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domenica 3 gennaio 2016

MENELIK


Mi hanno detto: "Vai in giro a fare un po' di domande, vedi che cosa si ricorda la gente, che ne pensa, e poi scrivi un breve articolo che te lo pubblichiamo nel prossimo numero, abbiamo ancora un piccolo spazio da riempire".
Bravi loro! Anzi, bravo lui, il capo redattore, quello stronzo di Miccoli. A me non frega niente di lavorare nel giornale studentesco, perché preferirei di gran lunga andare a tirare due calci al pallone oppure fare un giro in bicicletta, invece mi tocca subire questa odiosa corvée.
"Vedrai, il professor Sensi avrà un occhio di riguardo nei tuoi confronti al momento di decidere l'ammissione all'esame" dice sempre Miccoli. Magari ha pure ragione, quel cazzone! Già, perché in italiano e storia non sono certo un mostro, e scrivere articoli a sfondo storico sul foglio della scuola mi permetterebbe di gabbare quel borioso insegnante di italiano e storia.
Ho detto a Miccoli: "Cosa faccio, chiedo della guerra?"
Lui mi ha guardato come se fossi un perfetto cretino.
"Che stai dicendo? Quale guerra? Mica c'è n'è stata una sola!"
Ha pure ragione, il brutto stronzo, di guerra c'è n'è stata più di una, questo lo so pure io.
"Devi definire meglio l'argomento. Perché non ti concentri su un particolare periodo, non molto conosciuto?"
"Fammi un esempio e io eseguo" ho risposto.
L'altro ha sospirato a lungo, scuotendo il testone.
"Chiedi del primo periodo coloniale italiano, quello di fine Ottocento in Africa Orientale. Sai, Crispi, Menelik, Adua..."
Ho annuito perché non vedevo l'ora di farla finita e sono andato al bar a riflettere. Ci ho ragionato su il tempo di tre consumazioni, poi ho preso un taccuino e una matita, sono salito su un autobus e sono sceso in pieno centro, dove posso trovare più gente che non ha un cazzo da fare e che magari si degna di darmi retta.
Vediamo: Crispi è meglio non nominarlo, su di lui non ho le idee chiare e poi lo confondo sempre con Depretis. Adua non so che cazzo sia, se un posto o una persona, quindi meglio lasciare perdere. Ecco, chiederò di Menelik, che mi pare fosse il re di qualche tribù africana che noi cercammo di colonizzare.
Vedo una anziana signora venirmi incontro, infagottata in una vecchia pelliccia spelacchiata. Le serro il passo.
"Signora, che cosa sa dirmi di Menelik?"
Quella si blocca e sbarra gli  occhi, si stringe al petto la borsetta.
"Le studiate tutte per derubare le povere vecchie, eh?" dice a brutto muso.
"Sono uno studente, sto conducendo un'inchiesta per il giornale scolastico" mi difendo.
"Sì, e io sono la regina Elisabetta" fa lei. No, non è la regina, ma di sicuro è una sua coscritta.
"Non mi vuole aiutare?" dico, cercando di intenerirla.
"Pussa via! Ladrone!"
Rinuncio e la lascio proseguire. Stupida vecchia! Incrocio lo sguardo di un ragazzo più o meno della mia età. Non me lo lascio sfuggire.
"Menelik?" gli faccio, al volo.
"Menelik vallo a dire a tua sorella!" dice lui e poi mi fa un gestaccio. Che razza di ignorante! Sdegnato, continuo la mia ricerca.
Mi avvicino a un uomo di mezz'età vestito modestamente. Accetta di parlare e allora gli pongo la solita domanda.
"Certo che so chi è!" dice. Poi ci pensa un po' su.
"É nero?" chiede infine.
"Sì".
"Feroce?"
"Be'... direi di sì".
"Abbaia di continuo?"
"Eh?"
"Ci sono! É il cane dei miei vicini. Mi pare si chiami proprio Menelik!" dice con entusiasmo.
"Ma..."
"Che cosa ho vinto? Una maglietta? Un buono sconto?"
Mi allontano dallo squilibrato e attiro l'attenzione di una donna che cammina lentamente trascinando due pesanti sporte ricolme di frutta e verdura.
"Sa chi è Menelik?" chiedo, mostrando il taccuino.
Sguardo vacuo, poi il suo viso si illumina.
"Menelicche? Quelle che si usano a Carnevale che ci soffi dentro e si allunga la lingua?"
"Non proprio, signora. Grazie lo stesso" dico. Lei, delusa, riprende i borsoni e prosegue la sua camminata da casalinga-automa.
Il mio notes è desolatamente intonso. Maledico Miccoli. Questa gente non sa un cazzo di robe così vecchie. Se facessi domande su attori e cantanti avrei di sicuro più successo, ma non posso scrivere di cantanti e attori sul giornale della scuola. Non io, almeno.
Incontro un uomo un po' in sovrappeso. Impugna una valigetta di cuoio e procede a piccoli passi. Lo fermo.
"Il nome Menelik le dice qualcosa?" domando.
Lui annuisce, si umetta le piccole labbra rosse e poi dice: "Il Negus, vero?"
Centro! Aspetto che il grassone prosegua. Lo fa rivolgendo lo sguardo al cielo.
"Mi ricordo che, quando ero piccolo e mi sporcavo la faccia, mia madre mi diceva che sembravo il Negus!" esclama. Poi la sua voce pigolante diventa all'improvviso triste.
"Ah, la mia povera mamma! Ricordo che, nei giorni di festa, quando tutta la famiglia era riunita intorno al tavolo da pranzo..."
Mi allontano mentre sta ancora parlando, perso nei ricordi d'infanzia.
Ultimo tentativo, poi tornerò da Miccoli e gli farò ingoiare il taccuino. E la matita invece...
Scorgo un vecchietto all'angolo della strada, Sta fumando, pensieroso.
"Sa chi era Menelik?" gli chiedo a bruciapelo. Lui mi lancia un'occhiata cattiva. Poi sputa a terra.
"Quel porco!" esclama rabbioso.
"Che cosa sa dirmi di lui?" domando speranzoso.
"Siete dei vigliacchi, tu e quelli come te! Vi siete fatti sconfiggere da un branco di negri!"
"Che cosa?" dico, interdetto. Perché se la prende con me?
"Voi giovani siete degli smidollati. Avete disonorato l'Italia!"
"Scusi ma..."
"Siete scappati, e vi hanno massacrato lo stesso. Vi hanno infilzato le chiappe con le lance. E voi avevate i fucili!"
Mi accorgo che il vecchio delirante è munito di un bastone e che ora lo sta brandendo. Cerca di colpirmi in testa. Lo evito per poco, indietreggio. Lui ha la schiuma alla bocca. Potrei neutralizzarlo facilmente, ma preferisco darmela a gambe. Mi insegue per un paio di isolati, il vecchio demonio addirittura corre! Finalmente riesco a seminarlo, mi fermo per prendere fiato e mi accorgo che ho pure perso il taccuino. Disfatta completa, non mi resta che ritornare alla base.
"Che cosa hai combinato?" chiede Miccoli appena mi vede. Lui è seduto al tavolo della redazione del giornale studentesco, circondato da un paio di ragazze.
"Guardati, sei stravolto. e sudato come un maiale" aggiunge. "Sembri un reduce della battaglia di Adua". Poi ridacchia, e le due stangone gli fanno eco.


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