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domenica 1 luglio 2012

MI AIUTI, PER FAVORE?



“Chiudi la porta e siediti!” mi ordina Valentina indicandomi la sedia imbottita posta di fronte alla sua scrivania.
Non mi decido a farlo. Mi guardo intorno, un po’ sospettoso. Sento puzza di bruciato.
“Ti vuoi sedere?” ribadisce la mia collega, spazientita.
“Uh? Sì, certo.” Finalmente obbedisco.
“Ti devo parlare” mi dice, mentre con le mani si aggiusta i capelli. Con movimenti abili e veloci li raccoglie e poi li racchiude con un grosso fermaglio. Distolgo lo sguardo, non amo assistere a gesti che considero troppo intimi.
“Non potevamo sentirci al telefono?” domando stupidamente.
“No!”
Sospiro.
“Allora dimmi.”
Lei mi guarda, e nei suoi occhi scorgo un velo di tristezza.
“Si tratta di Orlando” dice, a bassa voce.
“Ah!”
“Che c’è? Sei sorpreso?” dice lei con tono aggressivo, che mi intimidisce.
“Non capisco…” balbetto.
Valentina si sporge verso di me, e non posso fare a meno di sbirciare nella sua scollatura. Notevole. Lei dissimula, e finge di non essersi accorta della mia occhiata rapace.
“Non ti sei accorto di nulla? Lui non te ne ha parlato? In fondo siete amici da tanto tempo.”
“Anche tu sei sua amica…”
“No.”
“Che dici? D’accordo, vi frequentate da minor tempo, tuttavia…”
“No, lui non è mio amico. Tu lo sei. Lui è qualcosa di più… di diverso cioè…”
Comprendo ciò che sta tentando di dire. In sequenza arrossisco, deglutisco in maniera rumorosa e mi ritrovo con le fauci completamente riarse.  
“Vuoi dirmi che voi due…” riesco a dire, con una voce un po’ troppo acuta. Possibile che sia la mia?
“No! No!”
“Mi spiace, ma proprio non capisco.”
“Orlando mi piace! Hai capito adesso? Mi piace!”
“Ehi! Non c’è bisogno di gridare. Piuttosto, se è così parliamone.”
“Cazzo! C’è poco da dire. Ho una terribile cotta per il tuo amico ma non ho ancora capito se io piaccio a lui. Chiaro? Oppure hai bisogno di ulteriori spiegazioni?”
“Sì, penso proprio che sarebbe necessario…”
“Ma vaffanculo! Non mi importa se tu abbia compreso o no, l’importante è che tu mi aiuti! Guardami! Non vedi in che condizioni sono ridotta?”
Di fronte alla sua esplicita richiesta, mi permetto di esaminarla con attenzione. Ho di fronte la Valentina di sempre, una donna che può essere considerata bella, bella e interessante. Sul suo viso rotondo non noto particolari segni di sofferenza, se non ciò che ho già rilevato appena l’ho vista, gli occhi tristi. Comunque preferisco assecondarla.
“In effetti mi sembri un po’ sciupata” dico, con scarsa convinzione.
Lei si alza in piedi, di scatto.
“Mi vedi brutta?” mi aggredisce.
“Non ho detto questo. Sei bella e affascinante (mentre pronuncio affascinante arrossisco di nuovo) come sempre. Mi sembri soltanto un po’ malinconica…
“Sei un bugiardo schifoso, un vero pezzo di merda. Un verme! Altro che amico!”
“Valentina! Calmati! Non ti ho mai mentito e non lo sto facendo ora. E poi, perché tutte queste parolacce? Non è da te!”
“Sei un bigotto del cazzo! Moralista! Dimenticavo che tu non dici mai parolacce. Anzi, com’è che dici, quando pontifichi? Il turpiloquio impoverisce il linguaggio e lo rende vuoto!”
L’ultima frase Valentina l’ha pronunciata cercando di imitare la mia voce. Mi vergogno.
“Non è vero” cerco di difendermi. “A volte qualche parolaccia scappa anche a me.”
“Allora dinne una!”
“Eh?”
“Forza, spara una parolaccia!”
“Culo” dico, con un filo di voce, senza alcuna convinzione. Mi sento umiliato.
La mia collega gira attorno alla scrivania e mi si avvicina. Mi appoggia una mano sulla spalla. La sua espressione si addolcisce mentre la mia pelle, sotto la maglietta, scotta.
“Scusa” mormora. “Non volevo essere cattiva con te. Tu non c’entri nulla, il fatto è che sto vivendo un brutto momento. Davvero, credimi.”
“Ma io sono qui per aiutarti, ricordi? Che cosa posso fare per te?”
Lei, per fortuna, stacca la mano dal mio corpo. Ma rimane in piedi, accanto a me, persa nei suoi pensieri, nella sua evidente afflizione.
“L’altro giorno gli ho mostrato la coscia” dice all’improvviso.
Trasalgo.
“Che cosa hai fatto?”
“Ho fatto così. Guarda.”
Valentina si avvicina ancora di più, il suo fianco è all’altezza della mia spalla. Poi afferra un lembo della sua gonna, una gonna dal tessuto molto sottile, e lo solleva verso l’alto, sempre di più, fino a scoprire completamente la sua coscia. Osservo per un attimo quella pelle liscia e candida, poi distolgo bruscamente lo sguardo. Sento il fruscio dell’impalpabile tessuto che ricade.
