Succede spesso, soprattutto frequentando i social networks,
di vedere immagini, postate (orrendo
neologismo gergale!) da altri utenti, che riguardano la corrida. Si tratta quasi
sempre di figure, o di brevi filmati, contenenti straripanti crudeltà, e dove
il toro ha la meglio sul matador. Casi rari, oltretutto. Seguono gli immancabili
commenti di consenso a favore dell’animale e, all’opposto, di derisione ed espressi
a volte con toni violenti, nei confronti dell’essere umano. Ebbene, devo ammettere che tale atteggiamento causa in
me una certa insofferenza, proprio per il fatto che mi considero, da sempre, un
convinto animalista.
Vorrei tentare, pertanto, di produrre un ragionamento un po’
più articolato, che vada al di là del sintetico e discutibile commento.
Intendiamoci, la condanna di uno spettacolo atroce e brutale
come la corrida è, da parte mia, totale e assoluta. Tuttavia, l’assistere a quelle
accennate scene orribili e agghiaccianti non suscita in me grande entusiasmo, né
alimenta un sentimento di partigianeria, quasi di tifo, verso il più debole,
cioè il povero toro.
Subentra invece in me una sensazione di pietà per il torero
ferito o colpito mortalmente e, nello stesso tempo, di immensa pena per l’animale
ormai martoriato e comunque destinato a sicura morte. Il toro non è per me uno
strumento di rivalsa, di vendetta, rivolta al torturatore. L’animale stesso non
desidera la vendetta, perché tale impulso non appartiene alla sua natura, ma si
limita a difendere, con il ricorso all’istinto, la sua vita. Il toro non aspira
a uccidere il matador, bensì cerca una via, qualsiasi, per porre fine al
tremendo supplizio. Gli animali non si vendicano mai, perché non odiano. Non ne
sono capaci, e ciò li rende profondamente diversi (superiori?) dagli esseri
umani.
La tauromachia ha origini molto antiche. Attualmente, nelle
sue diverse e tutte crudeli forme, è ancora diffusa in Spagna (con la lodevole
eccezione della più civile Catalogna), in Messico e in altri paesi ispano-americani
come Colombia e Venezuela. Le tradizioni remote, come ben sappiamo, sono
difficili da rimuovere. Essendo la loro origine arcaica, toccano nel profondo le
corde emotive delle popolazioni coinvolte. In esse ci si riconosce, la cultura
di un popolo ne può essere impregnata. È questo il caso dei combattimenti con i
tori. Chiunque è in grado di stabilire che si tratti di uno spettacolo barbaro
e incivile ma, nonostante questa palese consapevolezza, le resistenze a una sua
necessaria abolizione sono molto forti. La corrida, in fondo, non è nient’altro
che la rappresentazione della morte, e nutre gli istinti primordiali di chi vi
assiste, li soddisfa, e mette a nudo la miseria dell’animo umano.
Torniamo al torero cogido,
colpito, incornato, l’oggetto della mia pietà, sulla quale non tutti saranno d’accordo.
Quel torero che trae spesso dalla sua disumana attività denaro e gloria, ma che
in fondo rappresenta soltanto l’ultimo anello di una lunga catena. Mi pare opportuno
far notare che le arene spagnole e messicane sono sempre colme di spettatori,
gente cinica e del tutto priva di etica, che si fa scudo di consuetudini fuori
dal tempo, e talmente irresponsabile da trascinare anche bambini ad assistere a
uno spettacolo oltremodo diseducativo. Le corride rappresentano inoltre la
fortuna di tanti allevatori e, di certo, di molti impresari. E di tanti altri
che vi orbitano attorno. Quindi, è inutile l’accanimento contro un singolo
matador, e il burlarsi della sua sfortuna (d'accordo, cercata e... trovata). È l’intero sistema che deve essere
contrastato, attraverso una incisiva e costante opera di sensibilizzazione
indirizzata in particolar modo alle nuove generazioni. E in tale azione devono
essere impegnati soprattutto gli animalisti, vale a dire chi lotta a favore dei
diritti degli animali; persone che, si presume, debbano essere dotate di maggiore sensibilità rispetto ad altri. Quando si gioisce per un atto violento, invece,
significa che parte di quella sensibilità è andata persa. Di conseguenza, chi
si ritiene autentico difensore degli animali eviti chiose vuote e inopportune,
ma agisca sempre e soltanto in senso positivo.
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