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domenica 19 agosto 2012

MOMENTO PERFETTO



Si erano incontrati la prima volta alla fermata del bus. E non era accaduto nulla. D’altra parte, che cosa sarebbe potuto accadere? Lui però aveva avuto la possibilità di esaminarla a lungo perché, come sempre, il mezzo si era fatto attendere. In effetti, quel giorno, tra tutte le persone presenti alla fermata, lui aveva notato, e poi scrutato con vivo interesse, soltanto quella ragazza. Non si può dire che fosse vistosa in maniera particolare, poiché vestiva con abiti semplici, né che il suo viso fosse grazioso più del normale. Anzi, i tratti di quel volto era piuttosto anonimi, quasi sfumati. L’attenzione dell’occasionale osservatore era stata attirata soprattutto dall’enorme massa dei suoi capelli. Neri, spessi e crespi, raccolti in un’acconciatura che poteva sembrare del tutto casuale, ma che quasi di sicuro era il risultato finale di una accurata applicazione. Per il resto, non c’era tanto altro da dire. La pelle di quella giovane donna era molto chiara, tanto da sfiorare la trasparenza. Lo si poteva constatare con certezza considerando il suo viso, ma anche dalle sue gambe, che spuntavano abbastanza lunghe, sottili e smorte da un paio di pantaloncini alquanto corti. Quelle gambe che, in ogni modo, erano tutt’altro che perfette. Una pelle così pallida che formava un crudo contrasto con quella chioma così scura, e con quelle sopracciglia tanto marcate. Anche l’espressione perennemente imbronciata della ragazza rappresentava una singolare peculiarità, così come la sua maniera di muoversi, a scatti, vittima di improvvisi e incontrollabili impulsi nervosi. E il suo sguardo, apprensivo, in continuo allarme.
A quel primo incontro ne erano seguiti moli altri. Ciò avveniva tutti i giorni, o quasi. Spesso l’uomo riusciva a sedersi sul bus proprio accanto a lei. In quel caso, il tragitto risultava alquanto piacevole. A volte si girava a fissarla, per un breve attimo, e ammirava il suo profilo, caratterizzato dalla mandibola leggermente sporgente e dal naso delicato, dalla forma regolare. Di frequente i loro sguardi si incrociavano, e sulle sottili labbra della donna appariva una piccola smorfia, forse l’abbozzo di un sorriso, ma subito dopo lei volgeva il capo in direzione del finestrino. L’uomo rimaneva un po’ deluso, ma non si scoraggiava. E poi, era così gradevole sfiorare con la sua spalla la spalla nuda di lei quando il bus affrontava le curve e i loro corpi inevitabilmente erano destinati a sfiorarsi.
Un giorno, finalmente, i due si parlarono. Non si trattò di un discorso lungo, né approfondito, soltanto di un rapido scambio di imbarazzati e banali vocaboli.
“Scusi, che ore sono?” domandò lui, che aveva davvero scordato a casa l’orologio.
“Non lo so” rispose lei, arrossendo.
Un dialogo minimo, certamente, ma ormai il ghiaccio era rotto. La parete dell’incomunicabilità che esiste molte volte tra gli esseri umani era stata infine abbattuta.
Poco alla volta, con lentezza, con estrema circospezione, l’uomo e la donna scambiarono sempre più parole. Non era facile, perché entrambi erano molto timidi. Discorrevano del tempo e del loro lavoro. Lui scoprì che lei faceva la commessa in un negozio di articoli regalo. In realtà lo aveva già intuito, ma fu contento quando la ragazza glielo confermò. Da quel momento cominciò a scendere una fermata prima. Camminava con lei per qualche decina di metri, al suo fianco, senza mai toccarla, fino all’ingresso del negozio. Poi si salutavano. Un giorno, nel farlo, lui le sfiorò un fianco con la mano, e lei sembrò gradire quel fuggevole contatto. Allora divenne più ardito. Nell’accomiatarsi, cominciò dapprima ad afferrarle l’esile braccio, in un gesto amichevole, e dopo un po’ a schioccare sulle sue guance esangui un paio di casti baci. Naturalmente tutte le mattine l’uomo arrivava in ritardo al lavoro, e doveva subire di continuo i rimbrotti sempre più feroci del suo capo. Tuttavia si trattava di un sacrificio accettabile, dal momento che aveva incontrato l’amore. Sì, ne era sicuro, anche la ragazza nutriva per lui un sentimento speciale, di quelli in grado di allietare l’esistenza. L’uomo era in estasi, poiché prima d’allora non aveva mai conosciuto tale senso di appagamento. No, non si era mai innamorato di una donna. La gioia, in alcuni momenti, era accompagnata e contrastata da un senso di sconvolgimento assoluto. Iniziò a pensare che uno stato del genere, con tutta probabilità, non si sarebbe mai più ripetuto nel corso della sua vita. E dunque fu costretto a prendere quella terribile decisione.
Quel giorno erano scesi dal bus, avevano percorso a piedi il solito breve tragitto e, come sempre, era arrivato il momento del saluto.
“Sappi che non ci vedremo più” disse, allegro.
Lei non comprese bene il significato di quella inattesa affermazione. Lo guardò e sorrise.
“Che cosa?” domandò, ora un po’ inquieta.
“Lo sai, sono innamorato di te, e so che tu ricambi il mio sentimento…” proseguì lui, sempre di buon umore.
“Ehi! Non capisco…”
“Sono felice, sono molto felice…” aggiuse l’uomo, in tono sempre più amabile.
“Anch’io…” disse lei, incerta.
“Non sarò mai più felice come in questo momento” concluse lui.
“Che cosa intendi dire?” I tratti del viso della donna si andavano sfaldando.
“Non capisci?” domandò lui, sereno. “Questo è il nostro momento perfetto. Non lo possiamo rovinare continuando a frequentarci. Sai, in futuro potrebbero sorgere tra noi dei malintesi, delle incomprensioni, e non possiamo correre il rischio di rovinare tutto. Siamo giunti all’apice della nostra storia, al momento più alto e irripetibile…”
“Mi stai lasciando?” pigolò lei.
“Sì, ti sto lasciando. Anzi, ti ho già lasciato! Non ho mai provato una gioia pari a quella che provo in questo istante. Non posso sopportare l’idea che possa svanire, e tu mi sarai riconoscente per sempre…”
La giovane rimase impietrita, del tutto incapace di ribattere. Lui si allontanò saltellando. Si sa, è difficile reprimere la contentezza.


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