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martedì 26 novembre 2024

LE DUE SORELLE


Ci appostavamo sempre all'interno della casa abbandonata. Quei ruderi erano pericolosi, i pavimenti erano sconnessi e ricoperti di frammenti di vetro, tuttavia un paio di finestre si aprivano sulla strada sterrata che conduceva alla cascina. Era il posto ideale per osservare le sorelle senza essere visti.

Michela e Donata erano da poco venute ad abitare nella borgata. Il loro padre era un ferroviere, il suo lavoro comportava frequenti trasferimenti di sede. In famiglia c'era anche un altro figlio, più piccolo rispetto alle ragazze. Quel moccioso non ci interessava.

Io e il mio amico Marco ci eravamo innamorati subito delle sorelle. Loro erano un po' più grandi di noi. Michela aveva un anno in più, Donata due.

Ogni giorno, alle cinque in punto, ben nascosti, aspettavamo il passaggio delle sorelle. Andavano alla cascina a prendere il latte. Non capitava mai che mancasse una delle due. O erano presenti entrambe oppure, con nostra grande delusione, quella commissione quotidiana era svolta dalla madre.

Marco aveva scelto Michela, io Donata, non dopo qualche discussione.

Le due sorelle erano, tra loro, completamente diverse. Michela era bruna. Aveva lunghi e folti capelli neri, lunghi fin sulle spalle, la figura formosa. Donata invece era più chiara di carnagione, i capelli quasi biondi portati abbastanza corti, il naso più affilato rispetto alla sorella, e la corporatura più snella.

Quel pomeriggio, era estate, le vedemmo arrivare puntuali. Indossavano entrambe un abito a fiori, di colori diversi, leggero e corto. Ammirammo le loro gambe, più tornite quelle di Michela, affusolate quelle di Donata, scurite dal sole. Le lasciammo sfilare, contemplando con entusiasmo le loro sinuose figure viste da dietro. Osservai Marco: era a bocca spalancata. Io pure.

"Quando tornano indietro dobbiamo fare qualcosa" disse il mio amico.

"Che cosa?" domandai, un po' sorpreso. Fino a quel momento non avevamo mai parlato di agire.

"Non lo so, potremmo spaventarle" disse.

"In che modo?" chiesi.

"Facendo rumore, senza però farci vedere".

"Sei matto? E se si prendono paura sul serio? Se fanno cadere il latte?"

Marco si strinse nelle spalle e non disse più nulla. Toccava a me fare una proposta.

"Potremmo uscire prima del loro ritorno e fingere di incontrarle per caso" dissi.

"No!" esclamò Marco. "Non sono in ordine. Ho i pantaloni impolverati" aggiunse. Sembrava terrorizzato.

"Potremmo dire loro qualcosa" dissi.

"Intendi davvero parlare con loro?" chiese il mio amico.

"Ci possiamo provare" dissi.

"Per dire che cosa?"

"Non lo so" risposi.

"E se lo facessimo domani? Così ci viene in mente qualcosa da dire" disse Marco.

"Hai ragione. Lo faremo domani" risposi, sollevato.

"Adesso però mettiamoci giù e stiamo zitti. Michela e Donata stanno tornando" disse Marco, che aveva ripreso colore.


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