Negli ultimi tempi è sempre più invalso l’utilizzo di un
linguaggio (scritto e parlato) che presti il più possibile attenzione a non
ferire la sensibilità di minoranze o, comunque, di gruppi sociali oggetto di
discriminazione.
Si parla, in questo caso, di espressioni politicamente corrette.
Facciamo un esempio. A differenza che in passato, attualmente
nessuno (o quasi) usa più la parola negro,
considerato sostantivo offensivo e denigratorio. Il termine è stato, poco alla
volta, sostituito da nero (o di colore) che, senza dubbio, ne
rappresenta la versione più ingentilita anche se il significato rimane il
medesimo. Anche black, tuttavia, e
soprattutto negli Stati Uniti, è stato ben presto soppiantato da una variante
ancora più morbida, vale a dire afro-americano.
Il linguaggio cambia, e cambia in direzione di un sempre
maggior rispetto nei confronti di alcune categorie di persone, contribuisce ad
attenuare e ad eliminare i pregiudizi.
Naturalmente, come non mancano di ripetere i critici del politically correct, muta la forma ma
non si modifica la sostanza, e il rischio principale è quello di rivestire il
linguaggio di ipocrisia.
Vero, ma fino a un certo punto. La trasformazione in senso
positivo del linguaggio può, con il trascorrere del tempo, indurre un
miglioramento dell’atteggiamento delle persone e del loro modo di pensare. In
tal caso è la forma che incide sulla sostanza, tanto da alterarla, e da
produrre in essa un adattamento verso un profilo mentale diverso, più delicato
e di conseguenza più scevro di preconcetti.
Qualche giorno fa ha destato scalpore (e suscitato
indignazione) l’uso ripetuto della parola frocio
fatto dal calciatore della nazionale Antonio Cassano nel corso di una
seguita conferenza stampa. Si discuteva della eventuale presenza di omosessuali
all’interno della squadra (argomento poco calcistico) e il calciatore barese,
dall’alto della sua ignoranza, è caduto nella trappola dei giornalisti. Ha poi dovuto
scusarsi, e la stessa cosa ha dovuto fare la federazione, nell’imbarazzo
generale.
Il termine frocio
(provenienza dialettale romanesca) possiede una incerta etimologia. Forse deriva
da feroce, così come erano feroci i lanzichenecchi che saccheggiarono Roma
stuprando anche gli uomini, oppure da floscio (dallo spagnolo flojo pronunciato in dialetto), ad
indicare la presunta mollezza e la scarsa virilità di una certo gruppo di individui. Ma
ci potrebbero essere pure altre spiegazioni. Ciò che importa davvero è il senso
ingiurioso di tale locuzione, sul quale tutti sono concordi.
Che cosa avrebbe invece potuto dire il povero (di spirito) Cassano
per districarsi dal tranello degli infidi giornalisti? Avrebbe potuto, ad esempio,
pronunciare la parola omosessuali. Perché non lo ha fatto? Troppo lunga? Troppo
difficile da articolare? Troppo sconveniente? È probabile che la sua
intelligenza sopraffina gli abbia sconsigliato l’utilizzo del termine poiché
troppo generico. Si sa che omosessuale è un sostantivo generico, che definisce sia
uomini che donne che abbiano preferenze sessuali differenti da quella che è
considerata la condizione normale.
Consentite, a questo punto, una breve digressione.
Per quale motivo si parla spesso di preferenza sessuale? Si
tratta forse di una scelta? No, non lo è.
Si tratta forse di una inclinazione? Di una obliquità? Che
cosa significa? Oltretutto si rischia di cadere nel politically uncorrect, dal momento che gli omosessuali una volta
erano proprio quelli che pendevano (sic!). Si potrebbe dire
invece orientamento sessuale. Orientamento verso quale direzione? Quella
ostinata e contraria?
Come potete vedere, l’utilizzo di un linguaggio
politicamente corretto comporta molte difficoltà e un elevato livello di
attenzione. È facile incorrere in equivoci e in svarioni.
Dunque, che cosa avrebbe potuto dire lo sventurato Cassano
di fronte a quella selva di microfoni?
Il calciatore è un ragazzo giovane e di sicuro non avrebbe
mai potuto dire invertiti. Non si usa
più, è un termine desueto, molto Anni Cinquanta e di sicuro lui non lo ha mai
sentito pronunciare.
Era scontato, invece, che non utilizzasse il lemma gay. Non è un obbligo, per un pedatore,
conoscere le lingue straniere.
Ultima digressione. Il sostantivo inglese gay è piuttosto odiato dai nostri
connazionali di origine piemontese, tra i quali mi annovero. Non per il suo significato,
ma per il fatto che Gay è un cognome piuttosto diffuso nella terra di Gianduja.
Immaginatevi il dialogo.
“Tu sei gay?”
“Certo che lo sono! Sono Michele Gay, di Pinerolo.”
“No, intendevo dire se sei un gay…”
“Te l’ho appena detto! Sono un Gay da infinite generazioni.
Mio padre era Luigi Gay e mio nonno…”
Capito?
E mai un piemontese (neppure in mondovisione) utilizzerebbe
il termine frocio. Perché odia i romani? Per la grande sensibilità di questo
popolo prealpino? No, semplicemente perché si potrebbe creare confusione con fròcc (fratello) o con frocion (strofinaccio).
Per concludere, che cosa diavolo avrebbe potuto dire quel
ricco disgraziato di un Cassano?
Forse poteva stare zitto. O forse no, perché in tal caso
magari sarebbe ricorso a un significativo (e politicamente scorrettissimo)
gesto. Quale? Toccarsi il lobo dell’orecchio (magari quello con l’orecchino)
con il dito indice…
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