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domenica 9 gennaio 2011

IL CACCIATORE



“Non dormi?”
“Mamma, perché non mi racconti la storia del lupo e del cacciatore?”
“Sei sicuro che poi non avrai gli incubi? No? D’accordo, come vuoi tu.”

C’era una volta un cacciatore di pellicce.
Tutti gli anni, all’inizio dell’estate, partiva verso il nord, verso la terra di ghiaccio, alla ricerca di animali da uccidere e da scuoiare e tornava a casa soltanto al termine dell’autunno, poco prima dell’arrivo del grande freddo.
Quell’anno la sua caccia era stata molto abbondante, anche se l’uomo era stato costretto a fermarsi qualche giorno più del solito. Ormai il freddo era arrivato, e un vento gelido soffiava sulla sterminata pianura di ghiaccio.
Il cacciatore, stanco, camminava lentamente, trascinando dietro di sé la pesante slitta ricoperta di pellicce, il frutto del suo lavoro. Siccome era quasi buio, si fermò e andò alla ricerca di un posto adatto per accamparsi. Procedeva con cautela sulla sottile lastra di ghiaccio quando, all’improvviso, accadde ciò che più temeva. Il ghiaccio si ruppe e l’uomo precipitò nell’acqua gelata. Per un attimo annaspò, in preda al panico, poi riuscì ad aggrapparsi sul bordo e, con grande fatica, poté così issarsi in superficie. Si rese conto, immediatamente, che non c’era tempo da perdere. Rischiava di morire assiderato nel giro di pochi minuti. Allora, prima che i suoi pesanti indumenti si irrigidissero, si spogliò completamente. Quindi cercò di tornare verso la slitta, ma le forze lo abbandonarono. Cadde, in preda a un tremito convulso.
Poco distante, un grosso lupo grigio aveva assistito a tutta la scena. Osservò l’uomo, disteso sul ghiaccio, e ne percepì l’odore, invitante. Una facile preda. Invece di balzare sul cacciatore, come l’istinto e la fame gli suggerivano, il lupo iniziò a ululare, sempre più forte. In un baleno, dai dintorni, si materializzarono decine e decine di animali, tutti ricoperti di folte e candide pellicce: ermellini, visoni, volpi, martore e lupi, molti altri lupi. Tutte le bestiole si diressero, correndo, verso la slitta. Ognuna di loro afferrò con i denti, denti piccoli e aguzzi o maestose zanne, una pelliccia e la trascinò sull’uomo, che ormai aveva perso i sensi. Infine, alcuni di loro, i più piccoli, si insinuarono sotto il corpo del cacciatore, per riscaldarlo, e vi rimasero fino al mattino.
Quando l’uomo si svegliò, si rese conto di quanto era accaduto. Appena avvertirono i suoi movimenti, gli animali, uno alla volta, si allontanarono, compresi i lupi che si erano distesi su di lui per proteggergli il capo. Il cacciatore si strinse nelle pellicce, che ancora conservavano il tepore di tutte quelle creature che gli avevano salvato la vita. I suoi occhi si inumidirono. Ancor prima di accendere il fuoco per preparare una bevanda calda, il cacciatore andò alla slitta, afferrò il fucile per la canna e lo scagliò lontano sui ghiacci.
L’uomo riuscì a tornare a casa, e raccontò a tutti i suoi simili quel prodigio. Da allora, nessun essere umano sparò più a un animale.

“Bella! Domani me la racconti di nuovo?”
“Sì, però adesso devi dormire.”
La grossa lupa grigia diede la buonanotte al suo cucciolo e poi si distese accanto a lui.

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