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venerdì 2 marzo 2012

L'UOMO-INSETTO



Quando il dottor Norris giunse alla base militare, accompagnato da un autista in divisa, provò un po’ di inquietudine. L’edificio era enorme anche se, essendo ormai buio, non era possibile distinguerne le reali dimensioni. I pochi lampioni, che spandevano una luce gialla e smorta, ne illuminavano solo alcune parti. All’ingresso fu identificato e poi scortato, attraverso infiniti corridoi, di fronte a una porta.
“Il maggiore Crawly la sta aspettando” disse il giovane soldato, che poi si accomiatò senza aggiungere altro.
Norris attese un istante, poi bussò e, senza aspettare l’invito, entrò.
L’ufficio era piccolo e arredato in maniera spartana. L’uomo seduto alla scrivania si alzò e gli venne incontro. Indossava un camice bianco, che portava sbottonato. Il portamento impettito e i capelli grigi tagliati a spazzola rivelavano senza alcun dubbio la sua appartenenza all’esercito.
“Buonasera, dottor Norris. Si sieda, prego” disse.
“Grazie.”
“Non voglio perdere tempo in preamboli. So che lei è già stato informato, in linea di massima, del motivo per cui è richiesta la sua presenza in questo posto.”
“Sì, certamente, anche se credo che non mi siano stati forniti troppi dettagli. Presumo che tale compito spetti a lei.”
“Esatto” confermò il maggiore.
“Posso farle una domanda?” chiese Norris.
“Prego.”
“Perché?”
Il maggiore scosse il capo.
“Mi dispiace, ma non capisco.”
“Intendo dire, per quale motivo la comunità scientifica civile è stata informata soltanto adesso? Perché i suoi studi, e le sue sperimentazioni, sono stati tenuti segreti per così tanti anni?”
Crawly annuì.
“La sua domanda è legittima e la risposta è piuttosto semplice. L’oggetto della mia ricerca riguarda un tema piuttosto delicato, come lei sa bene. Si è temuto un’eventuale reazione negativa da parte dell’opinione pubblica, soprattutto durante la fase sperimentale del progetto, quando l’esito finale non era per niente certo. Vede, la modificazione del DNA umano, con innesti di materiale di altre specie,  la manipolazione degli embrionie e… tante altre cose toccano aspetti di natura etica e religiosa che non tutti sono in grado di affrontare con la necessaria serenità. Mi riferisco al cittadino comune, all’uomo della strada. Sul programma di ricerca è stato quindi posto il segreto militare e tutto è stato affidato all’esercito.”
“Lo ha deciso il presidente?” chiese Norris.
“È possibile” rispose il maggiore, sorridendo.
“Mi permetta un’ulteriore domanda. Perché avete deciso di svelare l’esito della ricerca proprio ora? E, soprattutto, perché proprio al sottoscritto?”
Il maggiore si alzò, si diresse verso un armadietto, prese una bottiglia e due bicchieri e versò da bere.
“Prego, dottor Norris. Be’… siamo arrivati alla conclusione che sia tempo di condividere con la comunità scientifica nazionale e internazionale l’esito della nostra sperimentazione, e ciò per il semplice motivo che ce l’abbiamo fatta.”
“Che cosa?”
“Proprio così. I risultati ottenuti sono soddisfacenti. Molto soddisfacenti” disse Crawly. E di nuovo sorrise, compiaciuto.
“Ma…”
“Mi lasci proseguire. Ho scelto lei perché entrambi abbiamo sempre spartito la stessa visione sul futuro della specie umana.”
“La specie umana non ha futuro!”
“Ora possiamo affermare che non lo aveva…”     
“Siete riusciti a incrociare e a fondere i DNA!” Il dottor Norris faticava a celare il suo stupore. Crawly non gli dette il tempo di riprendersi dalla sorpresa e gli rivolse una domanda.
“Qual è il principale limite evolutivo della nostra specie? Vale a dire quel difetto destinato a condurla a una rapida estinzione a scapito di creature meno complesse ma meglio attrezzate in quel senso?”
“L’apprendimento.”
“Quale specie non ha la necessità di apprendere?”
