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sabato 16 giugno 2012

POLITICALLY CORRECT



Negli ultimi tempi è sempre più invalso l’utilizzo di un linguaggio (scritto e parlato) che presti il più possibile attenzione a non ferire la sensibilità di minoranze o, comunque, di gruppi sociali oggetto di discriminazione.
Si parla, in questo caso, di espressioni politicamente corrette.
Facciamo un esempio. A differenza che in passato, attualmente nessuno (o quasi) usa più la parola negro, considerato sostantivo offensivo e denigratorio. Il termine è stato, poco alla volta, sostituito da nero (o di colore) che, senza dubbio, ne rappresenta la versione più ingentilita anche se il significato rimane il medesimo. Anche black, tuttavia, e soprattutto negli Stati Uniti, è stato ben presto soppiantato da una variante ancora più morbida, vale a dire afro-americano.
Il linguaggio cambia, e cambia in direzione di un sempre maggior rispetto nei confronti di alcune categorie di persone, contribuisce ad attenuare e ad eliminare i pregiudizi.
Naturalmente, come non mancano di ripetere i critici del politically correct, muta la forma ma non si modifica la sostanza, e il rischio principale è quello di rivestire il linguaggio di ipocrisia.
Vero, ma fino a un certo punto. La trasformazione in senso positivo del linguaggio può, con il trascorrere del tempo, indurre un miglioramento dell’atteggiamento delle persone e del loro modo di pensare. In tal caso è la forma che incide sulla sostanza, tanto da alterarla, e da produrre in essa un adattamento verso un profilo mentale diverso, più delicato e di conseguenza più scevro di preconcetti.
Qualche giorno fa ha destato scalpore (e suscitato indignazione) l’uso ripetuto della parola frocio fatto dal calciatore della nazionale Antonio Cassano nel corso di una seguita conferenza stampa. Si discuteva della eventuale presenza di omosessuali all’interno della squadra (argomento poco calcistico) e il calciatore barese, dall’alto della sua ignoranza, è caduto nella trappola dei giornalisti. Ha poi dovuto scusarsi, e la stessa cosa ha dovuto fare la federazione, nell’imbarazzo generale.
Il termine frocio (provenienza dialettale romanesca) possiede una incerta etimologia. Forse deriva da feroce, così come erano feroci i lanzichenecchi che saccheggiarono Roma stuprando anche gli uomini, oppure da floscio (dallo spagnolo flojo pronunciato in dialetto), ad indicare la presunta mollezza e la scarsa virilità di una certo gruppo di individui. Ma ci potrebbero essere pure altre spiegazioni. Ciò che importa davvero è il senso ingiurioso di tale locuzione, sul quale tutti sono concordi.
Che cosa avrebbe invece potuto dire il povero (di spirito) Cassano per districarsi dal tranello degli infidi giornalisti? Avrebbe potuto, ad esempio, pronunciare la parola omosessuali. Perché non lo ha fatto? Troppo lunga? Troppo difficile da articolare? Troppo sconveniente? È probabile che la sua intelligenza sopraffina gli abbia sconsigliato l’utilizzo del termine poiché troppo generico. Si sa che omosessuale è un sostantivo generico, che definisce sia uomini che donne che abbiano preferenze sessuali differenti da quella che è considerata la condizione normale.  
Consentite, a questo punto, una breve digressione.
Per quale motivo si parla spesso di preferenza sessuale? Si tratta forse di una scelta? No, non lo è.
Si tratta forse di una inclinazione? Di una obliquità? Che cosa significa? Oltretutto si rischia di cadere nel politically uncorrect, dal momento che gli omosessuali una volta erano proprio quelli che pendevano (sic!). Si potrebbe dire invece orientamento sessuale. Orientamento verso quale direzione? Quella ostinata e contraria?
Come potete vedere, l’utilizzo di un linguaggio politicamente corretto comporta molte difficoltà e un elevato livello di attenzione. È facile incorrere in equivoci e in svarioni.
Dunque, che cosa avrebbe potuto dire lo sventurato Cassano di fronte a quella selva di microfoni?
Il calciatore è un ragazzo giovane e di sicuro non avrebbe mai potuto dire invertiti. Non si usa più, è un termine desueto, molto Anni Cinquanta e di sicuro lui non lo ha mai sentito pronunciare.
Era scontato, invece, che non utilizzasse il lemma gay. Non è un obbligo, per un pedatore, conoscere le lingue straniere.
Ultima digressione. Il sostantivo inglese gay è piuttosto odiato dai nostri connazionali di origine piemontese, tra i quali mi annovero. Non per il suo significato, ma per il fatto che Gay è un cognome piuttosto diffuso nella terra di Gianduja.
Immaginatevi il dialogo.
“Tu sei gay?”
“Certo che lo sono! Sono Michele Gay, di Pinerolo.”
“No, intendevo dire se sei un gay…”
“Te l’ho appena detto! Sono un Gay da infinite generazioni. Mio padre era Luigi Gay e mio nonno…”
Capito?
E mai un piemontese (neppure in mondovisione) utilizzerebbe il termine frocio. Perché odia i romani? Per la grande sensibilità di questo popolo prealpino? No, semplicemente perché si potrebbe creare confusione con fròcc (fratello) o con frocion (strofinaccio).
Per concludere, che cosa diavolo avrebbe potuto dire quel ricco disgraziato di un Cassano?
Forse poteva stare zitto. O forse no, perché in tal caso magari sarebbe ricorso a un significativo (e politicamente scorrettissimo) gesto. Quale? Toccarsi il lobo dell’orecchio (magari quello con l’orecchino) con il dito indice… 

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