“Lui non ha reagito così” dice, con voce affranta. “Si è alzato e si è allontanato. Poi è uscito dall’ufficio, capisci?”
Ancora sconvolto, cerco di rispondere.
“Bè… forse non se l’aspettava. Sarà rimasto sorpreso…”
“Non gli piaccio…”
“No, non credo. Si tratta di una tipica reazione di Orlando. Lui nasconde sempre le sue emozioni, fa di tutto per non palesarle. È un atteggiamento di difesa, in realtà è una persona fragile.”
“Mi ha respinto” aggiunge lei, sconfortata. Poi torna a sedersi dietro la scrivania.
“Probabilmente Orlando teme che il suo equilibrio possa essere alterato, dimostrando un interesse nei tuoi confronti. Comunque sono sicuro che tu gli piaci.”
“Te l’ha detto?” domanda lei, speranzosa.
“Non proprio, non in maniera manifesta. Però, in fondo, me lo ha fatto capire.”
“In che modo?”
“Parliamo spesso di te, e lui non ha mai nascosto la grande ammirazione che prova nei tuoi confronti.”
“Ammirazione? Che cosa vuoi dire? Spiegati meglio.”
“Be’… non ha usato proprio queste precise parole. Sai, tra uomini…”
“Ha detto che gli piacerebbe scopare con me?”
A quelle parole il mio viso si infuoca. Chino il capo e annuisco.
“Grazie” dice Valentina. Le ho ridato qualcosa in cui sperare. A questo punto, però, c’è anche il rovescio della medaglia e, in qualità di amico, non posso esimermi dal dire una certa cosa. Respiro profondamente e poi procedo. Il voler essere coraggiosi, a volte, impone scelte crudeli.
“Valentina, non devi scordarti che Orlando è sposato. La sua ritrosia potrebbe essere proprio dovuta a…”
“Che cazzo mi importa se è sposato? Anche se uno è sposato è pur sempre una persona dotata di passioni e sentimenti. Non è così? Tu che ne dici?” Di nuovo quel tono aggressivo che alimenta il mio disagio.
“Il mio parere non conta. Io non sono sposato. Sono libero, come te.”
“Tu non sei libero, sei un’autentica palla!” sbotta lei, per calmarsi subito dopo.
“Alzati e vieni qui” mi ordina. Eseguo, come sempre.
“Guarda, se mi metto in questa posizione pensi che potrei attirare l’attenzione del tuo amico Orlando? Oppure è proprio fatto di ghiaccio?”
Valentina ha scostato la poltroncina dalla scrivania. È seduta con le gambe leggermente separate. La gonna è risalita sulle sue cosce. Ed è risalita molto in alto. Le gambe in parte divaricate mi permettono di osservare, senza alcun impedimento, l’interno bianco latte di quelle belle cosce. Mi assale una vampata di calore. Uno sbalzo di pressione? È possibile.
“Valentina, non credo che questo sia il metodo giusto. Tu sei molto bella, fisicamente intendo, ma possiedi anche altre qualità. Mi sembra inutile insistere soltanto su questo aspetto.”
Mentre parlo non riesco a distogliere lo sguardo da quello spettacolo. Penso al contrasto tra il raziocinio della mentre e la stupidità del corpo. E nel frattempo continuo a guardare. Valentina non pare rendersene conto. Dopo un po’, tuttavia, si ricompone.
“Non gli parlerai, quindi?” dice, con voce da bambina. Le sue belle labbra si atteggiano in un broncio infantile.
“Certo che lo farò” dico, fingendo una determinazione che invece non possiedo.
“E poi mi riferirai?”
“Naturalmente” confermo.
“In ogni caso?”
“In ogni caso, e tu devi essere pronta a tutto. Anche a sopportare un definitivo rifiuto.”
“Lo sarò” dice con un sorriso. Ha deciso di illudersi, oppure davvero confida in me, e ciò mi inquieta. Eppure ho fatto di tutto per non creare in lei false aspettative.
“Posso domandarti ancora una cosa?” chiede Valentina.
“Tutto ciò che desideri” dico.
“A te non sono mai piaciuta?”
“Eh?” Il mio corpo, in allarme, inizia subito a rilasciare liquidi in maniera copiosa.
“Prima ho notato che osservavi le mie tette. Era soltanto uno sguardo da amico?”
“Sì” pronuncio con voce rotta.
“Fisicamente non ti attraggo?”
“Come dici? Fisicamente? Mi piaci come persona, nel suo insieme, e poi tra di noi c’è un rapporto di amicizia che va al di là…” Mi blocco, non riesco a proseguire. La mia mente è confusa.
“Quindi non ti piaccio… sessualmente intendo…”
“N-no…” Sono un perfetto cretino. Mi odio.
“Peccato, perché tu sei una persona molto interessante. Ehi! Perché stai piangendo?”

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