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sabato 30 giugno 2012

NAZIONALI



Nel caso in cui occorra costruire una squadra nazionale valida e competitiva occorre, innanzitutto, disporre di un selezionatore all’altezza di tale impegnativo compito. Un direttore tecnico che, in nessun modo, possa subire condizionamenti riguardo alle scelte da operare.
Così ha agito, sul fronte della politica, il presidente Giorgio Napolitano, allenatore saggio, capace e dotato di grande esperienza. Dopo la crisi di governo dello scorso novembre, quando la palla è passata a lui, non ha avuto esitazioni e ha fatto la scelta migliore. L’unico dubbio poteva riguardare quale Mario preferire, tra i due disponibili. Il primo, tuttavia - e mi riferisco a Draghi - aveva appena ricevuto un’offerta di ingaggio prestigiosa e perciò irrinunciabile. Da alcuni mesi ormai gioca in Germania, in una squadra di Francoforte, la famosa BCE, e sta ottenendo ottimi risultati. A quel punto - dovendo inseguire l’eccellenza - la convocazione di Mario Monti è stata inevitabile.
Nel campionato nazionale Mario Monti ha avuto qualche problema, difficoltà in gran parte derivanti dall’assurda maggioranza che lo sostiene. Le sue riforme sono arrivate con insolita puntualità, anche se alcune di esse - forse per l’eccesiva premura -  sono apparse un po’ imprecise e carenti in equità. Pure alcuni suoi compagni di squadra si sono dimostrati un po’ incerti, probabilmente per la mancanza di esperienza in competizioni di così grande importanza. Monti si è invece distinto a livello internazionale, dove ha potuto far valere tutto il suo talento, il suo prestigio e l’indiscussa autorevolezza. Nel torneo continentale ha riportato rilevanti vittorie, quasi tutte contro la Germania, il nostro avversario più agguerrito. L’ultima risale a pochi giorni fa quando, con estrema freddezza e grande perseveranza, doti che tutti gli riconoscono, è riuscito a ottenere per il nostro Paese l’agognato scudi anti-spread, vale a dire proprio l’obiettivo che si era prefissato. Per fare ciò ha dovuto ricorrere a tutte le sue qualità, non ultime la competenza e la capacità di persuasione, unite ai fondamentali tecnici che di sicuro non gli difettano. Finalmente siamo tutti di nuovo orgogliosi della nostra nazionale politica, e non siamo più costretti ad assistere alle penose esibizioni di giocatori come quel tale Berlusconi che, al più, potrebbe gareggiare in qualche campionato di dilettanti.
Anche in campo calcistico disponiamo di un ottimo commissario tecnico. Cesare Prandelli, nel guidare la nazionale di calcio impegnata nei Campionati Europei, ha dimostrato tutto il suo valore. Oltre all’indiscutibile bravura, ha messo in mostra doti di grande equilibrio, buonsenso (che spesso manca agli italiani), simpatia e, soprattutto, spessore umano. Il responsabile azzurro ha saputo affidarsi alle persone giuste, a calciatori di grande bravura ed esperienza come il ruvido Buffon, ottimo motivatore per i compagni, all’indomito De Rossi, all’incredibile Pirlo (il miglior centrocampista al mondo, insieme allo spagnolo Xavi Hernandez, e i due si ritroveranno di fronte proprio nella sfida finale del torneo) amalgamandoli con altri giocatori più giovani e meno talentuosi ma ugualmente determinati. Inoltre ha azzeccato tutte le altre scelte, sia quella di puntare sull’estro ribelle di Mario (un altro!) Balotelli, sia quelle tattiche e strategiche. La vittima di maggior prestigio - quasi inutile ricordarlo - anche in questo caso è stata la Germania.
Questi ultimi giorni ricchi di riscontri positivi - sia pure in ambiti completamente diversi per rilevanza - hanno dimostrato che l’Italia può ripartire, a condizione che lo facciano gli italiani, e in particolare i migliori tra essi. In tutti campi, naturalmente.    

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