Dal racconto: Il maestro di tennis
(...)
Fin dall'inizio, tra me e Simona c'è stata una grande sintonia, non abbiamo mai
avuto discussioni. Anche se ha poco più di quattordici anni, lei ha un bel
fisico armonioso: è alta e atletica, con spalle forti. Le ragazze della sua
età, in confronto, sembrano giraffe sgraziate. Invece, il corpo di Simona è già
ben definito. Lei è carina, anche se la sua bellezza è comune. Ha i capelli
castano chiaro e lunghi, con la riga in mezzo. Quando gioca, li lega in una
coda un po' approssimativa.
Il
suo carattere solare e divertente mi ha contagiato fin da subito, ha reso più
leggeri gli allenamenti. Simona è estroversa, spontanea, non ha peli sulla
lingua e dice sempre ciò che pensa, con una freschezza che disarma. Questa sua
apertura rende il nostro rapporto di lavoro sciolto e sempre interessante. Il
mio compito principale dovrebbe essere quello di perfezionare la sua tecnica,
di affinare quel talento naturale che possiede aggiungendo al suo repertorio
qualche colpo un po' più ricercato, magari una smorzata insidiosa o una
veronica eseguita con maggiore precisione. In parallelo, stiamo lavorando molto
sull'aspetto mentale, un elemento cruciale nel tennis, soprattutto a livello
agonistico. Le insegno a gestire la pressione prima della gara, a rimanere
concentrata nei momenti difficili, a trasformare la rabbia per un errore in
energia positiva. Sono convinto che la solidità mentale di un atleta debba
essere costruita fin dalla giovane età.
Negli
ultimi tempi, però, ho iniziato a percepire un cambiamento quasi impercettibile
ma che non lascia dubbi nell'atteggiamento di Simona. Non so bene come
descriverlo, c'è qualcosa nell'aria, un'energia diversa quando mi è vicino. Ho
il timore, anzi, la quasi certezza che si sia presa una cotta per me. Lo noto
da piccoli segnali, da sguardi prolungati, da un'attenzione diversa nei miei
confronti. Sembra meno spensierata, a volte quasi timida, eppure, allo stesso
tempo, è diventata più civettuola. Cura molto di più il suo abbigliamento
quando viene al circolo, scegliendo completini che mettono in risalto la sua
figura. E poi ci sono quei dettagli che prima non notavo: a volte si presenta
con gli occhi leggermente truccati, un filo di mascara, e le sue belle labbra
sembrano sempre più lucide, a volte con una leggera colorazione rosata.
Ma
sono alcuni contatti fisici, in apparenza innocenti, a turbarmi molto. Quando
mi avvicino a lei per correggere l'impugnatura della racchetta, e mi metto alle
sue spalle a stretto contatto per guidare il suo movimento, colgo la pressione
dei suoi glutei sulla patta dei miei pantaloncini. Un contatto breve, forse
involontario, ma che mi lascia sempre un senso di disagio. Se mi allontano un
po' per osservare meglio la sua esecuzione, lei tende a seguirmi nel movimento,
accorcia le distanze. E poi c'è stato un episodio in particolare che mi ha messo in
grande difficoltà. Stavo cercando di spiegarle un movimento del bacino durante
il servizio e, per testare la sua consapevolezza corporea, ho esercitato
anch'io una leggera pressione sulla parte bassa della sua schiena. La sua reazione
mi ha spiazzato: ha iniziato a fare dei piccoli movimenti rotatori con le anche,
un gesto ambiguo, quasi provocatorio. A quel punto ho interrotto subito la
lezione, mi sono allontanato con il cuore che batteva forte, sconvolto da
quella che mi era sembrata una palese allusione. (...)
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