“Maggiore Crawly, mi scusi, perché tutte queste domande banali? Sappiamo benissimo che soltanto gli insetti non hanno bisogno di possedere la capacità di apprendere. Tutte le informazioni utili sono già inserite nel loro codice genetico, e vengono trasmesse in tal modo da una generazione alla successiva. E si tratta di tutti i dati accumulati nel corso di un numero infinito di generazioni! Da sempre…”
“Già, generazioni che oltretutto si susseguono l’una all’altra in maniera estremamente rapida. L’essere umano appena nato non è altro che una tabula rasa, in quanto è del tutto privo di conoscenze a priori. Tutto deve essere acquisito, giorno dopo giorno. Dobbiamo imparare a camminare, a parlare, a nutrirci. E così via. Ogni volta si riparte da zero! Si tratta di una limitazione fatale che, nel lungo periodo, ci pone fuori gioco dalla competizione per la supremazia di specie.”
“Avete creato un uomo-insetto!” strillò Norris.
“Esattamente, dottor Norris.”
Il dottor Norris, in quel momento, era combattuto tra il grande interesse scientifico che provava e l’orrore per ciò che, probabilmente, era stato prodotto nei laboratori della base militare.
Prevalse l’elemento professionale.
“Avete un esemplare? È possibile vederlo?” domandò, un po’ titubante.
“Certamente. È questo il vero scopo della sua visita. Prego, mi segua.”
Il medico militare guidò il dottor Norris attraverso una lunga teoria di laboratori. Poi si fermò davanti all’ingresso di un reparto. La porta recava, bene in vista, la scritta “TOP SECRET”. Mentre stava per aprirla Norris lo bloccò.
“Aspetti, maggiore. Credo di non essere ancora pronto. Mi dica, la creatura è dotata di un esoscheletro?”
Crawly lo guardò, stupito.
“No, assolutamente no. Certo, avremmo potuto farlo, le tecniche messe a punto lo avrebbero consentito, tuttavia credo che il presidente ci avrebbe tagliato i fondi!” Sorrise, poi proseguì. “La creatura, diciamo pure l’uomo del futuro, doveva conservare sembianze il più possibile umane. Questa è stata, nel corso della ricerca, una delle nostre principali sfide.”
Il maggiore si voltò e rimise la mano sulla maniglia.
“Il volto! Com’è il volto?” chiese ancora Norris.
Crawly non rispose, si limitò a scrollare le spalle.
“E gli arti? Quanti sono? Sono… sei?”
“Stia tranquillo, sono soltanto quattro.”
“Quattro zampe… cioè… quattro gambe?”
Il maggiore scosse il capo, quasi divertito, e finalmente aprì la porta. Norris stava sudando.
I due entrarono in quella che sembrava una piccola nursery. Quasi al centro dell’ambiente era posta una piccola culla, all’interno della quale si intravedeva un piccolo essere, immobile. Accanto alla culla c’era un’infermiera, in piedi. Di sicuro, una soldatessa. Dal suo sguardo severo non si riusciva a comprendere se il suo compito consistesse nell’assistere oppure nel fare la guardia al minuscolo uomo-insetto.
“Un’ultima cosa, dottor Norris. La creatura ha soltanto otto giorni di vita. I suoi ritmi sonno-veglia sono purtroppo molto simili a quelli di un normale neonato. Si tratta dell’unico aspetto che in futuro dovremo migliorare. Per il resto…”
Il dottor Norris si avvicinò alla culla. L’ansia lo stava soffocando. Si sforzò di volgere lo sguardo verso la creatura. E rimase sbalordito. Vide un volto roseo e paffuto, dai tratti delicati. Il bambino, perché era un comune bambino di pochi giorni, dormiva placidamente. Norris si rilassò.
“Incredibile!” esclamò.
Il maggiore Crawly annuì. Poi ordinò all’assistente di svegliare il piccolo. La donna eseguì.
Il neonato aprì gli occhi poi, da solo, scostò la copertina, stiracchiò le braccia e si sollevò in piedi. Con un agile balzo scavalcò la sponda della culla. Fece un cenno di saluto al maggiore Crawly e si diresse verso Norris, che era rimasto impietrito. Gli porse la manina. L’altro, sempre più meravigliato, del tutto allibito,  si chinò e ricambiò la stretta.
“Buonasera, dottor Norris. Sono lieto di fare la sua conoscenza. Ho sentito parlare molto di lei. Si accomodi, la prego. Posso offrirle qualcosa da bere?”

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