Simpatico, sembra
simpatico. Quando appare in televisione appare addirittura un po’ strafottente.
E molto pieno di sé. É il suo carattere, quello di un toscano piuttosto
estroverso. Non risparmia le battute, e sfoggia il meglio del suo repertorio
nei comizi, quando può parlare libero dalle costrizioni imposte dal mezzo
televisivo. Quando si rivolge in special modo ai suoi entusiasti sostenitori.
Però non racconta mai barzellette, per non indurre a rievocare una triste
figura che ha spadroneggiato per un ventennio, e al quale non vuole essere
paragonato o accomunato, anche se la tentazione di farlo, da parte di chi
osserva con spirito critico, è forte. No, lui preferisce affidarsi a brevi
slogan, a facili freddure, a praticare un morbido dileggio nei confronti dei
suoi avversari, la maggior parte dei quali sono anche compagni di partito.
Alcuni di loro ha già provveduto a rottamarli, come dice lui, utilizzando un
termine poco elegante e rispettoso ma che è ormai entrato nell’uso comune.
Esperienza non ne ha
molta, ma neppure poca, soprattutto se si considera la sua giovane età,
trentasette anni. È stato presidente della provincia di Firenze, e attualmente
ricopre la carica di sindaco del capoluogo toscano, la sua città. Nonostante sia uno sbarbatello ha già portato a termine quasi due mandati politici. Secondo Beppe
Grillo ciò sarebbe più che sufficiente per essere lui stesso oggetto di
rottamazione.
La sua competenza è
tutta da verificare. Così come le sua preparazione. Si sa, non è semplice
improvvisarsi candidato alla guida del Paese. Perché è proprio questa la sua
grande ambizione, che d’altra parte non ha mai nascosto. Per questo motivo si è
buttato a capofitto nell’impresa di contendere tale aspirazione comune al
segretario del suo partito. Lo ha fatto quando ha deciso di candidarsi alle
elezioni primarie del Partito Democratico, consultazioni che si terranno tra
breve nelle quali è tra i favoriti. Di sicuro riuscirà ad arrivare fino al
ballottaggio finale - così dicono tutti i sondaggi - magari risultando
addirittura in vantaggio dopo il primo turno.
Se così fosse - e nulla
fa pensare il contrario - la sua corsa verso Palazzo Chigi incontrerebbe a quel
punto l’unico vero ostacolo. Poiché difficilmente riuscirebbe a prevalere nel confronto
decisivo sul suo competitore (sempre lui, il segretario del PD), sulla cui
figura quasi di certo confluiranno i voti di chi ha appoggiato al primo turno
gli altri candidati. Una vera beffa, in considerazione del fatto che, a detta
di tutti gli osservatori, il sindaco di Firenze non avrebbe alcuna difficoltà
nello sbaragliare qualsiasi avversario alle elezioni politiche. Uno scenario
che, senza dubbio, provoca non poca frustrazione nell’animo del rampante
politico toscano.
In ogni modo lui ha già
detto che, in caso di sconfitta, non accetterà incarichi di consolazione nel
partito e tantomeno nel futuro governo se questo sarà un esecutivo guidato dal
centro-sinistra. Rimarrà a fare il sindaco. Gli dobbiamo credere, salvo prova
contraria.
Sulla questione dei
diritti civili il primo cittadino di Firenze si dimostra alquanto aperto, e
questo è un bene, mentre è inflessibile nella rinuncia al finanziamento
pubblico. O meglio, ai rimborsi elettorali. E questo perché i cittadini,
attraverso una consultazione referendaria che si è svolta tempo fa, così hanno
deciso, e la volontà dei cittadini deve essere rispettata. Ineccepibile. Tanto
più che lui ha dato prova di non avere eccessivi problemi nel reperire risorse private a sostegno della sua battaglia politica. Ha infatti corteggiato
con successo l’alta finanza, quella buona naturalmente, dice sempre lui, ottenendone
un positivo riscontro (e conseguente sostegno finanziario).
Sul fronte delle possibili
alleanze invece la questione è più complessa. Il rottamatore ha detto in modo
chiaro che non gradisce affatto la compagnia dell’UDC di Casini, a differenza
di quanto espresso dal segretario del PD, apparso invece, a riguardo, più
possibilista oltre che più pragmatico. Il nostro uomo, tuttavia, non si è
pronunciato in maniera netta sull’altro alleato-cardine (ormai acquisito) della
coalizione progressista, vale a dire SEL di Vendola. È parso di capire che lui
non disdegnerebbe affatto, nel caso gli toccasse davvero di governare, di farlo da solo,
senza compagni che potrebbero risultare ingombranti e vincolanti. Considerando
il nostro sistema elettorale (presente e futuro) tutto ciò appare come un’autentica
chimera. Inoltre, sempre nell’eventualità di un coronamento della corsa verso
Palazzo Chigi, ha fatto intendere che anche il suo partito dovrebbe essere il più
possibile “leggero”, nel senso che sarebbe tenuto a garantire sì il pieno
sostegno, ma rinunciando a qualsiasi pressione e ingerenza sull’azione del governo. Una pretesa non da poco, ma che testimonia la grande determinazione
del giovane sindaco.
Insomma, tutto è ancora
da decidere riguardo al destino politico del rottamatore. Al di là di tutti i
pronostici e di tutte le previsioni, può ancora accadere qualunque cosa. Non
resta che attendere, con curiosità e anche con un po’ di trepidazione. Non si
tratta di faccenda da poco, ma del destino del nostro Paese.
Ah! Per chi non lo
avesse ancora capito - nessuno, naturalmente - si parlava di Matteo Renzi.
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