Quando il dottor Norris giunse alla base militare,
accompagnato da un autista in divisa, provò un po’ di inquietudine. L’edificio
era enorme anche se, essendo ormai buio, non era possibile distinguerne le
reali dimensioni. I pochi lampioni, che spandevano una luce gialla e smorta, ne
illuminavano solo alcune parti. All’ingresso fu identificato e poi scortato,
attraverso infiniti corridoi, di fronte a una porta.
“Il maggiore Crawly la sta aspettando” disse il giovane
soldato, che poi si accomiatò senza aggiungere altro.
Norris attese un istante, poi bussò e, senza aspettare
l’invito, entrò.
L’ufficio era piccolo e arredato in maniera spartana. L’uomo
seduto alla scrivania si alzò e gli venne incontro. Indossava un camice bianco,
che portava sbottonato. Il portamento impettito e i capelli grigi tagliati a
spazzola rivelavano senza alcun dubbio la sua appartenenza all’esercito.
“Buonasera, dottor Norris. Si sieda, prego” disse.
“Grazie.”
“Non voglio perdere tempo in preamboli. So che lei è già
stato informato, in linea di massima, del motivo per cui è richiesta la sua
presenza in questo posto.”
“Sì, certamente, anche se credo che non mi siano stati
forniti troppi dettagli. Presumo che tale compito spetti a lei.”
“Esatto” confermò il maggiore.
“Posso farle una domanda?” chiese Norris.
“Prego.”
“Perché?”
Il maggiore scosse il capo.
“Mi dispiace, ma non capisco.”
“Intendo dire, per quale motivo la comunità scientifica
civile è stata informata soltanto adesso? Perché i suoi studi, e le sue
sperimentazioni, sono stati tenuti segreti per così tanti anni?”
Crawly annuì.
“La sua domanda è legittima e la risposta è piuttosto
semplice. L’oggetto della mia ricerca riguarda un tema piuttosto delicato, come
lei sa bene. Si è temuto un’eventuale reazione negativa da parte dell’opinione
pubblica, soprattutto durante la fase sperimentale del progetto, quando l’esito
finale non era per niente certo. Vede, la modificazione del DNA umano, con
innesti di materiale di altre specie, la
manipolazione degli embrionie e… tante altre cose toccano aspetti di natura
etica e religiosa che non tutti sono in grado di affrontare con la necessaria
serenità. Mi riferisco al cittadino comune, all’uomo della strada. Sul
programma di ricerca è stato quindi posto il segreto militare e tutto è stato
affidato all’esercito.”
“Lo ha deciso il presidente?” chiese Norris.
“È possibile” rispose il maggiore, sorridendo.
“Mi permetta un’ulteriore domanda. Perché avete deciso di
svelare l’esito della ricerca proprio ora? E, soprattutto, perché proprio al sottoscritto?”
Il maggiore si alzò, si diresse verso un armadietto, prese
una bottiglia e due bicchieri e versò da bere.
“Prego, dottor Norris. Be’… siamo arrivati alla conclusione
che sia tempo di condividere con la comunità scientifica nazionale e
internazionale l’esito della nostra sperimentazione, e ciò per il semplice
motivo che ce l’abbiamo fatta.”
“Che cosa?”
“Proprio così. I risultati ottenuti sono soddisfacenti.
Molto soddisfacenti” disse Crawly. E di nuovo sorrise, compiaciuto.
“Ma…”
“Mi lasci proseguire. Ho scelto lei perché entrambi abbiamo
sempre spartito la stessa visione sul futuro della specie umana.”
“La specie umana non ha futuro!”
“Ora possiamo affermare che non lo aveva…”
“Siete riusciti a incrociare e a fondere i DNA!” Il dottor
Norris faticava a celare il suo stupore. Crawly non gli dette il tempo di
riprendersi dalla sorpresa e gli rivolse una domanda.
“Qual è il principale limite evolutivo della nostra specie? Vale
a dire quel difetto destinato a condurla a una rapida estinzione a scapito di
creature meno complesse ma meglio attrezzate in quel senso?”
“L’apprendimento.”
“Quale specie non ha la necessità di apprendere?”
“Maggiore Crawly, mi scusi, perché tutte queste domande banali?
