“Chiudi la porta e siediti!” mi ordina Valentina indicandomi
la sedia imbottita posta di fronte alla sua scrivania.
Non mi decido a farlo. Mi guardo intorno, un po’ sospettoso.
Sento puzza di bruciato.
“Ti vuoi sedere?” ribadisce la mia collega, spazientita.
“Uh? Sì, certo.” Finalmente obbedisco.
“Ti devo parlare” mi dice, mentre con le mani si aggiusta i
capelli. Con movimenti abili e veloci li raccoglie e poi li racchiude con un grosso
fermaglio. Distolgo lo sguardo, non amo assistere a gesti che considero troppo intimi.
“Non potevamo sentirci al telefono?” domando stupidamente.
“No!”
Sospiro.
“Allora dimmi.”
Lei mi guarda, e nei suoi occhi scorgo un velo di tristezza.
“Si tratta di Orlando” dice, a bassa voce.
“Ah!”
“Che c’è? Sei sorpreso?” dice lei con tono aggressivo, che
mi intimidisce.
“Non capisco…” balbetto.
Valentina si sporge verso di me, e non posso fare a meno di
sbirciare nella sua scollatura. Notevole. Lei dissimula, e finge di non essersi
accorta della mia occhiata rapace.
“Non ti sei accorto di nulla? Lui non te ne ha parlato? In
fondo siete amici da tanto tempo.”
“Anche tu sei sua amica…”
“No.”
“Che dici? D’accordo, vi frequentate da minor tempo,
tuttavia…”
“No, lui non è mio amico. Tu lo sei. Lui è qualcosa di più…
di diverso cioè…”
Comprendo ciò che sta tentando di dire. In sequenza
arrossisco, deglutisco in maniera rumorosa e mi ritrovo con le fauci
completamente riarse.
“Vuoi dirmi che voi due…” riesco a dire, con una voce un po’
troppo acuta. Possibile che sia la mia?
“No! No!”
“Mi spiace, ma proprio non capisco.”
“Orlando mi piace! Hai capito adesso? Mi piace!”
“Ehi! Non c’è bisogno di gridare. Piuttosto, se è così
parliamone.”
“Cazzo! C’è poco da dire. Ho una terribile cotta per il tuo
amico ma non ho ancora capito se io piaccio a lui. Chiaro? Oppure hai bisogno
di ulteriori spiegazioni?”
“Sì, penso proprio che sarebbe necessario…”
“Ma vaffanculo! Non mi importa se tu abbia compreso o no, l’importante
è che tu mi aiuti! Guardami! Non vedi in che condizioni sono ridotta?”
Di fronte alla sua esplicita richiesta, mi permetto di
esaminarla con attenzione. Ho di fronte la Valentina di sempre, una donna che
può essere considerata bella, bella e interessante. Sul suo viso rotondo non
noto particolari segni di sofferenza, se non ciò che ho già rilevato appena l’ho
vista, gli occhi tristi. Comunque preferisco assecondarla.
“In effetti mi sembri un po’ sciupata” dico, con scarsa
convinzione.
Lei si alza in piedi, di scatto.
“Mi vedi brutta?” mi aggredisce.
“Non ho detto questo. Sei bella e affascinante (mentre
pronuncio affascinante arrossisco di nuovo) come sempre. Mi sembri soltanto un
po’ malinconica…
“Sei un bugiardo schifoso, un vero pezzo di merda. Un verme!
Altro che amico!”
“Valentina! Calmati! Non ti ho mai mentito e non lo sto
facendo ora. E poi, perché tutte queste parolacce? Non è da te!”
“Sei un bigotto del cazzo! Moralista! Dimenticavo che tu non
dici mai parolacce. Anzi, com’è che dici, quando pontifichi? Il turpiloquio
impoverisce il linguaggio e lo rende vuoto!”
L’ultima frase Valentina l’ha pronunciata cercando di
imitare la mia voce. Mi vergogno.
“Non è vero” cerco di difendermi. “A volte qualche
parolaccia scappa anche a me.”
“Allora dinne una!”
“Eh?”
“Forza, spara una parolaccia!”
“Culo” dico, con un filo di voce, senza alcuna convinzione.
Mi sento umiliato.
La mia collega gira attorno alla scrivania e mi si avvicina.
Mi appoggia una mano sulla spalla. La sua espressione si addolcisce mentre la
mia pelle, sotto la maglietta, scotta.
“Scusa” mormora. “Non volevo essere cattiva con te. Tu non c’entri
nulla, il fatto è che sto vivendo un brutto momento. Davvero, credimi.”
“Ma io sono qui per aiutarti, ricordi? Che cosa posso fare
per te?”
Lei, per fortuna, stacca la mano dal mio corpo. Ma rimane in
piedi, accanto a me, persa nei suoi pensieri, nella sua evidente afflizione.
“L’altro giorno gli ho mostrato la coscia” dice all’improvviso.
Trasalgo.
“Che cosa hai fatto?”
“Ho fatto così. Guarda.”
