L’uscio della stanza da
pranzo sbatte con violenza. La ragazza esce di corsa, singhiozzando, e
attraversa il soggiorno, che è avvolto dalla penombra, a passi rapidi e nervosi.
“Ehi! Dove stai
andando?”
Una voce profonda, che
si fa strada nell’oscurità. Una voce stanca, la voce di un vecchio.
La giovane si blocca,
aguzza gli occhi.
“Nonno!”
Lui è seduto su una
poltrona, la sua poltrona. In mano tiene una pipa, spenta.
“Che cosa stai facendo?”
domanda la ragazza, sorpresa da quella improvvisa apparizione, da quella figura
emersa dalle tenebre.
“Sto pensando” dice l’uomo.
“Piuttosto, dimmi tu che cosa sta succedendo in questa casa. Perché i tuoi
genitori stavano urlando?”
La giovane si passa il
dorso di una mano sugli occhi, cerca di asciugare le lacrime che ancora stanno
sgorgando copiose.
“Nulla, le solite cose.
Non riusciamo proprio a comprenderci.”
Il vecchio scuote il
capo, sospira.
“Qual era l’oggetto
della disputa?”
Lei alza le spalle, poi
accende la luce. Si avvicina al nonno.
“Guarda” dice,
mostrandogli le mani. Lui inforca gli occhiali. Osserva con attenzione le
unghie lunghe e curate, dipinte ognuna di un colore diverso.
“Interessanti,
originali. Tutto qui?”
“Non proprio.”
“Allora?”
La ragazza scosta la
maglietta, scopre la spalla.
“C’è anche questo”
dice, con tono contrito. Il tatuaggio colorato brilla sulla pelle nuda.
“Una rosa!” esclama il
vecchio. “Bella e delicata, proprio come sei tu.”
Lei sbuffa.
“Nonno! Non essere
stucchevole!”
Lui sorride, compiaciuto.
“Stucchevole! Che bel
termine! Mi piace l’uso che fai delle parole, sai?”
“Mi stai prendendo in
giro.” Le labbra della giovane si schiudono. Su di esse, per la prima volta,
affiora l’abbozzo di un sorriso. Basta così poco per far risplendere quel volto
così grazioso.
“Ti garantisco che non
è così.”
“Sicura che non ci sia
qualcos’altro?” chiede ancora l’uomo.
Un broncio, un piccolo
broncio.
“La scuola. Mamma e
papà mi accusano di impegnarmi poco.”
Il vecchio annuisce.
“È vero?”
“In parte, soltanto in
parte. In realtà i miei risultati sono buoni, però ammetto che potrebbero
essere migliori. Dicono che dovrei dare loro più soddisfazione.”
“Eh? Dicono così?
Allora vuol dire che non hanno capito niente!”
La ragazza assume un’espressione
meravigliata.
“Che cosa intendi dire?”
chiede, quasi timorosa.
“Cosa c’entrano loro
con il tuo studio? Le soddisfazioni le devi dare a te stessa! Tu studi per te,
non per loro! È chiaro che non vi capite!”
“Perché, secondo te?”
“Uh? È semplice, perché
loro si trovano in una condizione, io e te in un’altra.”
La giovane arriccia il
naso.
“Spiegati meglio” dice.
“Vedi, tu non sei
ancora entrata in pieno nella vita, ed io ormai ne sono fuori. I tuoi genitori
invece sono dentro la tempesta, perché la vita è come una tempesta, e i momenti
di bonaccia sono davvero pochi. Il loro compito principale, in questo momento,
è quello di non fare affondare la nave. Sai, si tratta di una responsabilità
enorme, e a volte la loro capacità di giudizio può risultare un po’ offuscata.
Preferiscono concentrarsi sui particolari più insignificanti del vivere
quotidiano per poter scordare, almeno per un attimo, i loro obblighi e i loro
doveri, che sono davvero molto impegnativi. Vedrai, questo tempo di conflitto
passerà, perché tutto passa.”
La ragazza guarda il
nonno, ammirata. Si sente meglio, di nuovo in pace con quella parte di se
stessa che spesso le causa tormento, e allora osa.
“Nonno, lo sai che non
riesco a trovare un ragazzo?” Poi arrossisce, piena d’imbarazzo.
“Ma tu non devi trovare
un ragazzo!” esclama lui, divertito.
“Perché, sono brutta?”
“Brutta? Ti ho appena
detto che sei bella come una rosa! Guarda che alla mia età non si mente più,
non ce n’è più bisogno. Non c’è più nulla da nascondere, più nulla da velare o
da manipolare. Rimane soltanto l’incanto della verità, uno splendore che si
rinnova ogni giorno, che da sostanza a giorni che altrimenti sarebbero tutti
uguali. Presto o tardi anche tu farai questa strepitosa scoperta, e allora…”
“Sì. Ma il ragazzo?”
“Non hai capito? Sarà
lui a trovare te!”
“Per adesso scappano
tutti…” dice la giovane.
“Meglio! Vuol dire che
hanno paura di te!” risponde il vecchio, con sincero entusiasmo.
“Ma io non voglio che
scappino! Voglio che si interessino a me!”
“Scappano perché hanno
paura!”
“No!”
“E invece sì! E hanno
ragione ad avere timore di te. Perché tu sei incantevole, ma sei soprattutto
molto intelligente e consapevole di te. Adesso hanno paura, ma con il tempo
questa paura si trasformerà in stima, rispetto e ammirazione, questa attuale diffidenza
nei tuoi confronti contribuirà a selezionare nel migliore dei modi chi
veramente ti merita.”
“Dici?” domanda la
ragazza, che sembra però convinta.
“È così!”
“Nonno, ti credo.”
Lui sorride.
“Passami i fiammiferi”
dice il vecchio, avvicinando la pipa alle labbra. Poi si alza, e le sue
ginocchia scricchiolano.
“Nonno, dove vai?”
“Fuori, a fare due
passi. Mi accompagni?”
“Certo.”
“Guardami” aggiunge l’uomo.
“Uh?”
“Osserva bene questo
vecchio che ti sta di fronte: capelli bianchi, barba e pipa in mano. Non sono
forse figo?”
Una risata.
“Nonno! Ma come parli?”
I due, il nonno e la
nipote, escono nella tiepida serata di primavera. Lei gli prende la mano. Non
si avvedono che qualcuno li sta scrutando da una finestra. L’uomo e la donna, mentre
assistono a quel tenero quadretto, dimenticano in fretta rabbia e animosità, e i
tratti dei loro volti si distendono. Rasserenati, possono tornare al loro
compito principale, quello di governare la nave, per far sì che non corra
pericoli anche quando le acque sono agitate. Perché tutto passa, anche le
tempeste.
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