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mercoledì 26 gennaio 2011

CACCIA GROSSA



L’uomo salì sul bus, che a quell’ora non era molto affollato, e si sedette accanto al finestrino. Subito dopo vide una donna corpulenta accomodarsi al suo fianco, sul lato opposto del corridoio. Le lanciò un’occhiata in apparenza distratta poi, appena il mezzo si avviò, si perse nei propri pensieri. Ben presto, come sempre gli accadeva, alla realtà si sostituirono i ricordi. Tornò con la mente alle propria infanzia, a quando ancora era felice e viveva, spensierato, tra le montagne. Pensò a suo padre. Lo rivide: una figura alta, possente, nella sua tenuta da cacciatore. Rammentò con precisione la sua giubba dalle mille tasche, gli spessi pantaloni di fustagno, il pesante berretto di lana e gli alti stivaloni di cuoio. Il fucile sulla sua spalla. Ritrovò se stesso bambino. Come dimenticare quelle albe gelide, senza luce, quando entrambi, il padre orgoglioso e il figlio devoto si avviavano, a passo sostenuto, per andare tra monti e valli? A volte, quando la battuta di caccia si prolungava, pernottavano in qualche capanno, assaporando con gusto il silenzio e la calda e cameratesca atmosfera di intimità. E che dire dei loro ritorni a casa trionfali, quando a stento riuscivano a camminare sotto il peso delle numerose prede abbattute?
L’uomo, all’improvviso, si riscosse e tornò al presente. Volse il capo e sorrise tra sé. Poi infilò la mano nella giacca ed estrasse una grossa pistola. La puntò contro la donna ed esplose due colpi, in rapida successione, scatenando una reazione di panico sul bus. Si alzò e si avvicinò alla sventurata. Appurò di averla colpita, con grande precisione, solo alla testa. Bene, considerò, la voluminosa pelliccia che la donna indossava non si era per nulla rovinata. Proprio come gli aveva insegnato suo padre.   

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