“Ma il sogno era tuo! Se mi hai reso ridicola la responsabilità è tua!”
“Non ti devi arrabbiare.”
“Non lo sono. Concludi, per favore.”
“Ti ho accompagnata fino alla fermata.”
“Del bus?”
“Mmm… in realtà si trattava di un aereo, ma ciò non riveste grande importanza…”
“Perché era un sogno!”
“Già. Alla fine tu ti sei avvicinata alla scaletta.”
“E poi?”
“Era arrivato il momento di salutarci. Allora mi sono accostato a te e ho preso le tue mani tra le mie.”
“E mi hai baciata? Sul serio?”
“Sulle tue labbra c’era ancora il sapore del caffè, anche se dopo avevi bevuto l’acqua.”
“Com’è stata la mia reazione? Su, dimmi…”
“Mi hai chiesto di partire con te.”
“Veramente? E tu che hai risposto?”
“Credo di avere detto di no. Quel giorno non ero molto in vena di partire. Ho aggiunto che lo avrei fatto un altro giorno, appena ne avessi avuto voglia.”
“Ed io come ho reagito?”
“Per fortuna il sogno si è interrotto. Sai, ti stavi per arrabbiare…”
“Certo che sei davvero un bel tipo, tu! Te la cavi sempre!”
“Quasi.”

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