È trascorsa ormai una settimana dalla tragedia della nave Concordia, avvenimento sul quale si sono
scatenati famelici i mezzi di informazione del mondo intero. Tante parole sono
state dette e scritte, abbiamo visto immagini angosciose, ascoltato
innumerevoli riproposizioni di drammatiche e concitate telefonate e sentito le
testimonianze, rese con voci ancora colme di terrore, degli scampati.
Al di là del tragico bilancio di vite umane, evento al quale
purtroppo non si può porre rimedio e che ci lascia profondamente addolorati,
che cosa ci può insegnare questa dolorosa vicenda? Quali riflessioni è
opportuno fare?
Come spesso accade nel nostro disgraziato Paese, la
consapevolezza relativa ai comportamenti sbagliati si acquisisce sempre quando
è troppo tardi, allorché l’episodio funesto si è ormai manifestato e consumato.
Tutti gli interessati erano a conoscenza delle avventate e pericolose manovre
effettuate dalle gigantesche navi da crociera a puro scopo esibizionistico e
pubblicitario in prossimità degli scali e tutti hanno sempre colpevolmente
taciuto. Adesso, ma soltanto adesso, si correrà prontamente ai ripari, ci
saranno nuove proibizioni, le regole di condotta e i divieti saranno fatti
rispettare. Troppo tardi, come sempre.
In questo dramma del mare spicca la figura quasi grottesca
(in senso triste) del comandante Schettino. E come non pensare subito allo
sciagurato Lord Jim, il protagonista del famoso romanzo di Joseph Conrad?
Tuttavia le analogie tra questi due personaggi, uno frutto di immaginazione, l’altro
purtroppo reale, non sono perfette. Il primo, nella sconfitta, ritrova una
minima dignità, ammette le proprie colpe e la propria debolezza d’animo, l’assenza
di quella qualità umana chiamata coraggio che invece riteneva di possedere. Il
secondo, tipico stereotipo dell’italiano
guascone, un po’ arrogante e irresponsabile, pur messo di fronte alle evidenti colpe,
somma di inadeguatezza al ruolo, imperizia e negligenza, si ostina a negare e a
mentire, a invocare circostanze del tutto improbabili, a ergersi quale vittima
del caso e delle cose (gli scogli, il buio, la fantomatica caduta sulla
scialuppa). Le uniche vere vittime, in realtà, sono i passeggeri che hanno
perso la vita.
Al codardo capitano è stata contrapposta, come sempre accade
in questi casi, una successione di presunti eroi: l’ufficiale della Capitaneria
di Porto che, nel semplice esercizio del proprio dovere, ha cercato in tutti i
modi di scuotere e richiamare alle proprie pesanti responsabilità quell’uomo
confuso e forse alterato che appariva incapace di alcuna reazione positiva; e
poi gli altri soccorritori, i pochi ufficiali che non hanno subito abbandonato
la nave, il vice-sindaco dell’isola, i sommozzatori da giorni impegnati in una
pericolosa missione di ricerca dei dispersi. Tutti eroi? Credo che nessuno di
loro (e qualcuno di essi lo ha detto espressamente) gradirebbe fregiarsi di
tale appellativo. Di sicuro preferirebbero essere additati come persone che
svolgono fino in fondo i propri doveri, come semplici uomini di valore.
“Beato il paese che
non bisogno di eroi” diceva Bertold Brecht, in quanto chi esibisce estremo
coraggio esercita il compito di proteggere la comunità dal male e dai pericoli
e quindi se un Paese non ha bisogno di figure eroiche vuol dire che si tratta
di un buon Paese. Pertanto è auspicabile che esistano cittadini le cui virtù
siano il senso di responsabilità, quello del dovere e dotati del giusto grado
di altruismo, di generosità disinteressata. Non serve nulla di più. L’eroe è sempre
una figura estrema, tragica. Non ne sentiamo il bisogno.
In quanto al coraggio, se proprio manca, “uno non se lo può dare”, come affermava il pavido ma ben conscio don Abbondio. L’importante
è possedere l’umiltà di ammettere tale carenza, e di conseguenza non assumere
ruoli per i quali tale innata qualità potrebbe, prima o poi, essere necessaria.
Lord Jim lo comprese troppo tardi. Lo capirà, prima o poi, il comandante
Schettino? L’uomo ha la vita professionale e quella personale ormai rovinate,
la sua incolpevole famiglia ne subirà gravi conseguenze; subentrerà,
inesorabile e inevitabile, il rimorso per la scriteriata condotta tenuta, quasi
di certo sarà condannato a una non breve pena detentiva. Sono utili, quindi, le
polemiche seguite alla sua momentanea scarcerazione a vantaggio degli arresti
domiciliari? Riteniamo di no, senza alcun dubbio. È evidente, da parte del
capitano, il comportamento colposo (sebbene pluri-aggravato) e non doloso. Non
esiste alcuna possibilità di inquinamento delle prove: sono ormai state
acquisite le registrazioni di tutti gli accadimenti di quella terribile notte e
non c’è assolutamente pericolo di fuga dal momento che la sua è, purtroppo, una
fisionomia tristemente nota in tutto il mondo.
Pietà per i morti.
Immensa pena per tutti i Lord Jim passati, presenti e
futuri.
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