Acchiappo il bicchiere
dal banco e mi vado a sedere nell’angolo, là dove è più buio. Come se mi
volessi nascondere, ma non dagli altri, da me stesso. Butto giù un sorso di
liquore, poi un altro. Non sento nulla, la mia gola ormai è anestetizzata, così
come il mio stomaco. Questo è l’ultimo, penso, anche se so che non sarà così.
Berrò fino a quando sarò completamente stordito, e i miei pensieri saranno del
tutto confusi. Il senso di tristezza che provo ne risulterà attenuato, ma non
scomparirà del tutto. È difficile riuscire ad annegare i ricordi. Così come
sarà impossibile scacciare la pena e il compatimento, i compagni con i quali
trascorrerò la notte.
Tutte i giorni è la
stessa storia. Ogni volta mi riprometto di non ricadere nel solito
comportamento, ma proprio non ci riesco. A un certo punto un demone afferra la
mia anima, la strizza, mi costringe a uscire da casa e a girovagare per i
locali della città. In alcuni la sosta è più breve, in altri più lunga, ma
l’esito finale non cambia mai. Mi annullo, mi distruggo, poi finalmente mi
arrendo.
Questa è l’ultima
tappa, la stessa di ogni serata. Questo caffè un po’ equivoco, frequentato dopo
una certa ora soltanto da disperati come me, da gente che non conosce più la
normalità, o che non l’ha mai incontrata.
Troppo preso dalla
smania del compatimento, mi accorgo all’ultimo momento dell’uomo che è entrato
nel bar e che si sta dirigendo verso il mio tavolo. Non l’ho mai visto prima,
il suo aspetto è trasandato e il suo passo incerto. Nulla di strano, niente che
possa sorprendermi. È inevitabile: ubriaco attira ubriaco. Sembra proprio che
abbia intenzione di accomodarsi al mio tavolo. Di sicuro mi ha puntato appena
ha fatto il suo ingresso nel locale, poiché non ha fatto alcuna sosta al banco.
Non ho alcuna voglia di parlare con uno sconosciuto, eppure faccio buon viso a
cattivo gioco e acconsento alla sua muta richiesta. Lui si siede ed emette un
lungo sospiro. Ha l’aspetto stanco, pare completamente spossato, eppure riesce
a sorridermi. La sua presentazione è una richiesta. D’altra parte, me l’aspettavo.
“Mi offri qualcosa?”
dice, sfregandosi subito dopo una mano sugli occhi arrossati.
Annuisco, intercetto lo
sguardo del cameriere e ordino da bere per quell’estraneo che sta invadendo la
mia vita, ciò che ne rimane. E ordino anche per me. Questo sarà davvero l’ultimo,
mi riprometto. Poi basta, fino a domani sera.
“Quanto tempo hai?”
domanda l’uomo, cogliendomi un po’ di sorpresa. Preferirei bere in silenzio,
pur se in compagnia. Gli indico il bicchiere, quasi vuoto, l’unica cosa
importante per me in questo istante.
“Non vedi? Ho tutto il
tempo del mondo!”
Lui scuote il capo, si
fa più serio.
“No, intendo dire se
hai idea di quanto tempo vivrai ancora…” precisa.
Se fossi sobrio, una
domanda del genere mi farebbe imbestialire. Ma come si permette? Non ci
conosciamo neppure e si prende simili libertà! E che richiesta, poi! Però sono
tutt’altro che lucido, e in fondo quella stravagante domanda non mi sorprende
più di tanto dal momento che la mia percezione della realtà è alquanto distorta.
Per la prima volta rivolgo con attenzione lo sguardo su quel viso, su quegli
occhi sorprendentemente chiari. Riguardo agli alcolizzati è diffusa una falsa
convinzione: che vedano doppio. Vi assicuro che non è affatto così. Il volto
dello sconosciuto mi appare perfettamente nitido. Distinguo con chiarezza
persino i pori dilatati della sua pelle, le sottili screpolature sulle sue
labbra secche.
