Ostaggio di ricordi pervasi da nostalgia ripenso, non per
caso, alla scena musicale italiana dell’inizio degli Anni Ottanta che, in quel
tempo ormai lontano, seguivo con vivo interesse, con genuina passione. Erano
altri tempi, e questa non appaia come affermazione retorica, bensì come
affermazione di verità. Allora era difficile procurarsi musica, buona musica,
per chi come me era giovane e squattrinato. Le radio, tranne qualche rara
eccezione (Radio Flash o Radio Popolare) diffondevano – come adesso – soltanto immondizia
e chiacchiere vuote. I vinili erano costosi, ogni loro acquisto doveva essere a
lungo ponderato. Per buona sorte esisteva lo scambio degli stessi, tra amici e
compagni di scuola. Si trascorrevano ore – bellissime e non dimenticate – a produrre
copie su copie di musicassette e a parlare di musica. In quell’epoca per me
dorata era abbastanza semplice riuscire a padroneggiare un intero genere
musicale. Non esisteva l’attuale bulimia di gruppi e proposte che, prive di una
vera selezione, vengono buttate quotidianamente sulla rete. You Tube può essere uno strumento
straordinario per un appassionato di musica, ma se si è privi di bussola, se si
naviga a vista, è facile smarrirsi in quel mare di immagini e suoni. In apparenza,
tutto può apparire uguale e nulla alla fine è autenticamente apprezzato.
Abbandonato nell’abbraccio della memoria, ricordo con
immutato piacere l’intero panorama rock italiano di quegli anni. Una manciata
di gruppi di rilievo, più qualche buon comprimario. Come detto, era piuttosto
difficile rendersi visibili, e pochi artisti riuscivano ad andare oltre il
concerto nel piccolo club, solo alcuni di loro riuscivano a pubblicare e,
quando ciò avveniva, si trattava di produzioni con piccole etichette
indipendenti. La diffusione di questi seppur pregevoli lavori era, di
conseguenza, limitata. Tra i pochi eletti, e grazie soprattutto al passaparola.
Come non citare quindi i bolognesi CCCP, il vero, autentico gruppo punk-rock italiano? Giovanni Lindo
Ferretti è un artista a tutto tondo, musicista, scrittore, attore e, già negli
anni giovanili, in grado di esprimere con forza e qualità queste sue pregevoli doti.
La mente va poi con rimpianto ai catanesi Denovo di Mario Venuti e dei fratelli
Madonia, alla loro freschezza in grado di stupire. Alcuni anni fa ho rivisto
proprio Venuti esibirsi, a sorpresa, sul palco di Sanremo. La qualità del brano
presentato era buona, ma il contesto era molto triste.
Mi piace ricordare il rock di lotta di The Gang, dei marchigiani fratelli Severini, che ancora oggi sono
rimasti loro stessi, schietti e genuini, anche se si tratta ormai di combattere
contro i mulini a vento.
Parole di plauso doveroso è giusto che vadano ai milanesi
Afterhours di Manuel Agnelli, impegnati da sempre in un loro percorso del tutto
personale e singolare. Impossibile non apprezzarli.
E ancora i torinesi Franti,
la cui avventura musicale è ormai giunta al termine ma che hanno lasciato un
segno tangibile, soprattutto nel periodo legato alla collaborazione con Lalli, tuttora una delle migliori
espressioni della canzone d’autore al femminile.
Ho lasciato per ultimi, in questa teoria di ricordi, gli
artisti che più profondamente mi hanno segnato. Innanzitutto i Litfiba, lo storico gruppo di Piero Pelù
e di Ghigo Renzulli fresco di riunione. Le loro canzoni hanno contrassegnato la
mia giovinezza e, dopo il periodo buio seguito al loro divorzio artistico, i
due artisti fiorentini sembra abbiano ritrovato l’antica ispirazione. Il loro
ultimo e recente lavoro Grande Nazione
è un’opera pregevole. Pelù, nonostante le riconosciute qualità istrionesche (e
i discutibili atteggiamenti da divo) non può proprio fare a meno del suo grande
chitarrista. È come dire Morissey senza Johnny Marr, tanto per ricorrere a un’analogia
d’Oltremanica.
Per concludere, il gruppo da me preferito: i Diaframma. Federico Fiumani, fiorentino
d’origine marchigiana, è un personaggio complesso nella sua semplicità, se mi è
permesso l’ossimoro. Lui non ha mai rincorso il successo, e infatti non l’ha
mai raggiunto. È rimasto un ragazzone puro, incontaminato, anche adesso che ha
ormai superato i cinquanta. Alto, dinoccolato, con l’eterno ciuffo ora
ingrigito. Con la sua voce in apparenza squinternata, a volte dolce e a volte
rabbiosa ma sempre in grado di trasmettere profonde emozioni. L’ultimo album
dei Diaframma (uscito a quasi trent’anni dal primo) è bellissimo. A chi è
interessato consiglio l’ascolto – attento – di canzoni quali Grande come l’oceano e Madre superiora, autentici gioielli.
Fatelo, mi raccomando. Tanto adesso è semplice e gratuito, è sufficiente
ricorrere a Internet.
Nel caso in cui questi pezzi proprio non vi piacessero… be’…
per voi c’è sempre la pesca…
La buona musica non può essere di tutti, ed è giusto che sia
così. Fa parte del suo fascino.
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