Guardo il sugo ribollire nella piccola pentola. Rosso, denso
e invitante. Alzo gli occhi verso la mia compagna, affaccendata a sminuzzare
verdura. Scorgo in lei complicità, affetto e stima.
“Spengo?” domando.
Un cenno del capo, affermativo. Ruoto il pomello, chiudo il
gas. Il liquido vermiglio sussulta ancora per qualche istante, poi interrompe
il suo galoppo gorgogliante e finalmente tace. Aggiungo un filo d’olio e alcune
foglie di basilico. Contemplo la mia semplice opera, soddisfatto.
“Preparo il tavolo?” chiedo. La domanda è retorica, perché
so bene che quel compito spetta a me. Mi piace disporre sulla tovaglia piatti,
bicchieri e stoviglie. Lo faccio, in assoluta serenità. Infine mi diletto a
piegare i tovaglioli.
Ho appena terminato quando sento il suono del campanello.
“Apri” dice la mia compagna. Il tono della sua voce è
morbido, delicato. Non si tratta di un ordine perentorio, ma di un invito.
È la persona che stiamo aspettando, è la nostra amica
Franca. Come altre volte l’abbiamo invitata a cena. Lei naturalmente ha
accettato con il consueto entusiasmo, anche se sta attraversando un brutto
periodo. È triste e depressa, perché è stata lasciata dal suo fidanzato. Non è
la prima volta che le succede, in ogni caso soffre. A determinate situazioni è
difficile fare l’abitudine e lei proprio non ci riesce. Cercheremo di
consolarla, di farle trascorrere una serata tranquilla, tra veri amici.
In fondo sono quasi contento che quest’ultimo ragazzo l’abbia
mollata. L’ho conosciuto, e proprio non mi piaceva. In apparenza sembrava una
brava persona, seria ed educata, ma quel suo modo di fare, con il trascorrere
del tempo, si è rivelato falso e ingannevole. Poco tempo fa, con lui, abbiamo
avuto una discussione. Si stava parlando del più e del meno e, a un certo
punto, qualcuno di noi ha introdotto l’argomento aborto. D’accordo, si tratta
di un tema delicato, che tocca in profondità la sensibilità di ognuno, ricco di
implicazioni di ordine etico e religioso, ma comunque la sua reazione è stata
eccessiva. Almeno, così la penso io. E non credo di aver fatto nulla male, ho
semplicemente espresso il mio parere. Un’opinione sincera e priva di ipocrisia.
L’aborto è un delitto contro la vita, ha detto lui, con voce diventata
stridula. A quel punto ho cercato di precisare meglio il mio pensiero. In linea
di massima anch’io sono contrario all’aborto, ho sostenuto in maniera pacata, perché
è una decisione lacerante, perché può provocare un trauma nella donna, però
ritengo che nessuno possa imporre ad altri una tale dolorosa scelta, in un
senso o nell’altro. Insomma, la risoluzione deve essere libera, e ciò è
possibile soltanto se esiste una legge che disciplini la materia. Alla faccia
di papisti e baciapile!
Quell’altro non ha più parlato. Né a me né alla mia
compagna. La povera Franca è rimasta piuttosto mortificata da quell’atteggiamento
duro e integralista, sconosciuto pure a lei fino a quel momento.
In conclusione sono assai felice che quel buffone ortodosso
abbia piantato la mia amica. La nostra amica.
E adesso apro la porta e me la ritrovo davanti. Con la sua
bassa statura, i suoi capelli folti e crespi, sempre spettinati, i suoi occhi
grandi e scuri. Franca è accaldata, sudata.
“Bicicletta?” dico dopo averla baciata sulle guance.
Lei annuisce, compiaciuta.
Entriamo in casa, Franca scambia un affettuoso saluto con la
mia compagna, che poi subito scappa in cucina.
“Voi rimanete pure in soggiorno, finisco io!” dice mentre di
sicuro sta già rimestando la sua amata ratatouille.
Io e Franca ci accomodiamo sul divano. Lei, con un gesto
inaspettato ed estremamente sensuale, si sfila le scarpe, senza slegarle, e si
stende sul sofà. Poi appoggia i piedi nudi sulle mie gambe. Piedi piccoli e
dalla forma perfetta, con le unghie dipinte di viola.
Rimango per un istante sbigottito, mi irrigidisco.
Lei coglie il mio momentaneo imbarazzo e sorride.
“Mi massaggeresti un po’ i piedi?” mi chiede con la sua voce
dal timbro basso.
Supero lo stupore e accosto le mani alle sue estremità. In
verità non ho idea di come si esegua un massaggio ai piedi. Non l’ho mai fatto,
non ci ho mai pensato. Tuttavia le mie mani iniziano a muoversi, accarezzano
lentamente prima i dorsi e poi le piante, si soffermano sulla dita, sopra e
sotto, nelle giunture. Lei socchiude gli occhi e si rilassa, beata.
L’incanto, perché si tratta di un vero e proprio stato reciproco
di delizia, dura solo qualche minuto. La mia compagna entra in soggiorno e ci
sorprende in quell’atto che, mi rendo conto, può essere considerato assai
intimo.
Che fare? Non ho scelta. Mi stampo sul volto un sorriso
ebete e proseguo il massaggio.
“La cena è pronta.” Quattro parole, pronunciate con la
solita pacatezza. Soltanto io percepisco nella sua voce una stonatura, un’incrinatura
che mi colpisce, mi abbatte. Una dissonanza che è un’accusa. Rivolta a me,
unicamente a me.
E non posso che essere d’accordo.
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