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martedì 25 settembre 2012

IL DISPENSATORE



Il trillo rabbioso della sveglia, l’incubo quotidiano di tutti i lavoratori. Non per me. Mi alzo e mi affaccio alla finestra. Fuori è ancora buio, ma che importa? Ora solare e ora legale, e tutte le appassionate discussioni che ne conseguono. L’argomento non mi appassiona, perché io penso soltanto a lui.
E allora mi vesto in fretta, arraffando i primi indumenti che mi capitano a tiro. Proprio a caso, perché non ho neppure acceso la luce nella stanza, e soprattutto perché a me i vestiti non interessano. Firmati o non firmati, tanto sono utili soltanto per coprire il mio corpo. In verità, non tutti condividono questa mia filosofia. Un tempo nemmeno io, ma adesso sì, e questo da quando ho incontrato quell’individuo.
Sempre al buio mi passo il rasoio sul viso, e il risultato si può ben immaginare. Pazienza, vuol dire che la prossima volta sarò più scrupoloso. Per ora, comunque, non ho ferito i miei occhi con il violento chiarore della lampada dello specchio, quello del bagno. Questo è l’importante, e anche lui sarebbe d’accordo, immagino.
In cucina, per una robusta e sana colazione. Su questo il mio amico non transige, a tale proposito le sue raccomandazioni sono continue. Prima non ci badavo, ma lui mi ha spiegato che devo essere in forma se voglio affrontare la giornata nel migliore dei modi. Ho scoperto che ha ragione.
Riordino con gesti svelti e precisi la stanza da letto e la cucina. Quando possibile, è utile vivere in un ambiente pulito e ordinato. Ciò contribuisce ad accrescere l’autostima, a vivere con maggiore serenità e, di conseguenza, a essere sempre ben disposti nei confronti del prossimo. Questo me l’ha insegnato lui, ed io condivido in pieno.
Scendo la scale fischiettando perché sono allegro e non vedo l’ora di incontrarlo. So che mi attende in strada, come fa tutte le mattine da un po’ di tempo. Non vuole mai salire in casa, non l’ha mai fatto neanche una sola volta. Dice che quello spazio e quel tempo sono soltanto miei, e che li devo gestire da solo. Anche su questo ha ragione, naturalmente, tuttavia alla sera lui mi manca, qualche volta un po’ ne soffro.
Esco dal portone, di slancio, e me lo trovo davanti.
“Andiamo?” gli dico. “Non vedo l’ora di cominciare.”
Lui non si muove.
“Aspetta” dice. “Ti devo parlare.”
“Ti ascolto.”
“Tu lo sai che io non esisto, vero?”
Mi secca un po’ ammetterlo, ma alla fine confermo. Sì, questo me l’aveva detto, la prima volta che ci eravamo incontrati.
“Ti devo lasciare” aggiunge.
“Di già?” domando, deluso.
“Lo sapevi che prima o poi sarebbe accaduto.”
“Sì, così avevi detto. Avrei sperato durasse di più.”
Lui ride. È simpatico quando ride.
“Ti rendi conto che ormai hai imparato tutto?”
“Sul serio?”
“Certo. Sai come ti devi comportare, che cosa pensare e ciò che devi dire. Ammetto che mi hai sorpreso, sei stato un allievo perfetto.”
“Ti ringrazio, ma esserlo non mi è costato alcuno sforzo.”
“Lo so, perché già possedevi le necessarie potenzialità. Io le ho semplicemente fatte emergere e le ho levigate. È così in quasi tutti gli individui, credimi. Si tratta solo di lavorarci e i risultati arrivano. E d’ora in poi tu potrai diffondere il mio insegnamento.”
“Sono una specie di discepolo?”
“Puoi ben dirlo! Un discepolo coi fiocchi!”
“Ti posso fare una domanda?” chiedo.
“Certamente” dice lui, ma vedo che ha fretta di andar via.
“Chi sei veramente?”
“Te l’ho detto, materialmente non esisto. Tuttavia, se proprio vuoi, mi puoi considerare come un qualcosa di spirituale, una sorta di consapevolezza, diciamo.”
“Ho un po’ di paura, non ho capito esattamente quello che dovrò fare.”
“Non preoccuparti, lo saprai fare nel migliore dei modi. Devi soltanto essere te stesso, quello che sei diventato, intendo. In tal modo sarai un efficiente… dispensatore di bontà.”
“Era questo il tuo vero scopo?” domando ancora.
“Esattamente. Adesso però ti devo proprio lasciare. Mi raccomando, non venire mai meno ai tuoi importanti compiti. Ne ricaverai grande soddisfazione, e aiuterai gli altri.”
“Dove andrai?”
“Ti concedo un’ultima risposta, te lo meriti. Andrò da qualche altra parte, ovunque  ci sarà bisogno di me, in questo oppure in un altro mondo, chissà…”
“Addio, amico mio…”
“Addio. E tu, ma specialmente tutti gli altri, cercate di fare i buoni…”
Annuisco, ma lui si è già dissolto.


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