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martedì 4 novembre 2025

LA PROF DI ITALIANO

"Non ci credo" dico, ansimando per lo sforzo. La bici scivola sull'asfalto pieno di buche, e la ruota posteriore sobbalza.

"Giuro, l'ho fatto davvero" ribatte Pietro, senza tradire alcun cenno di fatica. Pedala in modo regolare, le gambe muscolose che macinano giri su giri, mentre i suoi occhi brillano, compiaciuti.

Siamo di ritorno dalla palestra, e l'aria fresca del pomeriggio ci asciuga il sudore. Stamattina abbiamo fatto lezione a scuola, come ogni altro giorno, ma ora è solo un lontano ricordo. L’unico pensiero che mi frulla per la testa è il racconto assurdo di Pietro, che mi ha scaricato addosso all'improvviso. Mi ha detto che ieri pomeriggio è stato a casa della professoressa d'italiano. La cosa più incredibile è che non mi ha accennato nulla a scuola.

"Perché non me l'hai detto questa mattina?" domando, cercando di affiancarlo.

"Non volevo che qualcuno sentisse" dice lui, la voce più bassa.

"Inoltre la prof non vuole che si sappia" aggiunge il mio compagno e amico.

"Accidenti!" esclamo. "Lo avevi detto e lo hai fatto!"

In effetti, un paio di settimane fa, durante l'ora di italiano, aveva chiesto direttamente a lei se poteva andare a trovarla a casa. La professoressa aveva risposto: "Certo, vieni pure". Nessuno lo aveva preso sul serio, era stato considerato come un momento goliardico, una delle tante provocazioni di Pietro. Lui, però, lo aveva fatto sul serio.

Mentre Pietro continua a pedalare, soddisfatto, ripenso alla professoressa. È nuova, arrivata solo quest'anno, ma ha già rivoluzionato le nostre giornate. È giovane, avrà dieci anni più di noi al massimo, e ci accompagnerà per l'intero triennio. Ha vinto il concorso ed è arrivata direttamente dalla sua amata Sicilia.

"Ho dovuto abbandonare da un giorno all'altro familiari e amici" ci ripete spesso, con un filo di nostalgia. Abita in un paesino qui vicino, a dieci minuti dalla scuola, e sin dal primo giorno ha detto: "Non chiamatemi prof e neppure per cognome, io sono semplicemente Maria Grazia".

In classe ha deciso di non farci leggere la Divina Commedia.

"Se volete, visto che fa parte del programma, ve la potete guardare per conto vostro, tanto sapete di che cosa parla" ha detto. Al suo posto, ha scelto La Storia di Elsa Morante. In realtà, a leggere è sempre lei, con grande trasporto, passeggiando tra i banchi con il volume in mano. È davvero fissata con quel libro, ne parla di continuo. In realtà, occorre dire che non è poi così male. Dopo un po' ti prende.

Penso al suo aspetto. La prof non è molto alta, ha un corpo ben fatto, capelli biondastri che porta lunghi e occhi chiari. Indossa sempre jeans, molto attillati, e camicette ancora più aderenti che le mettono in risalto il seno robusto.

Giuliano, il mio vicino di banco, che si atteggia sempre a grande esperto di donne, aveva sentenziato: "Non indossa le gonne perché ha le gambe brutte".

Il giorno dopo era stato puntualmente smentito. La prof si era presentata in aula con un vestitino leggero a fiori, molto corto, che le lasciava le spalle scoperte, nonostante fosse autunno. Ho trascorso l'intera lezione a fissarle le gambe, che sono tutt'altro che brutte! A un certo punto lei se n'è accorta. Mi ha guardato, il mio viso è diventato di fuoco, e poi mi ha sorriso, un sorriso lieve e divertito.

"Ehi, aspettami!" grido a Pietro, che sta di nuovo pedalando come un forsennato.

"Mi devi raccontare tutto" aggiungo.

Lo affianco, spingendo al massimo sui pedali.

"Non c'è molto da dire" risponde lui, scrollando le spalle.

"Quanto tempo sei stato da lei? Che cosa avete fatto?" chiedo a raffica, curioso.

"Abbiamo passato un'ora, credo, a parlare" risponde lui.

"Un'ora!" esclamo, incredulo. "E... non avete fatto niente?" domando, malizioso.

Lui scuote la testa, con un'espressione quasi seccata. "Te l'ho detto, abbiamo parlato".

"Di cosa?" insisto.

Pietro sbuffa, frena bruscamente la bicicletta. Faccio altrettanto, le ruote che stridono sull'asfalto.

"Abbiamo parlato di me" dice, fissandomi.

"Di te?" Faccio fatica a reggere il suo sguardo, tanto è penetrante.

"Di come sono" dice, la voce molto seria.

Sono confuso.

"Io pensavo che tu fossi andato da lei perché ti piace, almeno così avevi detto in classe, non per altri motivi" dico.

"In realtà, e in un certo modo, lei mi piace molto" risponde  Pietro, adesso con un tono di voce piatto. I suoi occhi chiari sono persi nel vuoto.

"Ma le altre donne no".

Finalmente comprendo. Qualcosa che avrei dovuto capire da tempo.

 

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