Valentina si avvicina ancora di più, il suo fianco è all’altezza
della mia spalla. Poi afferra un lembo della sua gonna, una gonna dal tessuto
molto sottile, e lo solleva verso l’alto, sempre di più, fino a scoprire
completamente la sua coscia. Osservo per un attimo quella pelle liscia e
candida, poi distolgo bruscamente lo sguardo. Sento il fruscio dell’impalpabile
tessuto che ricade.
“Lui non ha reagito così” dice, con voce affranta. “Si è
alzato e si è allontanato. Poi è uscito dall’ufficio, capisci?”
Ancora sconvolto, cerco di rispondere.
“Bè… forse non se l’aspettava. Sarà rimasto sorpreso…”
“Non gli piaccio…”
“No, non credo. Si tratta di una tipica reazione di Orlando.
Lui nasconde sempre le sue emozioni, fa di tutto per non palesarle. È un
atteggiamento di difesa, in realtà è una persona fragile.”
“Mi ha respinto” aggiunge lei, sconfortata. Poi torna a
sedersi dietro la scrivania.
“Probabilmente Orlando teme che il suo equilibrio possa
essere alterato, dimostrando un interesse nei tuoi confronti. Comunque sono
sicuro che tu gli piaci.”
“Te l’ha detto?” domanda lei, speranzosa.
“Non proprio, non in maniera manifesta. Però, in fondo, me
lo ha fatto capire.”
“In che modo?”
“Parliamo spesso di te, e lui non ha mai nascosto la grande
ammirazione che prova nei tuoi confronti.”
“Ammirazione? Che cosa vuoi dire? Spiegati meglio.”
“Be’… non ha usato proprio queste precise parole. Sai, tra
uomini…”
“Ha detto che gli piacerebbe scopare con me?”
A quelle parole il mio viso si infuoca. Chino il capo e
annuisco.
“Grazie” dice Valentina. Le ho ridato qualcosa in cui
sperare. A questo punto, però, c’è anche il rovescio della medaglia e, in
qualità di amico, non posso esimermi dal dire una certa cosa. Respiro
profondamente e poi procedo. Il voler essere coraggiosi, a volte, impone scelte
crudeli.
“Valentina, non devi scordarti che Orlando è sposato. La sua
ritrosia potrebbe essere proprio dovuta a…”
“Che cazzo mi importa se è sposato? Anche se uno è sposato è
pur sempre una persona dotata di passioni e sentimenti. Non è così? Tu che ne
dici?” Di nuovo quel tono aggressivo che alimenta il mio disagio.
“Il mio parere non conta. Io non sono sposato. Sono libero,
come te.”
“Tu non sei libero, sei un’autentica palla!” sbotta lei, per
calmarsi subito dopo.
“Alzati e vieni qui” mi ordina. Eseguo, come sempre.
“Guarda, se mi metto in questa posizione pensi che potrei
attirare l’attenzione del tuo amico
Orlando? Oppure è proprio fatto di ghiaccio?”
Valentina ha scostato la poltroncina dalla scrivania. È seduta
con le gambe leggermente separate. La gonna è risalita sulle sue cosce. Ed è risalita
molto in alto. Le gambe in parte divaricate mi permettono di osservare, senza
alcun impedimento, l’interno bianco latte di quelle belle cosce. Mi assale una
vampata di calore. Uno sbalzo di pressione? È possibile.
“Valentina, non credo che questo sia il metodo giusto. Tu
sei molto bella, fisicamente intendo, ma possiedi anche altre qualità. Mi
sembra inutile insistere soltanto su questo aspetto.”
Mentre parlo non riesco a distogliere lo sguardo da quello
spettacolo. Penso al contrasto tra il raziocinio della mentre e la stupidità
del corpo. E nel frattempo continuo a guardare. Valentina non pare rendersene
conto. Dopo un po’, tuttavia, si ricompone.
“Non gli parlerai, quindi?” dice, con voce da bambina. Le
sue belle labbra si atteggiano in un broncio infantile.
“Certo che lo farò” dico, fingendo una determinazione che
invece non possiedo.
“E poi mi riferirai?”
“Naturalmente” confermo.
“In ogni caso?”
“In ogni caso, e tu devi essere pronta a tutto. Anche a
sopportare un definitivo rifiuto.”
“Lo sarò” dice con un sorriso. Ha deciso di illudersi,
oppure davvero confida in me, e ciò mi inquieta. Eppure ho fatto di tutto per
non creare in lei false aspettative.
“Posso domandarti ancora una cosa?” chiede Valentina.
“Tutto ciò che desideri” dico.
“A te non sono mai piaciuta?”
“Eh?” Il mio corpo, in allarme, inizia subito a rilasciare liquidi
in maniera copiosa.
“Prima ho notato che osservavi le mie tette. Era soltanto
uno sguardo da amico?”
“Sì” pronuncio con voce rotta.
“Fisicamente non ti attraggo?”
“Come dici? Fisicamente? Mi piaci come persona, nel suo
insieme, e poi tra di noi c’è un rapporto di amicizia che va al di là…” Mi
blocco, non riesco a proseguire. La mia mente è confusa.
“Quindi non ti piaccio… sessualmente intendo…”
“N-no…” Sono un perfetto cretino. Mi odio.
“Peccato, perché tu sei una persona molto interessante. Ehi!
Perché stai piangendo?”
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