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lunedì 7 febbraio 2011

LA PEDATA


È inutile tergiversare e ricorrere a giri di parole. La domanda, nella sua cruda essenzialità, è la seguente: in che modo è possibile cacciare Berlusconi?
Vediamo…

LA VIA INTERNA (o della fronda)
Alcuni tra gli innumerevoli servi e leccapiedi prezzolati che attorniano il Presidente del Consiglio si rendono finalmente conto che, in caso di rovinosa caduta del capo, non avranno mai più alcun futuro politico, ma solo tante e pesanti colpe da scontare. Insomma, chi in qualsiasi modo risulta coinvolto, non potrà essere assolto. Uno scenario poco credibile…
È invece da escludere che qualche persona a lui vicino, in un barlume di lucidità, dispensi saggi consigli. Berlusconi, per definizione, non può avere veri amici, ma solo dipendenti e lacchè.
Sui familiari, pietoso no comment.

LA VIA PARLAMENTARE (o democratica)
L’attuale maggioranza dispone di un margine di voti piuttosto risicato, frutto di una disgustosa compravendita, ma comunque sufficiente a garantirne la tenuta o almeno la sopravvivenza. Molti parlamentari fedeli, essendo nominati e non eletti grazie a una scellerata legge elettorale, sono ben consapevoli dell’impossibilità di una loro futura rielezione e di conseguenza resistono a oltranza.
L’opposizione, anche nel caso in cui si presenti compatta e al completo (v. votazione sulla mozione di sfiducia del 14 dicembre 2010) non è comunque in grado di provocare la caduta dell’esecutivo.
Purtroppo, mancano e mancheranno sempre i numeri, che in un sistema democratico sono determinanti.

LA VIA POPOLARE (o della ribellione)
Le manifestazioni di protesta, finora mai spontanee ma organizzate da comitati che sono diretta espressione della società civile o proposte dai partiti (queste ultime alquanto rare) rappresentano un importante strumento di espressione del dissenso e dell’indignazione dei cittadini. È auspicabile che si moltiplichino sempre più a condizione che si svolgano senza il ricorso a violenze di alcun tipo, le quali non farebbero che compattare ancor di più le fila avverse.
L’efficacia di queste dimostrazioni pubbliche? Chissà… dal momento che non ci troviamo né in Egitto né in Tunisia. Occorre poi ricordare che una grande fetta di popolazione continua ad appoggiare senza riserve l’impresentabile Primo Ministro.
In democrazia, per assicurare un sano ricambio di classe dirigente, non è necessario fare la rivoluzione, è sufficiente il voto.

LA VIA GIUDIZIARIA (o della legalità)
Questa strada non deve costituire l’auspicata scorciatoia rispetto alla via politica.
Il potere giudiziario deve poter operare in piena serenità, non deve essere oggetto di pressioni o di intimidazioni, e in ogni modo è sempre utile rammentare che non è compito della Magistratura quello di sostituirsi ai cittadini e ai loro rappresentanti. Le due strade, quella giudiziaria e quella politica, devono scorrere parallele ma essere diverse, e non devono mai incrociarsi.
Così come è fondamentale che l’indagato (sul quale opera la presunzione di innocenza che però non lo sottrae dall’immediata responsabilità politica) non si sottragga, utilizzando addirittura il Parlamento come scudo, al suo giudice.

LA VIA DIVINA (o del destino)
Ogni commento è superfluo. Ogni speranza è consentita.

Abbiamo iniziato ponendo una questione e, giunti al termine di questa breve analisi, invece di una impossibile risposta, sorge spontanea una ulteriore domanda: siamo proprio sicuri che il problema principale del nostro paese sia Berlusconi?
E non piuttosto gli italiani?

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