Sappiamo benissimo che soltanto gli insetti non hanno bisogno di possedere la
capacità di apprendere. Tutte le informazioni utili sono già inserite nel loro
codice genetico, e vengono trasmesse in tal modo da una generazione alla
successiva. E si tratta di tutti i dati accumulati nel corso di un numero
infinito di generazioni! Da sempre…”
“Già, generazioni che oltretutto si susseguono l’una
all’altra in maniera estremamente rapida. L’essere umano appena nato non è
altro che una tabula rasa, in quanto
è del tutto privo di conoscenze a priori. Tutto deve essere acquisito, giorno
dopo giorno. Dobbiamo imparare a camminare, a parlare, a nutrirci. E così via.
Ogni volta si riparte da zero! Si tratta di una limitazione fatale che, nel
lungo periodo, ci pone fuori gioco dalla competizione per la supremazia di
specie.”
“Avete creato un uomo-insetto!” strillò Norris.
“Esattamente, dottor Norris.”
Il dottor Norris, in quel momento, era combattuto tra il
grande interesse scientifico che provava e l’orrore per ciò che, probabilmente,
era stato prodotto nei laboratori della base militare.
Prevalse l’elemento professionale.
“Avete un esemplare? È possibile vederlo?” domandò, un po’
titubante.
“Certamente. È questo il vero scopo della sua visita. Prego,
mi segua.”
Il medico militare guidò il dottor Norris attraverso una
lunga teoria di laboratori. Poi si fermò davanti all’ingresso di un reparto. La
porta recava, bene in vista, la scritta “TOP SECRET”. Mentre stava per aprirla Norris lo
bloccò.
“Aspetti, maggiore. Credo di non essere ancora pronto. Mi
dica, la creatura è dotata di un esoscheletro?”
Crawly lo guardò, stupito.
“No, assolutamente no. Certo, avremmo potuto farlo, le
tecniche messe a punto lo avrebbero consentito, tuttavia credo che il
presidente ci avrebbe tagliato i fondi!” Sorrise, poi proseguì. “La creatura,
diciamo pure l’uomo del futuro, doveva conservare sembianze il più possibile
umane. Questa è stata, nel corso della ricerca, una delle nostre principali
sfide.”
Il maggiore si voltò e rimise la mano sulla maniglia.
“Il volto! Com’è il volto?” chiese ancora Norris.
Crawly non rispose, si limitò a scrollare le spalle.
“E gli arti? Quanti sono? Sono… sei?”
“Stia tranquillo, sono soltanto quattro.”
“Quattro zampe… cioè… quattro gambe?”
Il maggiore scosse il capo, quasi divertito, e finalmente
aprì la porta. Norris stava sudando.
I due entrarono in quella che sembrava una piccola nursery.
Quasi al centro dell’ambiente era posta una piccola culla, all’interno della
quale si intravedeva un piccolo essere, immobile. Accanto alla culla c’era
un’infermiera, in piedi. Di sicuro, una soldatessa. Dal suo sguardo severo non
si riusciva a comprendere se il suo compito consistesse nell’assistere oppure
nel fare la guardia al minuscolo uomo-insetto.
“Un’ultima cosa, dottor Norris. La creatura ha soltanto otto
giorni di vita. I suoi ritmi sonno-veglia sono purtroppo molto simili a quelli
di un normale neonato. Si tratta dell’unico aspetto che in futuro dovremo
migliorare. Per il resto…”
Il dottor Norris si avvicinò alla culla. L’ansia lo stava
soffocando. Si sforzò di volgere lo sguardo verso la creatura. E rimase
sbalordito. Vide un volto roseo e paffuto, dai tratti delicati. Il bambino,
perché era un comune bambino di pochi giorni, dormiva placidamente. Norris si
rilassò.
“Incredibile!” esclamò.
Il maggiore Crawly annuì. Poi ordinò all’assistente di
svegliare il piccolo. La donna eseguì.
Il neonato aprì gli occhi poi, da solo, scostò la copertina,
stiracchiò le braccia e si sollevò in piedi. Con un agile balzo scavalcò la
sponda della culla. Fece un cenno di saluto al maggiore Crawly e si diresse
verso Norris, che era rimasto impietrito. Gli porse la manina. L’altro, sempre
più meravigliato, del tutto allibito, si
chinò e ricambiò la stretta.
“Buonasera, dottor Norris. Sono lieto di fare la sua
conoscenza. Ho sentito parlare molto di lei. Si accomodi, la prego. Posso offrirle qualcosa da bere?”
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