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mercoledì 14 novembre 2012

QUANTO TEMPO



Acchiappo il bicchiere dal banco e mi vado a sedere nell’angolo, là dove è più buio. Come se mi volessi nascondere, ma non dagli altri, da me stesso. Butto giù un sorso di liquore, poi un altro. Non sento nulla, la mia gola ormai è anestetizzata, così come il mio stomaco. Questo è l’ultimo, penso, anche se so che non sarà così. Berrò fino a quando sarò completamente stordito, e i miei pensieri saranno del tutto confusi. Il senso di tristezza che provo ne risulterà attenuato, ma non scomparirà del tutto. È difficile riuscire ad annegare i ricordi. Così come sarà impossibile scacciare la pena e il compatimento, i compagni con i quali trascorrerò la notte.
Tutte i giorni è la stessa storia. Ogni volta mi riprometto di non ricadere nel solito comportamento, ma proprio non ci riesco. A un certo punto un demone afferra la mia anima, la strizza, mi costringe a uscire da casa e a girovagare per i locali della città. In alcuni la sosta è più breve, in altri più lunga, ma l’esito finale non cambia mai. Mi annullo, mi distruggo, poi finalmente mi arrendo.
Questa è l’ultima tappa, la stessa di ogni serata. Questo caffè un po’ equivoco, frequentato dopo una certa ora soltanto da disperati come me, da gente che non conosce più la normalità, o che non l’ha mai incontrata.
Troppo preso dalla smania del compatimento, mi accorgo all’ultimo momento dell’uomo che è entrato nel bar e che si sta dirigendo verso il mio tavolo. Non l’ho mai visto prima, il suo aspetto è trasandato e il suo passo incerto. Nulla di strano, niente che possa sorprendermi. È inevitabile: ubriaco attira ubriaco. Sembra proprio che abbia intenzione di accomodarsi al mio tavolo. Di sicuro mi ha puntato appena ha fatto il suo ingresso nel locale, poiché non ha fatto alcuna sosta al banco. Non ho alcuna voglia di parlare con uno sconosciuto, eppure faccio buon viso a cattivo gioco e acconsento alla sua muta richiesta. Lui si siede ed emette un lungo sospiro. Ha l’aspetto stanco, pare completamente spossato, eppure riesce a sorridermi. La sua presentazione è una richiesta. D’altra parte, me l’aspettavo.
“Mi offri qualcosa?” dice, sfregandosi subito dopo una mano sugli occhi arrossati.
Annuisco, intercetto lo sguardo del cameriere e ordino da bere per quell’estraneo che sta invadendo la mia vita, ciò che ne rimane. E ordino anche per me. Questo sarà davvero l’ultimo, mi riprometto. Poi basta, fino a domani sera.
“Quanto tempo hai?” domanda l’uomo, cogliendomi un po’ di sorpresa. Preferirei bere in silenzio, pur se in compagnia. Gli indico il bicchiere, quasi vuoto, l’unica cosa importante per me in questo istante.
“Non vedi? Ho tutto il tempo del mondo!”
Lui scuote il capo, si fa più serio.
“No, intendo dire se hai idea di quanto tempo vivrai ancora…” precisa.
Se fossi sobrio, una domanda del genere mi farebbe imbestialire. Ma come si permette? Non ci conosciamo neppure e si prende simili libertà! E che richiesta, poi! Però sono tutt’altro che lucido, e in fondo quella stravagante domanda non mi sorprende più di tanto dal momento che la mia percezione della realtà è alquanto distorta. Per la prima volta rivolgo con attenzione lo sguardo su quel viso, su quegli occhi sorprendentemente chiari. Riguardo agli alcolizzati è diffusa una falsa convinzione: che vedano doppio. Vi assicuro che non è affatto così. Il volto dello sconosciuto mi appare perfettamente nitido. Distinguo con chiarezza persino i pori dilatati della sua pelle, le sottili screpolature sulle sue labbra secche.