Alla fine, la mia lunga
riflessione non partorisce granché.
“E che ne so? Nessuno
di noi conosce quanto tempo vivrà! Perché mi chiedi questo? Hai forse bevuto?”
E poi scoppio a ridere, compiaciuto per la battuta.
Lui alza le spalle, poi
si concentra sul bicchiere che il barista ha appena appoggiato sul tavolo. Beve
una lunga sorsata, accompagna il gesto con una smorfia che rivela grande
sofferenza. La mia ilarità cessa subito.
“E tu, sapientone? Sai
dirmi quando morirai?” lo incalzo, con crescente perfidia.
“Può darsi.”
Il mio grugnito lo fa
sussultare. Con mano tremante porta il bicchiere alla bocca.
“Si può sapere chi sei?
E che vuoi da me?”
Lui fa un gesto
accomodante. In qualche modo teme la mia ira. Mi invita a calmarmi. Lo
accontento, poiché considero non valga la pena alterarsi per quella che è nient’altro
che una disputa tra ubriachi. Dai tratti surreali, per giunta. Poi riprende a
parlare, con la sua voce pacata.
“Se tu sapessi che
domani sarà il tuo ultimo giorno di vita, come ti comporteresti?”
“Insisti? Uff!” E
attacco il bicchiere pieno. Ne butto giù quasi metà.
“Allora?”
“Che cosa farei?
Prenderei tutti i miei soldi e pagherei una donna. Mi farei sollazzare da lei
per l’intera giornata, fino al completo sfinimento!”
“Non credo faresti una
cosa del genere” ribatte l’uomo, imperturbabile.
“Lo dici tu! Si vede
che non mi conosci!”
Lui mi guarda con
commiserazione. Il gran bastardo!
“E tu invece?” lo
aggredisco. “Dimmi che cosa faresti. Forza!”
Lui acconsente, poi
arriccia il naso.
“Mi alzerei alla solita
ora, per andare al lavoro.”
“Eh? Tu sei pazzo! Il
lavoro!”
“Farei il mio dovere,
come sempre. Scherzerei con i colleghi, cercherei di nascondere il mio vero
stato d’animo. Poi tornerei a casa, stanco ma soddisfatto.”
Scuoto il capo con
energia. Questo tipo, questo ubriacone da strapazzo mi sta prendendo in giro!
“Verso sera mi siederei
a tavola con mia moglie e i miei figli…”
“Sei sposato?” domando.
“Sì.”
“Salute!” e alzo il
bicchiere, ormai quasi vuoto.
“Poi mi accomiaterei, senza
dire loro nulla. Non avrebbe senso, d’altronde. Perché farli soffrire
inutilmente?”
“Ehi, guarda che la tua
giornata sembra un po’ noiosa…” dico, irridendo lo sconosciuto, che tuttavia
non si adombra per l’impertinenza.
“A quel punto farei una
cosa che non ho mai fatto. Uscirei da casa.” aggiunge lui, con serenità.
“Vale a dire?” lo
stuzzico. “Andresti a suonare i campanelli per poi scappare?”
“No, farei un’ultima lunga
passeggiata in città, nel silenzio della notte.”
“Ah! E poi?”
“Alla fine cederei di
schianto. Sai, quando il momento si avvicina per davvero, e tu nei sei
consapevole, le difese non reggono più.”
“Dici?” lo canzono.
“È così, credimi. A
quel punto inizierei a fare il giro di tutti i locali ancora aperti, bevendo e spendendo
tutti i soldi che ho. Non molti, per la verità, non ho l’abitudine di portare
molto danaro con me.”
“Mmm… interessante…” Proprio
non riesco a trattenermi dal dileggiare questo poveraccio. “E alla fine, quando
avrai finito i soldi e l’ora finale si sarà avvicinata ancora di più?”
“Be’… allora entrerei
in un ultimo caffè, uno qualsiasi. Mi siederei al tavolo di un ubriaco, una
persona che, a differenza di me, vedrà apparire un’altra alba, e mi farei
offrire da bere.”
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