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mercoledì 16 febbraio 2011

AL VOTO!



La stanza era piena di fumo.
“Segretario, non si era detto che non si doveva fumare?” domandò il coordinatore, tossendo.
Nel piccolo ufficio regnava una frenetica attività: attivisti affannati correvano avanti e indietro senza una meta apparente, i telefoni squillavano in continuazione, i fax sputavano senza sosta nuovi comunicati.
Il Segretario, con la pelata lucida e imperlata di sudore che spiccava sotto le fredde lampade al neon, rivolse al suo principale collaboratore un’occhiata torva, poi si sfilò dalla bocca il sigaro. Spento.
“Guarda che sei tu che stai fumando. Sembri la ciminiera di una fabbrica!”
Il coordinatore si bloccò, imbarazzato, quindi spense la sigaretta in un posacenere ormai ricolmo. Poi si riprese.
“Fabbrica? Ha detto fabbrica? Che bella parola! Era da tanto tempo che non la sentivo più pronunciare!”
“Non distrarti.”
“Ma Segretario! Abbiamo finito!”
L’altro non rispose e continuò a scorrere con il dito la lunga lista di nomi che aveva sotto gli occhi.
“Bene! Vedo che avete fatto un buon lavoro. Le liste sono ormai completate.”
Il coordinatore sorrise compiaciuto, ma solo per un istante. Poi notò che il Segretario si era bloccato su un nome e la sua espressione tradì una certa inquietudine.
“C’è qualcosa che non va?” chiese, timoroso.
“Questo candidato non ha il cognome?”
Il coordinatore, con l’aria sempre più preoccupata, inforcò un paio di occhiali e, senza rendersene conto, accese l’ennesima sigaretta.
“No, quelli come lui non hanno un cognome.”
“Com’è possibile? E chi sarebbero quelli come lui?”
“Ma Segretario! È lui, il nostro candidato un po’ particolare…”
“Spiegati meglio, per favore…” disse il Segretario, corrucciato.
“Non li ha visti i manifesti? Abbiamo tappezzato l’intera città!”
“Mi dispiace, ma non li ho ancora visti. Negli ultimi tempi sono stato molto impegnato in altre faccende e quando cammino lo faccio sempre a testa bassa. Sai, i pensieri pesano…”
“Capisco, Segretario. Comunque le posso assicurare che quella candidatura ha riscosso un incredibile consenso. Abbiamo ricevuto molteplici telefonate di approvazione. La nostra gente è entusiasta.”
“Mmm…” Il Segretario appariva invece preoccupato.
All’improvviso apparve un ragazzo, trafelato.
“Segretario, c’è Contini al telefono, il direttore del Corriere d’Italia! Glielo passo?”
“Certo! Dobbiamo mantenere ottimi rapporti con la stampa” disse il Segretario e subito dopo sollevò la cornetta.
“Segretario! Buongiorno. So che è molto occupato, mi permette di farle ugualmente alcune brevi domande?”
“Contini, per la stampa amica sono sempre disponibile.”
“Grazie. Allora, domani scade il termine per la presentazione delle liste. Voi avete promesso agli elettori un grande rinnovamento e dalle prime anticipazioni pare proprio che abbiate mantenuto la parola. Conferma?”
“Sicuro! Abbiamo inserito tutti nomi nuovi, persone giovani, preparate e soprattutto motivate. Il rinnovamento del nostro paese deve passare attraverso la costruzione di una classe dirigente che…”
“Segretario, scusi se la interrompo ma cosa mi dice, in particolare, di quel candidato?”
“Per me tutti i candidati sono uguali e tutti ugualmente meritevoli. Quindi…”
“Segretario, la capisco. Non vuole sbottonarsi troppo. Tuttavia dovrà convenire che quella candidatura è clamorosa e non può certo passare inosservata. I nostri lettori…”
“Contini, le ripeto che tutti i nostri candidati…”
“Va bene Segretario, non insisto, avremo modo di riparlarne quando le liste saranno ufficiali. Un’ultima domanda: che cosa pensa dell’epilogo della vicenda di… ha capito no? Sa, preferisco non nominarlo neppure, tanto è il ribrezzo che provo!”
“Condivido. È stata fatta giustizia e quel bieco individuo sconterà la meritata pena. Anch’io preferirei non doverne parlare. Dobbiamo invece pensare al futuro.”
“Segretario, ha ragione. E la prego di accettare i miei complimenti. Siete stati molto coraggiosi. Sono sicuro che sarete premiati.”
“A cosa si riferisce in…”
“Grazie, Segretario! E buon lavoro!” E Contini riattaccò.
Il segretario, perplesso, si rivolse al coordinatore.
“Quello insisteva con quel candidato. Sai, quello senza cognome. Che cosa avrà mai di così particolare ‘sto cristiano!”
Il coordinatore deglutì.
“Cristiano ha detto? Vede, il fatto è che…”
“Ma sì! Dicevo tanto per dire! Sai bene che al nostro partito non importa nulla dell’appartenenza religiosa dei militanti. La libera espressione del…”
“Segretario…”
“Eh? Dimmi.”
“Il candidato, quel candidato, vorrebbe conoscerla.”
“Come? Certo, come no? Organizzami al più presto un incontro con lui e con gli altri… sai, dobbiamo trovare delle idee per la campagna elettorale e…”
“È qui fuori…”
“Come dici?”
Quel candidato è qui fuori.”
“E che aspetti allora? Fallo entrare, così scambiamo subito due parole!”
“Parole?”
“Che hai detto? Su, sbrigati, non farlo aspettare.”
Il coordinatore, pallido in volto, aprì la porta e il candidato fece il suo ingresso.
Non fu la grossa zampa, che gli fu porta in maniera rispettosa, che il Segretario notò, e ancora meno il pelo fulvo e lucido, pettinato con cura. Notò soprattutto, in quel cane, lo sguardo deciso, fiero e determinato. E all’istante comprese che quella bestia non lo avrebbe mai tradito, e che sarebbe stato di sicuro il migliore fra tutti i suoi futuri deputati.

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