Alla fine, la mia lunga riflessione non partorisce granché.
“E che ne so? Nessuno di noi conosce quanto tempo vivrà! Perché mi chiedi questo? Hai forse bevuto?” E poi scoppio a ridere, compiaciuto per la battuta.
Lui alza le spalle, poi si concentra sul bicchiere che il barista ha appena appoggiato sul tavolo. Beve una lunga sorsata, accompagna il gesto con una smorfia che rivela grande sofferenza. La mia ilarità cessa subito.
“E tu, sapientone? Sai dirmi quando morirai?” lo incalzo, con crescente perfidia.
“Può darsi.”
Il mio grugnito lo fa sussultare. Con mano tremante porta il bicchiere alla bocca.
“Si può sapere chi sei? E che vuoi da me?”
Lui fa un gesto accomodante. In qualche modo teme la mia ira. Mi invita a calmarmi. Lo accontento, poiché considero non valga la pena alterarsi per quella che è nient’altro che una disputa tra ubriachi. Dai tratti surreali, per giunta. Poi riprende a parlare, con la sua voce pacata.
“Se tu sapessi che domani sarà il tuo ultimo giorno di vita, come ti comporteresti?”
“Insisti? Uff!” E attacco il bicchiere pieno. Ne butto giù quasi metà.
“Allora?”
“Che cosa farei? Prenderei tutti i miei soldi e pagherei una donna. Mi farei sollazzare da lei per l’intera giornata, fino al completo sfinimento!”
“Non credo faresti una cosa del genere” ribatte l’uomo, imperturbabile.
“Lo dici tu! Si vede che non mi conosci!”
Lui mi guarda con commiserazione. Il gran bastardo!
“E tu invece?” lo aggredisco. “Dimmi che cosa faresti. Forza!”
Lui acconsente, poi arriccia il naso.
“Mi alzerei alla solita ora, per andare al lavoro.”
“Eh? Tu sei pazzo! Il lavoro!”
“Farei il mio dovere, come sempre. Scherzerei con i colleghi, cercherei di nascondere il mio vero stato d’animo. Poi tornerei a casa, stanco ma soddisfatto.”
Scuoto il capo con energia. Questo tipo, questo ubriacone da strapazzo mi sta prendendo in giro!
“Verso sera mi siederei a tavola con mia moglie e i miei figli…”
“Sei sposato?” domando.
“Sì.”
“Salute!” e alzo il bicchiere, ormai quasi vuoto.
“Poi mi accomiaterei, senza dire loro nulla. Non avrebbe senso, d’altronde. Perché farli soffrire inutilmente?”
“Ehi, guarda che la tua giornata sembra un po’ noiosa…” dico, irridendo lo sconosciuto, che tuttavia non si adombra per l’impertinenza.
“A quel punto farei una cosa che non ho mai fatto. Uscirei da casa.” aggiunge lui, con serenità.
“Vale a dire?” lo stuzzico. “Andresti a suonare i campanelli per poi scappare?”
“No, farei un’ultima lunga passeggiata in città, nel silenzio della notte.”
“Ah! E poi?”
“Alla fine cederei di schianto. Sai, quando il momento si avvicina per davvero, e tu nei sei consapevole, le difese non reggono più.”
“Dici?” lo canzono.
“È così, credimi. A quel punto inizierei a fare il giro di tutti i locali ancora aperti, bevendo e spendendo tutti i soldi che ho. Non molti, per la verità, non ho l’abitudine di portare molto danaro con me.”
“Mmm… interessante…” Proprio non riesco a trattenermi dal dileggiare questo poveraccio. “E alla fine, quando avrai finito i soldi e l’ora finale si sarà avvicinata ancora di più?”
“Be’… allora entrerei in un ultimo caffè, uno qualsiasi. Mi siederei al tavolo di un ubriaco, una persona che, a differenza di me, vedrà apparire un’altra alba, e mi farei offrire da bere.”

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