Powered By Blogger

domenica 2 settembre 2012

VIETATO STUPIRSI



Si sta svolgendo a Londra, proprio in questi giorni, la XVI edizione dei Giochi Paralimpici estivi. Come per le Olimpiadi concluse da poco, si tratta anche in questo caso di un grande evento sportivo, al quale hanno aderito oltre centosessanta federazioni nazionali e alcune migliaia di atleti. Le gare stanno riscuotendo un grande successo, la partecipazione del pubblico londinese è entusiasta e appassionata, in tutti i siti sedi delle prove si registra il tutto esaurito. I risultati ottenuti fino a questo momento dagli atleti, come accade quasi sempre in tutte le competizioni di vertice, sono all’altezza delle aspettative. Ricordiamo, per quanto ci riguarda, le due splendide vittorie della nuotatrice Camellini che hanno fruttato due medaglie d’oro nonché un primato mondiale. Oppure l’ennesima ottima prova del corridore sudafricano Oscar Pistorius (che già aveva preso parte alle Olimpiadi), trionfatore nella gara dei 2oo metri con il nuovo record del mondo.
Alcune sere fa abbiamo potuto assistere, con grande partecipazione, alla bellissima cerimonia di inaugurazione dei Giochi. Una celebrazione elegante e raffinata, addirittura superiore, per intensità, a quella analoga delle Olimpiadi e alla quale ha partecipato anche il fisico Stephen Hawking, che ha dato il via ai Giochi. Come sempre in queste occasioni, il momento di maggiore impatto emotivo è stato quello della sfilata dei partecipanti, contraddistinto dalla percezione della gioia e dal sincero entusiasmo che era possibile scorgere sui volti felici degli atleti.
Per chi ancora non lo sapesse i Giochi Paralimpici sono l’equivalente delle Olimpiadi, e i partecipanti sono atleti con differenti disabilità. La prima edizione di questa competizione fu organizzata nel 1948, a Stoke Mendeville nel Buckinghamshire, ad opera del medico britannico Ludwig Guttmann, ed era rivolta in particolare ai veterani della Seconda Guerra Mondiale che, durante il conflitto, avevano subito danni alla colonna vertebrale.
Nel 1960 i Giochi furono disputati, per la prima volta, in concomitanza con le Olimpiadi, che quell’anno si svolgevano a Roma. Da allora i Giochi hanno avuto luogo con regolare frequenza quadriennale, e a partire dal 2002 (Barcellona) il paese organizzatore delle Olimpiadi, sia estive che invernali, deve assumere l’obbligo di allestire l’equivalente manifestazione per atleti disabili.
Tornando per un momento alle miserie di casa nostra, a proposito dei Giochi Paralimpici hanno destato profondo sconcerto le affermazioni fatte da Paolo Villaggio nel corso di una trasmissione radiofonica. L’attore e scrittore genovese ha detto che tali Giochi suscitano molta tristezza, perché sono tutt’altro che entusiasmanti, ma soltanto la malinconica rappresentazione di alcune disgrazie. Pertanto, sempre a suo parere, non dovrebbero aver luogo perché appaiono come una specie di sublimazione della sventura stessa e l’esaltazione di una finta pietà. Anche se si fosse trattato di una semplice provocazione (aspetto non insolito nel personaggio) tali parole sono comunque odiose e detestabili, da rigettare allo stolto mittente.
Gli atleti paralimpici sono atleti veri, impegnati quotidianamente in severi e faticosi allenamenti, e per i quali i Giochi non rappresentano di certo un’occasione di rivalsa nei confronti delle persone normodotate, ma un palcoscenico importante nel quale poter metter in mostra di fronte a un grande pubblico (per una volta) tutto il loro valore sportivo. É infatti assurdo parlare di eccessiva spettacolarizzazione dell’evento e di esorbitante esposizione mediatica trattandosi di atleti che, come tutti gli altri sportivi, per anni si sono preparati in vista del rilevante avvenimento con grande spirito di sacrificio e che si sono regolarmente esibiti in competizioni internazionali invece sempre trascurate dai mezzi di informazione. Qual è il problema - e quale disturbo possono mai arrecare - se almeno una volta ogni quattro anni ci si occupa anche di loro, e del loro indiscusso valore agonistico?
Apprezziamo quindi, in assoluta serenità, da veri sportivi, da effettivi appassionati, le prestazioni di questi atleti. Partecipiamo alle loro vittorie, rattristiamoci alle loro sconfitte, applaudiamo il loro impegno e lo spirito competitivo che li anima, condividiamo la loro gioia o il loro momentaneo sconforto. Soltanto una cosa non dobbiamo fare: stupirci.
Perché l’autentico sportivo, quello davvero genuino, privo di qualsiasi preconcetto, è da sempre abituato a stupirsi.                

Nessun commento:

Posta un commento