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sabato 16 gennaio 2016

FURFANTE


La pistola è stata acquistata due giorni prima. Adesso riposa, e pesa, nella saccoccia dei suoi calzoni sformati. Non si tratta di una vera pistola, perché quelle costano troppo, e chi ha appena perso il lavoro e non sa come pagare la prossima rata del mutuo un'arma autentica non se la può permettere. No, si tratta di una semplice scacciacani, che all'occorrenza può scacciare anche i gatti, perché no, pensa l'uomo. Ma a lui non interessano né i cani né i gatti, bensì i soldi, poiché è di quelli che ha bisogno.
Cena: mangiato ha mangiato e bevuto ha bevuto. Adesso si alza, trattiene un rutto e fa per uscire.
"Dove stai andando?" lo blocca la moglie.
La moglie! Lui la squadra un istante, la fotografa con la mente, e la fotografia è uguale a tutte quelle scattate negli ultimi anni: i capelli un cespuglio incolto, la pelle del viso grigia e macchiata, gli occhi da tapiro e il naso bombato, le labbra assenti. E poi, quel seno smisurato e quelle ridicole gambette!
"Vado in garage" risponde.
"A fare che?"
"Non rompermi i coglioni!"
Esce. In garage serra la pistola nella morsa e inizia a lavorare con cacciavite punteruolo lima martello (e bestemmie) finché lo stupido tappo rosso sguscia fuori dalla canna, che rimane tutta sfregiata e deve essere ritoccata con un po' di vernice nera. Ecco, adesso il ferro non sembra più un giocattolo, ma quasi una vera rivoltella. Ficca dentro il tamburo sei colpi di quelli che fanno solo bum bum, sputa e poi torna nell'appartamento, che è già tutto buio. Quella se n'è già andata a ronfare, lui dopo aver guardato un po' di televisione rimane a dormire sul divano.
Il giorno dopo parcheggia l'auto scassata nella piazzetta del paese, a cento metri dall'ufficio postale. Non il suo, di paese, ma un altro, perché lì nessuno lo conosce e lui è mica scemo. Lascia le chiavi nel quadro, dopo potrebbe avere fretta, e scende. Le precauzioni, tuttavia, non sono mai troppe. Allora prende una calza di sua moglie, che prima di uscire ha rubato dal cesto della roba sporca e tagliato, e se la infila in testa. Subito sente puzza di sudore. Che maiala, quella! Era meglio se prendeva delle calze nuove, o almeno pulite, ma ormai è fatta. Con quella cosa sugli occhi non è che ci veda benissimo ma, tempo alcuni istanti, si abitua. Appena prima di entrare nell'ufficio postale. Apre la porta, tira fuori la pistola e urla: "Fermi tutti, questa è una rapina!" Subito si pente di non aver pensato a qualcos'altro da dire, di più originale, di meno ridicolo. In ogni caso, ormai è andata.
I tutti sarebbero un campagnolo corpulento con i gambali incrostati di merda di bestia e una vecchietta vestita di nero. L'unica impiegata lo guarda con gli occhi sbarrati. È giovane, con i baffetti e i capelli unti. Niente concorsi di bellezza per te, mia cara.
Si avvicina allo sportello, arma spianata, e porge alla ragazza, facendola passare sotto la fessura, una busta di plastica firmata CONAD.
"Ficcaci dentro tutti i biglietti che hai" dice, con una voce che non sembra la sua. La tensione? No, la maledetta calza.
L'impiegata ubbidisce, la borsa si gonfia.
"Non passa più" dice la brutta.
"Eh?"
"Non passa più nella fessura, come faccio a ridargliela?"
"Cazzo!" esclama l'uomo, che si trova ad affrontare una difficoltà del tutto imprevista. Mantiene il sangue freddo e la risolve.
"Apri la porta, esci da lì dentro e dammela!" ordina imperioso.
"Non posso, sono chiusa dentro e non ho la chiave. Sa, è per motivi di sicurezza..."
Saltano i nervi. La pistola, puntata contro il soffitto, esplode un colpo. Una bella fiammata, e tanto fumo. Puzza.
"Il buco, sul soffitto non c'è il buco, quel ferro è farlocco. E adesso ti spacco il culo". Il campagnolo fa sentire la sua voce, mentre la vecchietta è quasi schiattata per lo spavento, è a terra accartocciata e mormora Madonna, Madonna..."
"Stai zitto, mentecatto. Guarda che carico il revolver un colpo buono e uno no, e il prossimo è quello buono, quello che bucherà la tua pancia". L'altro se ne sta calmo calmo. Un buco in pancia per difendere i soldi della posta? No.
Però il furfante adesso è preoccupato. Chissà quanti hanno sentito lo sparo! Magari qualcuno avrà già chiamato i carabinieri. Esce di corsa, dopo aver dato un'ultima occhiata all'impiegata. No, non vincerebbe lo stesso Miss Italia neanche buttando giù tutto e ricostruendo da capo.
Ancora con la pistola in pugno e la calza infilata sul muso raggiunge la macchina. Monta. Le chiavi non ci sono! Dirimpetto, attraverso il parabrezza lercio, scorge un ragazzino, tra le dita ha le chiavi e le fa oscillare. E ride pure, il disgraziato!
Scende dall'auto, incazzato come una iena alla quale hanno sottratto una carogna. Non ci pensa un attimo e spara al giovane briccone. Quello non fa una piega. Anzi, sembra ancora più divertito. Il furfante si avventa sul moccioso, che si allontana facendogli delle smorfie di dileggio. Nel frattempo in piazza sta accorrendo gente, non c'è più tempo da perdere o lo acciuffano.
Si ferma, prende bene la mira e scaglia con tutta forza il ferro verso un ginocchio del ragazzino. Toc, lo colpisce secco. Quello si accascia urlando e piangendo e finalmente molla le agognate chiavi.
"Ladro, ben ti sta" urla all'indirizzo dello sbarbatello. "Che ti serva da lezione!"
Poi sale in macchina e mette in moto. Cioè, tenta di mettere in moto, perché la scassona non parte. Con la coda dell'occhio intravede il campagnolo che sta arrivando di corsa e impugna una vanga. Ma dove mai l'avrà presa, una vanga? Ce l'aveva per caso in tasca?
Allora si mette a correre pure lui. Attraversa la piazza, aggira la chiesa, e si lancia nei campi. Salta fossi, abbatte nodosi steli di granoturco, affonda gli scarponi nell'erba alta. Si è scordato di levarsi la calza e, nella foga della fuga, anche se il suo tronco è bianco, non vede la grossa betulla che interrompe bruscamente la sua breve carriera di furfante. Testa contro albero, vince sempre l'albero.




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