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venerdì 25 febbraio 2011

LA MELODIA



Si svegliò di soprassalto nel cuore della notte. Ancora turbato, ripensò a quello strano sogno. Si era trattato di un viaggio onirico piacevole, tutt’altro che un incubo, e allora perché si era destato così all’improvviso? Fece un lungo respiro, attese che il cuore riprendesse il suo ritmo normale, poi scese dal letto, senza accendere la luce. Non voleva distrazioni, intendeva conservare a lungo, in maniera nitida nella sua mente sconcertata, quella traccia di pensiero, quel concetto, quell’incredibile ricordo. Tutto ciò perché si proponeva di riprodurre, questa volta nella realtà, le stupefacenti sensazioni provate durante il sonno. Avanzò quasi a tentoni nella stanza fredda. Aiutandosi con le mani, che faceva scorrere lungo le pareti, oltrepassò l’ingresso ed entrò nel salone. Si avvicinò al pianoforte a gran coda, oscura ma rassicurante presenza posta proprio nel mezzo di quell’ampio ambiente, e si sedette sullo sgabello. Si passò le mani sul viso, si stropicciò gli occhi e si concentrò a lungo. Poi le sue agili mani, addomesticate dai tanti anni di esperienza, si avventarono sui tasti e le dita iniziarono a correre veloci su di essi. Dopo pochi istanti non pensò più a nulla. Ecco, era lei! Aveva ritrovato, come per incanto, quella melodia che aveva piacevolmente tormentato il suo sonno. E subito si rese conto che non si trattava di un motivo qualsiasi, bensì della melodia perfetta. Non poté fare a meno di accorgersene. Tutto il suo corpo fu immediatamente scosso da fremiti e sussulti. Teneva gli occhi chiusi, ma di fronte a lui si  materializzarono lampi di luce di ogni colore dello spettro. Durante pochi brevi attimi avvertì, in rapida successione, caldo, freddo, gioia, dolore, solitudine, malinconia, amore, odio: l’intera gamma delle sensazioni, delle emozioni e dei sentimenti umani. Sollevò le mani dalla tastiera e cominciò a piangere a dirotto. I singulti lo scossero per alcuni minuti poi, lentamente, si riprese. Ma era disorientato e sconvolto. Per cercare di arrestare il tremito delle mani ricominciò a suonare. Da principio un breve pezzo di Mozart, quindi passò al suo compositore preferito, Chopin, e infine a un motivo di Bach, che però non ultimò. Si interruppe e colpì con un pugno, con rabbia, gli incolpevoli tasti bianchi e neri. Quella musica era ridicola, messa a confronto con la sua melodia! Spazzatura, suoni immondi che ferivano i timpani. Una musica che ormai non aveva più alcun senso, priva di significato, senza vita. Quei compositori, la cui arte era considerata immortale erano in realtà degli autentici dilettanti, musicisti incompetenti e superficiali. Veri impostori. Per non parlare di tutto ciò che era seguito dopo: il rock, il jazz, il blues. Tutte accozzaglie di suoni senz’anima. Si rimise in posizione e accennò qualche battuta della sua melodia, ma non resse all’immenso struggimento e si alzò. Vagò nel salone per alcuni minuti, sempre al buio, inciampando e urtando mobili e suppellettili, in preda all’angoscia. Si era ormai reso conto che la musica era finita, e che era stato lui ad apporre il sigillo mortuario. In preda a una profonda e crescente afflizione, si avvicinò al bordo del pianoforte e vi appoggiò il capo, poi diede un colpo secco all’asticella di sostegno e il pesante coperchio precipitò di botto sul suo esile collo.
La musica era salva.

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