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sabato 21 gennaio 2012

LORD JIM



È trascorsa ormai una settimana dalla tragedia della nave Concordia, avvenimento sul quale si sono scatenati famelici i mezzi di informazione del mondo intero. Tante parole sono state dette e scritte, abbiamo visto immagini angosciose, ascoltato innumerevoli riproposizioni di drammatiche e concitate telefonate e sentito le testimonianze, rese con voci ancora colme di terrore, degli scampati.
Al di là del tragico bilancio di vite umane, evento al quale purtroppo non si può porre rimedio e che ci lascia profondamente addolorati, che cosa ci può insegnare questa dolorosa vicenda? Quali riflessioni è opportuno fare?
Come spesso accade nel nostro disgraziato Paese, la consapevolezza relativa ai comportamenti sbagliati si acquisisce sempre quando è troppo tardi, allorché l’episodio funesto si è ormai manifestato e consumato. Tutti gli interessati erano a conoscenza delle avventate e pericolose manovre effettuate dalle gigantesche navi da crociera a puro scopo esibizionistico e pubblicitario in prossimità degli scali e tutti hanno sempre colpevolmente taciuto. Adesso, ma soltanto adesso, si correrà prontamente ai ripari, ci saranno nuove proibizioni, le regole di condotta e i divieti saranno fatti rispettare. Troppo tardi, come sempre.
In questo dramma del mare spicca la figura quasi grottesca (in senso triste) del comandante Schettino. E come non pensare subito allo sciagurato Lord Jim, il protagonista del famoso romanzo di Joseph Conrad? Tuttavia le analogie tra questi due personaggi, uno frutto di immaginazione, l’altro purtroppo reale, non sono perfette. Il primo, nella sconfitta, ritrova una minima dignità, ammette le proprie colpe e la propria debolezza d’animo, l’assenza di quella qualità umana chiamata coraggio che invece riteneva di possedere. Il secondo,  tipico stereotipo dell’italiano guascone, un po’ arrogante e irresponsabile, pur messo di fronte alle evidenti colpe, somma di inadeguatezza al ruolo, imperizia e negligenza, si ostina a negare e a mentire, a invocare circostanze del tutto improbabili, a ergersi quale vittima del caso e delle cose (gli scogli, il buio, la fantomatica caduta sulla scialuppa). Le uniche vere vittime, in realtà, sono i passeggeri che hanno perso la vita.
Al codardo capitano è stata contrapposta, come sempre accade in questi casi, una successione di presunti eroi: l’ufficiale della Capitaneria di Porto che, nel semplice esercizio del proprio dovere, ha cercato in tutti i modi di scuotere e richiamare alle proprie pesanti responsabilità quell’uomo confuso e forse alterato che appariva incapace di alcuna reazione positiva; e poi gli altri soccorritori, i pochi ufficiali che non hanno subito abbandonato la nave, il vice-sindaco dell’isola, i sommozzatori da giorni impegnati in una pericolosa missione di ricerca dei dispersi. Tutti eroi? Credo che nessuno di loro (e qualcuno di essi lo ha detto espressamente) gradirebbe fregiarsi di tale appellativo. Di sicuro preferirebbero essere additati come persone che svolgono fino in fondo i propri doveri, come semplici uomini di valore.
Beato il paese che non bisogno di eroi” diceva Bertold Brecht, in quanto chi esibisce estremo coraggio esercita il compito di proteggere la comunità dal male e dai pericoli e quindi se un Paese non ha bisogno di figure eroiche vuol dire che si tratta di un buon Paese. Pertanto è auspicabile che esistano cittadini le cui virtù siano il senso di responsabilità, quello del dovere e dotati del giusto grado di altruismo, di generosità disinteressata. Non serve nulla di più. L’eroe è sempre una figura estrema, tragica. Non ne sentiamo il bisogno.
In quanto al coraggio, se proprio manca, “uno non se lo può dare”, come affermava  il pavido ma ben conscio don Abbondio. L’importante è possedere l’umiltà di ammettere tale carenza, e di conseguenza non assumere ruoli per i quali tale innata qualità potrebbe, prima o poi, essere necessaria. Lord Jim lo comprese troppo tardi. Lo capirà, prima o poi, il comandante Schettino? L’uomo ha la vita professionale e quella personale ormai rovinate, la sua incolpevole famiglia ne subirà gravi conseguenze; subentrerà, inesorabile e inevitabile, il rimorso per la scriteriata condotta tenuta, quasi di certo sarà condannato a una non breve pena detentiva. Sono utili, quindi, le polemiche seguite alla sua momentanea scarcerazione a vantaggio degli arresti domiciliari? Riteniamo di no, senza alcun dubbio. È evidente, da parte del capitano, il comportamento colposo (sebbene pluri-aggravato) e non doloso. Non esiste alcuna possibilità di inquinamento delle prove: sono ormai state acquisite le registrazioni di tutti gli accadimenti di quella terribile notte e non c’è assolutamente pericolo di fuga dal momento che la sua è, purtroppo, una fisionomia tristemente nota in tutto il mondo.
Pietà per i morti.
Immensa pena per tutti i Lord Jim passati, presenti e futuri.   

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