Si erano incontrati la
prima volta alla fermata del bus. E non era accaduto nulla. D’altra parte, che
cosa sarebbe potuto accadere? Lui però aveva avuto la possibilità di esaminarla
a lungo perché, come sempre, il mezzo si era fatto attendere. In effetti, quel
giorno, tra tutte le persone presenti alla fermata, lui aveva notato, e poi scrutato
con vivo interesse, soltanto quella ragazza. Non si può dire che fosse vistosa
in maniera particolare, poiché vestiva con abiti semplici, né che il suo viso
fosse grazioso più del normale. Anzi, i tratti di quel volto era piuttosto
anonimi, quasi sfumati. L’attenzione dell’occasionale osservatore era stata attirata
soprattutto dall’enorme massa dei suoi capelli. Neri, spessi e crespi, raccolti
in un’acconciatura che poteva sembrare del tutto casuale, ma che quasi di
sicuro era il risultato finale di una accurata applicazione. Per il resto, non
c’era tanto altro da dire. La pelle di quella giovane donna era molto chiara,
tanto da sfiorare la trasparenza. Lo si poteva constatare con certezza
considerando il suo viso, ma anche dalle sue gambe, che spuntavano abbastanza
lunghe, sottili e smorte da un paio di pantaloncini alquanto corti. Quelle gambe
che, in ogni modo, erano tutt’altro che perfette. Una pelle così pallida che
formava un crudo contrasto con quella chioma così scura, e con quelle sopracciglia
tanto marcate. Anche l’espressione perennemente imbronciata della ragazza
rappresentava una singolare peculiarità, così come la sua maniera di muoversi,
a scatti, vittima di improvvisi e incontrollabili impulsi nervosi. E il suo
sguardo, apprensivo, in continuo allarme.
A quel primo incontro
ne erano seguiti moli altri. Ciò avveniva tutti i giorni, o quasi. Spesso l’uomo
riusciva a sedersi sul bus proprio accanto a lei. In quel caso, il tragitto
risultava alquanto piacevole. A volte si girava a fissarla, per un breve
attimo, e ammirava il suo profilo, caratterizzato dalla mandibola leggermente
sporgente e dal naso delicato, dalla forma regolare. Di frequente i loro
sguardi si incrociavano, e sulle sottili labbra della donna appariva una
piccola smorfia, forse l’abbozzo di un sorriso, ma subito dopo lei volgeva il
capo in direzione del finestrino. L’uomo rimaneva un po’ deluso, ma non si
scoraggiava. E poi, era così gradevole sfiorare con la sua spalla la spalla
nuda di lei quando il bus affrontava le curve e i loro corpi inevitabilmente
erano destinati a sfiorarsi.
Un giorno, finalmente, i
due si parlarono. Non si trattò di un discorso lungo, né approfondito, soltanto
di un rapido scambio di imbarazzati e banali vocaboli.
“Scusi, che ore sono?”
domandò lui, che aveva davvero scordato a casa l’orologio.
“Non lo so” rispose
lei, arrossendo.
Un dialogo minimo,
certamente, ma ormai il ghiaccio era rotto. La parete dell’incomunicabilità che
esiste molte volte tra gli esseri umani era stata infine abbattuta.
Poco alla volta, con lentezza,
con estrema circospezione, l’uomo e la donna scambiarono sempre più parole. Non
era facile, perché entrambi erano molto timidi. Discorrevano del tempo e del
loro lavoro. Lui scoprì che lei faceva la commessa in un negozio di articoli
regalo. In realtà lo aveva già intuito, ma fu contento quando la ragazza glielo
confermò. Da quel momento cominciò a scendere una fermata prima. Camminava con
lei per qualche decina di metri, al suo fianco, senza mai toccarla, fino all’ingresso
del negozio. Poi si salutavano. Un giorno, nel farlo, lui le sfiorò un fianco
con la mano, e lei sembrò gradire quel fuggevole contatto. Allora divenne più
ardito. Nell’accomiatarsi, cominciò dapprima ad afferrarle l’esile braccio, in
un gesto amichevole, e dopo un po’ a schioccare sulle sue guance esangui un
paio di casti baci. Naturalmente tutte le mattine l’uomo arrivava in ritardo al
lavoro, e doveva subire di continuo i rimbrotti sempre più feroci del suo capo.
Tuttavia si trattava di un sacrificio accettabile, dal momento che aveva
incontrato l’amore. Sì, ne era sicuro, anche la ragazza nutriva per lui un
sentimento speciale, di quelli in grado di allietare l’esistenza. L’uomo era in
estasi, poiché prima d’allora non aveva mai conosciuto tale senso di
appagamento. No, non si era mai innamorato di una donna. La gioia, in alcuni
momenti, era accompagnata e contrastata da un senso di sconvolgimento assoluto.
Iniziò a pensare che uno stato del genere, con tutta probabilità, non si sarebbe
mai più ripetuto nel corso della sua vita. E dunque fu costretto a prendere
quella terribile decisione.
Quel giorno erano scesi
dal bus, avevano percorso a piedi il solito breve tragitto e, come sempre, era
arrivato il momento del saluto.
“Sappi che non ci
vedremo più” disse, allegro.
Lei non comprese bene
il significato di quella inattesa affermazione. Lo guardò e sorrise.
“Che cosa?” domandò,
ora un po’ inquieta.
“Lo sai, sono
innamorato di te, e so che tu ricambi il mio sentimento…” proseguì lui, sempre
di buon umore.
“Ehi! Non capisco…”
“Sono felice, sono
molto felice…” aggiuse l’uomo, in tono sempre più amabile.
“Anch’io…” disse lei,
incerta.
“Non sarò mai più
felice come in questo momento” concluse lui.
“Che cosa intendi dire?”
I tratti del viso della donna si andavano sfaldando.
“Non capisci?” domandò
lui, sereno. “Questo è il nostro momento perfetto. Non lo possiamo rovinare
continuando a frequentarci. Sai, in futuro potrebbero sorgere tra noi dei
malintesi, delle incomprensioni, e non possiamo correre il rischio di rovinare
tutto. Siamo giunti all’apice della nostra storia, al momento più alto e irripetibile…”
“Mi stai lasciando?”
pigolò lei.
“Sì, ti sto lasciando.
Anzi, ti ho già lasciato! Non ho mai provato una gioia pari a quella che provo
in questo istante. Non posso sopportare l’idea che possa svanire, e tu mi sarai
riconoscente per sempre…”
La giovane rimase
impietrita, del tutto incapace di ribattere. Lui si allontanò saltellando. Si
sa, è difficile reprimere la contentezza.
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