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domenica 6 febbraio 2011

DIVERSAMENTE VIVO


Vampo si svegliò tutto intirizzito. Si tolse di dosso i cartoni e gli altri stracci e si alzò in piedi. Le giunture delle gambe scricchiolarono in maniera sinistra. Allora sfregò gli occhi cisposi e si guardò attorno. Accanto, il suo compagno Nuccio dormiva ancora. Lo ridestò con una pedata. L’altro scosse il testone, sputò a terra e si mise a frugare con frenesia tra le numerose sporte di plastica ammucchiate al suo fianco. Estrasse un cartone di vino già aperto e bevve alcuni robusti sorsi. Poi lo offrì a Vampo.
“Vuoi? Bevi che ti scalda!”
“Sono tre giorni che non bevo” disse l’altro, ma non accettò l’offerta.
Nuccio sogghignò.
“Non dirmi che non vuoi bere a digiuno! Pensa che io sono tre giorni che invece non mangio, ma non per questo rinuncio a un goccio!”
“Non mi va di bere quella roba. Sono abituato ad altro. Devo bere altro.”
“Ma sentilo! Il signorino è abituato alle bevande pregiate. Mi dispiace, ma qui lo champagne non c’è!”
“Lo champagne mi fa schifo” rispose Vampo, disgustato.
I due si erano conosciuti la sera prima e avevano deciso di dormire uno vicino all’altro per meglio combattere il freddo e, nel caso, per fronteggiare in modo migliore eventuali malintenzionati, sempre pronti a umiliare, deridere o minacciare due poveri senzatetto.
“Dove vai?” domandò Nuccio.
“Cammino.”
“Non vedi che non ti reggi in piedi? Uniamo le forze e cerchiamo qualcosa da mangiare.”
“Non ho bisogno di cibo. Devo soltanto bere” disse Vampo.
“Il vino non lo vuoi, non vorrai mica iniziare a bere acqua? Ti indebolirebbe del tutto!”
“Ho bisogno di una cosa soltanto, ma non riesco a trovarla.”
“Senti, io non ho la forza di camminare e rimango qui. Se vuoi, ci vediamo più tardi e vediamo se riusciamo a rimediare qualcosa.”
Ma Vampo si era già messo in cammino e non rispose.
Marciò a lungo, utilizzando le poche forze rimaste, per dirigersi verso il luogo che amava di più, quel posto che, a volte, in sogno, gli allietava le notti altrimenti tormentate. Finalmente arrivò. In lontananza, si udiva la sirena di un’ambulanza. Vampo affrettò il passo e giunse all’ingresso del Pronto Soccorso proprio mentre il mezzo arrivava a gran velocità e poi si arrestava bruscamente. Fu scaricata una barella sulla quale era disteso un giovane che perdeva sangue da una ferita al capo. Vampo osservò la scena. Fu assalito da nausea e da violenti crampi allo stomaco. Fu sul punto di svenire.
“Che ci fai qui? Non c’è niente da vedere! Vattene, barbone, o ti prendo a calci!” lo apostrofò uno dei portantini.
Vampo, spaventato, indietreggiò, diede un’ultima avida occhiata alla lettiga, poi tornò sui propri passi. Quando vide, ad un palmo dal naso, il cartello Centro Trasfusioni si arrestò per un attimo e gli venne quasi da piangere. In bocca aveva un sapore amaro. Le gengive, infiammate, dolevano. Si passò una mano sui denti e notò che ballavano sempre più, in particolare il suo prezioso canino destro. Ormai era esausto e considerò con amarezza che aveva una sola possibilità di salvezza. Il suo amico Naldo. Più volte lo aveva aiutato, più volte gli aveva praticamente salvato la vita. Gli aveva dato da bere e di sicuro lo avrebbe fatto di nuovo. Vampo raccolse le ultime energie, stavolta erano proprio le ultime, e si diresse verso il mattatoio.

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